Si chiama Shang Han Lun il testo di riferimento della farmacopea cinese.
Risalente al secondo secolo dopo Cristo, molti dei suoi rimedi sono tuttavia utilizzati ancora oggi nella loro formulazione originaria.
Un altro testo fondamentale, redatto nel XVI secolo d. C. da Li Shih Chen, conosciuto come "l' Ippocrate d' Oriente", è il Pen Ts'ao Kang Mu, che annovera più di 1800 fra piante, sostanze animali e minerali.
Ma per quanto antichi possano essere considerati questi documenti, la conoscenza delle proprietà e dell' uso di radici, foglie, semi, frutti, fiori, cortecce, come pure di derivati animali e sostanze minerali da parte dei Cinesi è verosimilmente molto più antica, essendo stata tramandata oralmente di generazione in generazione per molti secoli, arricchendosi di volta in volta dell' esperienza maturata, prima che venisse immortalata in uno scritto.
Il più antico trattato di farmacopea cinese, in cui si trovano elencati già 365 rimedi erboristici e non, il Pen Ts'ao Ching, si fa risalire infatti a circa 2800 anni prima di Cristo.
Anche se questa datazione ha sapore di leggenda, come pure l' imperatore Shen Nung, cui si attribuisce la paternità dell' opera, analogamente al mitico e più noto Imperatore Giallo (di cui si parla nel Nei Ching, altro testo cardine della letteratura medica cinese), è indicativa di quanto possa essere antica questa tradizione.
E non c'è dubbio che le conoscenze relative ai rimedi naturali, e in particolare alle erbe officinali, siano state oggetto in Cina, più che altrove, di una trattazione sistematica inserita in un corpo dottrinale di mai eguagliata raffinata sofisticatezza e vastità (contrariamente a quanti identificano ancora la medicina cinese con l' agopuntura e il massaggio shiatsu).
Ma se il Paese del Dragone ha conosciuto l' apoteosi della scienza erboristica, tradizioni simili si ritrovano quasi in ogni parte del mondo, in Oriente (come non ricordare l' Ayurveda, antichissima dottrina indiana, con la sua quasi altrettanto sterminata farmacopea?), come in Occidente.
Anche noi abbiamo infatti una storia lunga e articolata, ma è sufficiente far notare che Pitagora ed Ippocrate avevano attinto le loro conoscenze erboristiche dalla Scuola Alessandrina, formatasi dalla tradizione egiziana e mediorientale.
Anche Galeno, forse il medico più importante dell' antichità dopo Ippocrate, si era formato a quella scuola, e l' espressione "galenica", tutt'ora usata, riferita ad una preparazione medicinale ottenuta dalla miscelazione di varie sostanze opportunamente dosate, si riferisce evidentemente a lui, essendo stato il primo ad introdurla nell' uso medico.
E più tardi, nel IX secolo d. C., influenze latine, greche, arabe ed ebraiche diedero origine alla famosa Scuola Salernitana.
Ma come hanno fatto gli antichi a conseguire una conoscenza così ampia, che per certi versi sovrasta quella dei moderni medici e scienziati, senza le nozioni di questi ultimi?
Come ho già accennato nell' articolo "Zoofarmacognosia", la razionalità non è l' unica facoltà in cui si esprime il potenziale umano: acutezza sensoriale, memoria, istinto ed intuizione sono altrettanto importanti. E quando non si disponeva di cognizioni scientifiche, dovevano essere doti determinanti per il successo, e quindi per necessità erano verosimilmente più sviluppate delle nostre.
L' empirismo era dunque alla base del processo: a furia di provare e riprovare si deduceva cosa funzionava e cosa no, e sulla base di quelle acquisizioni si procedeva, guidati dall' analisi del sapore, dell' odore e di altri parametri di ciò che era oggetto di indagine. Per esempio, il sapore molto amaro è spesso associato a qualcosa di tossico, come appunto l' esperienza insegna, mentre quello acido evoca in genere qualcosa in decomposizione o irrancidito.
Si ritiene che molte delle piante incluse nella comune dieta di popolazioni primitive siano passate prima attraverso una lunga fase di sperimentazione che affonda le sue radici nella notte dei tempi.
Si è scoperto così che il 30% delle piante alimentari usate nella dieta degli Hausa della Nigeria ha proprietà medicinali, e che quasi il 90% di quelle tradizionalmente utilizzate per combattere la malaria sono usate anche in cucina.
Ma per fortuna tutto questo oggi non è più necessario, e chi volesse approfondire le conoscenze e gli usi delle erbe più comuni potrà soddisfare le sue curiosità consultando l' ebook "A qualcuno piace selvatico", come ho fatto io in questi ultimi giorni, scoprendo...
Ma di questo parlerò la prossima volta.
