Prima di scoprire gli altarini sui rapporti di collusione tra Big Pharma e le istituzioni che dovrebbero essere preposte alla tutela della sicurezza pubblica, è opportuno sfatare una credenza ancora molto diffusa a proposito del colesterolo, che vede questo viscoso composto (ubiquitario in ogni organismo animale) come il maggiore imputato di alcune fra le più temibili e rappresentative malattie del nostro tempo.
Su nessun' altra sostanza, infatti, si è mai parlato e scritto tanto come sul colesterolo, che, è bene dirlo subito, pur essendo implicato nella patogenesi cardiovascolare, non è la causa di arteriosclerosi e infarto, come ci è stato fatto credere per troppo tempo.
Le alterazioni biochimiche e strutturali a carico dei vasi sanguigni che portano ad eventi infausti, come l' infarto o l' ictus, sono molto complesse e multifattoriali, ma ad innescarle sembra ci sia sempre una qualche lesione a carico della parete vasale cui corrisponde un focolaio infiammatorio . In queste condizioni, il colesterolo, che viene veicolato da un complesso macromolecolare per essere distribuito alle varie cellule tissutali (il cosiddetto colesterolo LDL), va invece a depositarsi sulla parete, proprio in corrispondenza della parte danneggiata, probabilmente dopo aver espletato la funzione di tampone nei confronti dell' infiammazione. Infatti è dimostrato che il colesterolo che si riscontra nelle placche ateromatose si ritrova sempre in forma ossidata. Il che significa che si è trasformato a sua volta in un radicale libero, forse proprio nell' azione di neutralizzazione di questi pericolosi composti che inevitabilmente si formano nei processi infiammatori.
Bisogna poi ricordare che l' ateroma, cioè la placca degenerativa che contraddistingue i vasi arteriosclerotici, non è formato solo da colesterolo, ma da una complessa poltiglia che contiene, oltre a piastrine e detriti cellulari, le cosiddette cellule schiumose, che altro non sono che macrofagi accorsi per ripulire la zona da questi depositi di colesterolo, che si presentano perciò rimpinzati di questo grasso ossidato, e dunque appesantiti al punto da rimanere invischiati in questo complesso che si viene a formare nella compagine vasale, nel quale viene presto a depositarsi anche il calcio, probabilmente attirato in zona per tamponare l' acidità generatasi.
Una ulteriore evoluzione in senso degenerativo si verifica poi allorchè fibre muscolari e collagene si sviluppano per formare una specie di guaina attorno a tale ammasso eterogeneo e viscoso, che finisce per rimanere incapsulato.
Come si evince facilmente da tutto ciò, il colesterolo è solo un tassello di un quadro molto complesso, la cui patogenesi non è ancora del tutto chiara secondo la scienza ufficiale. Esso è coinvolto nel processo, ma non ne è la causa, e non è importante che sia "alto" o "basso". Piuttosto conviene che sia minima la sua frazione LDL, cioè quella porzione trasportata dal complesso proteico a bassa densità (che viene comunemente identificato come "colesterolo cattivo"), in quanto il complesso LDL tende a depositare il famigerato grasso sulla parete vasale, avendo il compito di distribuirlo in periferia, dove viene utilizzato; o più precisamente, se c'è un aspetto importante, questo è il rapporto LDL/HDL, che dovrebbe essere il più possibile a favore dell'HDL, intendendo con quest' ultimo la frazione legata al complesso ad alta densità, che invece tende a legare a sè il colesterolo presente sulle pareti per portarlo al fegato, svolgendo così una funzione opposta.
Ma il punto cruciale di tutta quanta la questione è l' infiammazione, una condizione che, se cronica, sembra essere il terreno fertile per molti processi degenerativi, cancro compreso.
Infatti, da che si è scoperto che in presenza di certe patologie acute, come può essere appunto una infiammazione, nel sangue aumenta a dismisura la concentrazione di una sostanza, la cosiddetta proteina C reattiva, si usa questo parametro come indicatore di una situazione d' allarme, o per valutare i rischi di una possibile evoluzione degenerativa di una data condizione.