Michele Nardella
Risalente al secondo secolo dopo Cristo, molti dei suoi rimedi sono tuttavia utilizzati ancora oggi nella loro formulazione originaria.
Un altro testo fondamentale, redatto nel XVI secolo d. C. da Li Shih Chen, conosciuto come "l' Ippocrate d' Oriente", è il Pen Ts'ao Kang Mu, che annovera più di 1800 fra piante, sostanze animali e minerali.
Ma per quanto antichi possano essere considerati questi documenti, la conoscenza delle proprietà e dell' uso di radici, foglie, semi, frutti, fiori, cortecce, come pure di derivati animali e sostanze minerali da parte dei Cinesi è verosimilmente molto più antica, essendo stata tramandata oralmente di generazione in generazione per molti secoli, arricchendosi di volta in volta dell' esperienza maturata, prima che venisse immortalata in uno scritto.
Il più antico trattato di farmacopea cinese, in cui si trovano elencati già 365 rimedi erboristici e non, il Pen Ts'ao Ching, si fa risalire infatti a circa 2800 anni prima di Cristo.
Anche se questa datazione ha sapore di leggenda, come pure l' imperatore Shen Nung, cui si attribuisce la paternità dell' opera, analogamente al mitico e più noto Imperatore Giallo (di cui si parla nel Nei Ching, altro testo cardine della letteratura medica cinese), è indicativa di quanto possa essere antica questa tradizione.
E non c'è dubbio che le conoscenze relative ai rimedi naturali, e in particolare alle erbe officinali, siano state oggetto in Cina, più che altrove, di una trattazione sistematica inserita in un corpo dottrinale di mai eguagliata raffinata sofisticatezza e vastità (contrariamente a quanti identificano ancora la medicina cinese con l' agopuntura e il massaggio shiatsu).
Ma se il Paese del Dragone ha conosciuto l' apoteosi della scienza erboristica, tradizioni simili si ritrovano quasi in ogni parte del mondo, in Oriente (come non ricordare l' Ayurveda, antichissima dottrina indiana, con la sua quasi altrettanto sterminata farmacopea?), come in Occidente.
Anche noi abbiamo infatti una storia lunga e articolata, ma è sufficiente far notare che Pitagora ed Ippocrate avevano attinto le loro conoscenze erboristiche dalla Scuola Alessandrina, formatasi dalla tradizione egiziana e mediorientale.
Anche Galeno, forse il medico più importante dell' antichità dopo Ippocrate, si era formato a quella scuola, e l' espressione "galenica", tutt'ora usata, riferita ad una preparazione medicinale ottenuta dalla miscelazione di varie sostanze opportunamente dosate, si riferisce evidentemente a lui, essendo stato il primo ad introdurla nell' uso medico.
E più tardi, nel IX secolo d. C., influenze latine, greche, arabe ed ebraiche diedero origine alla famosa Scuola Salernitana.
La teoria cinese dei 5 elementi applicata al corpo umano |
Ma come hanno fatto gli antichi a conseguire una conoscenza così ampia, che per certi versi sovrasta quella dei moderni medici e scienziati, senza le nozioni di questi ultimi?
Come ho già accennato nell' articolo "Zoofarmacognosia", la razionalità non è l' unica facoltà in cui si esprime il potenziale umano: acutezza sensoriale, memoria, istinto ed intuizione sono altrettanto importanti. E quando non si disponeva di cognizioni scientifiche, dovevano essere doti determinanti per il successo, e quindi per necessità erano verosimilmente più sviluppate delle nostre.
L' empirismo era dunque alla base del processo: a furia di provare e riprovare si deduceva cosa funzionava e cosa no, e sulla base di quelle acquisizioni si procedeva, guidati dall' analisi del sapore, dell' odore e di altri parametri di ciò che era oggetto di indagine. Per esempio, il sapore molto amaro è spesso associato a qualcosa di tossico, come appunto l' esperienza insegna, mentre quello acido evoca in genere qualcosa in decomposizione o irrancidito.
Si ritiene che molte delle piante incluse nella comune dieta di popolazioni primitive siano passate prima attraverso una lunga fase di sperimentazione che affonda le sue radici nella notte dei tempi.
Si è scoperto così che il 30% delle piante alimentari usate nella dieta degli Hausa della Nigeria ha proprietà medicinali, e che quasi il 90% di quelle tradizionalmente utilizzate per combattere la malaria sono usate anche in cucina.
Ma per fortuna tutto questo oggi non è più necessario, e chi volesse approfondire le conoscenze e gli usi delle erbe più comuni potrà soddisfare le sue curiosità consultando l' ebook "A qualcuno piace selvatico", come ho fatto io in questi ultimi giorni, scoprendo...
Ma di questo parlerò la prossima volta.
Michele Nardella
Nessun commento:
Posta un commento