E' così che il dr. Paul Ridker dell' Harvard Medical School di Boston è potuto giungere col suo studio JUPITER del 2008 ( che ha visto impegnati quasi 18000 soggetti) a conclusioni che hanno ribaltato la concezione fino ad allora vigente sul ruolo del colesterolo.
Si è constatato cioè che, affinchè si abbia una riduzione di rischio di attacco cardiaco, è necessario che si riduca l' infiammazione parallelamente all' abbassamento del livello di colesterolo LDL, e non semplicemente diminuendo solo quest' ultimo.
Questo ha portato alla scoperta che anche soggetti non cardiopatici, con un livello di colesterolo LDL e trigliceridi nella norma, o al di sotto della norma, ma con elevata concentrazione di proteina C reattiva (che, lo ribadisco, è indicativa di uno stato infiammatorio), in seguito al trattamento con la rosuvastatina riscontravano una considerevole riduzione di rischio di eventi cardiovascolari.
Il che dimostra che è proprio l' infiammazione dei vasi arteriosi il fattore determinante, indipendentemente dal livello di colesterolo, e che le statine, i farmaci usati in questi casi, agiscono efficacemente non tanto perchè abbassano il colesterolo, quanto perchè inibiscono l' infiammazione.
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Ciononostante continua il lavaggio del cervello nei confronti dell' opinione pubblica (medici compresi) da parte dell' industria farmaceutica (Big Pharma) nel polarizzare l' attenzione sul colesterolo, perchè evidentemente c'è un tornaconto.
E questo può avvenire perchè le informazioni pubbliche relative ai farmaci, ma anche quelle di cui dispongono gli stessi medici, non sono complete ed affidabili come si dà per scontato che siano.
Dovete infati sapere che, almeno negli USA, le compagnie farmaceutiche sono tenute a fornire alla FDA (l' ente governativo statunitense per il controllo della sicurezza su alimenti e farmaci) tutta la documentazione relativa ad un nuovo farmaco, prima della sua approvazione e successiva commercializzazione. E questa documentazione comprende sia gli esperimenti che hanno dato esito positivo, sia quelli che si sono rivelati fallaci o pericolosi, per avere un quadro oggettivo e completo sulle effettive proprietà del farmaco.
Ma in realtà questo non sempre avviene, perchè le case farmaceutiche ovviamente ambiscono a far pubblicare sulle riviste scientifiche solo le prove positive, e così di solito non riferiscono alla FDA quelle negative, che rimangono occultate alla comunità scientifica e al pubblico.
E' risaputo ad esempio che quasi tutti gli studi sugli antidepressivi che hanno dato risultati fallimentari, corrispondenti a più della metà di tutta la ricerca in questo settore, non sono mai stati pubblicati. Così com'è risaputo che, quando sono le industrie del farmaco a finanziare una ricerca, i risultati positivi sono statisticamente quattro volte superiori rispetto a quelli provenienti da ricerche indipendenti.
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Allo stesso modo, quando l' industria alimentare sponsorizza una ricerca in campo nutrizionale, vengono strombazzati solo i riscontri positivi, e mai quelli negativi: l' esempio migliore ci viene dalla propaganda di cui sono ancora oggetto i latticini, come pure lo sciroppo di mais (un dolcificante molto usato negli USA, proposto come alternativa "sana" allo zucchero).
Così, per cercare di ovviare a questa situazione, nel 2004 le più prestigiose riviste scientifiche cominciarono a rifiutare tutti i lavori presentati alla FDA che non fossero completi di tutti i risultati delle ricerche, imponendo loro di includere in un comune database tutti i dati in loro possesso.
Ma in realtà in questo database è così difficile e complicato effettuare ricerche che chiunque ne viene presto scoraggiato.
I medici in genere non hanno tempo, nè voglia di leggere persino le riviste scientifiche, per cui le uniche fonti di aggiornamento sono i rappresentanti delle case farmaceutiche, oppure i convegni organizzati dalle medesime. Così le informazioni che ricevono sono quelle ridotte all' essenziale, ma soprattutto opportunamente rivedute e corrette (che sta per "corrotte"), che si ha interesse a dare.
Per tornare al nostro discorso e di quanto il mito del colesterolo sia ancora radicato e suggestivo, qualcuno avrà pensato che, siccome meno colesterolo LDL c'è, meglio è, ecco un nuovo farmaco, lo Zetia, che lo riduce per mezzo di un meccanismo diverso da quello con cui operano le statine. Perciò usandolo assieme ad un altro farmaco noto, come lo Zocor, la riduzione dovrebbe essere ancora più consistente.
Ed in effetti così è, tanto che il farmaco ha potuto essere facilmente approvato dalla FDA.
Sfortunatamente, nonostante riesca ad abbattere il sopravvalutato nemico più di quanto si fosse riuscito a fare prima, è venuto a galla che lo Zetia promuove la formazione della placca e con essa il rischio coronarico.
Successive ricerche intraprese dietro pressione confermarono questa ipotesi, ma rimane il fatto che l' FDA nell' approvare il farmaco si era basata sulla capacità di questo di abbassare il colesterolo, e non i rischi cardiovascolari. E anche dopo che si era saputa la verità, l' FDA non ne ha mai parlato pubblicamente.
Piccoli inconvenienti come questo non sono poi così rari. Per fare un altro esempio, anche un altro farmaco che avrebbe la proprietà di innalzare il colesterolo HDL e contemporaneamente abbassare l' LDL, il Torcetrapib, è stato messo all' indice nel 2006 per gli stessi motivi.
Referenze:
(1) Laine C, Horton R, DeAngelis CD, Drazen JM, Frizelle FA, Godlee F, Haug C, Hébert PC, Kotzin S, Marusic A, Sahni P, Schroeder TV, Sox HC, Van der Weyden MB, Verheugt FW.Clinical trial registration: looking back and moving ahead. JAMA. 2007 Jul 4;298(1):93-4.
(2) Ridker PM, Cannon CP, Morrow D, Rifai N, Rose LM, McCabe CH, Pfeffer MA, Braunwald E; Pravastatin or Atorvastatin Evaluation and Infection Therapy-Thrombolysis in Myocardial Infarction 22 (PROVE IT-TIMI 22) Investigators. C-reactive protein levels and outcomes after statin therapy. N Engl J Med. 2005 Jan 6;352(1):20-8.
(3) Kastelein JJ, van Leuven SI, Burgess L, Evans GW, Kuivenhoven JA, Barter PJ, Revkin JH, Grobbee DE, Riley WA, Shear CL, Duggan WT, Bots ML; RADIANCE 1 Investigators.Effect of torcetrapib on carotid atherosclerosis in familial hypercholesterolemia. N Engl J Med. 2007 Apr 19;356(16):1620-30.
Michele Nardella
ecco un altro articolo sul tema delle multinazionali dei farmaci, un tema che ricordo hai già affrontato in passato. e in effetti le colpe di questa "ignoranza" in fatto di rischi del colesterolo vanno divisi fra medici evidentemente poco informati e casa farmaceutiche che pensano solo al loro profitto! e il povero cittadino malato cosa deve fare? meno male che ci sono persone come te in grado di spiegare in parole abbastanza chiare e semplici come stanno realmente le cose........ grazie a nome di noi profani e continua a tenere il pubblico informato......chissà che la gente non la smetta prima o poi di seguire a occhi chiusi solo quello che gli viene imposto dall'alto!...... ciao rossana
RispondiEliminalo studio jupiter a cui fa riferimento e' uno studio condotto su 17802 pazienti con il colesterolo nella norma,ma con hsPCR(infiammazione)alta.lo studio e' stato interrotto prima perche' i pazienti che assumevano ROSUVASTATINA 20mg hanno ridotto del 44% il rischio di morbilita'e mortalita'per cause cardiovascolari.ROSUVASTATINA e' una statina di ultima generazione che abbassa il colesterolo LDL aumenta il colesterolo HDL e diminuisce l'infiammazione in modo piu'efficace rispetto a le altre statine.sono gli studi clinici che lo dicono.ciao patrizia
RispondiEliminaGrazie per l' intervento, Patrizia, ma nel fare questa puntualizzazione ripeti esattamente quanto ho già detto io, non trovi?
EliminaGrazie per avermi pilotato su questo articolo. L'ipotesi che lo zucchero possa essere la causa dell'infiammazione vascolare è quindi plausibile!
RispondiEliminaFrancesco Mecozzi
Altrochè. Non l' unica, ma sicuramente la principale.
EliminaLa cosa interessante è che questa ipotesi si sposa perfettamente con una interpretazione macrobiotica. Ed è su questa che incentrerò l' articolo (quando deciderò di scriverlo).
Per ridurre il colesterolo io uso Bergasterol, un succo al 1000% bergamotto. Lo trovo efficace ed è assolutamente naturale. Anche il gusto agrumato alla fine risulta piacevole.
RispondiEliminaSto piangendo sig. Nardella. Mia madre è morta a causa di un ictus al cervello. Aveva il livello di colesterolo nella norma...A distanza di dieci anni, non riesco a darmi pace, cosa avrei potuto fare? Aveva avuto altri ictus negli anni precedenti...Si sarebbe potuto fare qualcosa? Mi scuso per essere autoreferenziale, in questo mio commento, ma SOLO ADESSO, da Lei, ricevo informazioni di estremo interesse. Distinti saluti.
RispondiEliminaMi dispiace, cara Giancarla, di aver riportato alla luce questo avvenimento per te così doloroso, nè è il caso di colpevolizzarti (ci siamo sempre dati del tu, perchè adesso usi il "lei"?).
EliminaPenso proprio che si sarebbe potuto evitare l' ictus con una buona prevenzione e comunque intervenire tempestivamente in modo efficace, ma adesso a che serve pensarci?
Non vorrei sembrare cinico, ma penso che l' unica cosa da fare adesso sia guardare avanti.
"The show must go on", è quello che si dice in questi casi. Coraggio!
io ho risolto il problema con un nutraceutico completamente naturale, autorizzato dal ministero della salute, a base di foglie d'olivo! si trova qui www.evergreenlife.it/olitalia
RispondiEliminaGrazie per l' informazione.
EliminaSi ricordi però che per risolvere il problema alla radice si deve intervenire sulle cause, cioè sull' alimentazione.
e tutti si mettono dal ginocchi con questo numero 200 -è una truffa che vieni da Stati Uniti d'America.... il colesteloro e norma maschi 250,femmine 260....
RispondiEliminaI valori assoluti non dicono niente, quello che conta davvero è il rapporto HDL/LDL.
RispondiEliminaCiao Amici del blog io ho riscontrato 270 di colesterolo totale e il mio medico mi ha prescritto un integratore Armocolest da prendere la sera a base di riso rosso fermentato, qualcono di voi lo ha provato ? grazie Panfilo
RispondiEliminaCiao,
RispondiEliminaio posso solo confermarti che il riso rosso fermentato è un noto integratore naturale che ha dimostrato le sue proprietà ipocolesterolemizzanti e di riassetto lipidico ed è sicuramente preferibile ai farmaci a base di statine. Non tutti i prodotti a base di riso rosso però sono uguali e io non conosco quello da te indicato.
Tieni presente comunque che, se preso troppo a lungo, può avere gli stessi effetti collaterali delle statine. Il miglior modo per risolvere tutti i problemi legati all' iperlipidemia resta pertanto correggere opportunamente la dieta e lo stile di vita.