mercoledì 21 novembre 2012

Ma il crudo è sempre meglio del cotto?

Nella mia terra d' origine, il Gargano, anche un contadino sa che, se per la cottura di un cibo, invece di utilizzare un comune fornello a gas, o  un forno elettrico, si sceglie la brace, o la legna, il risultato finale è un' altra cosa: quel cibo ha un sapore diverso e più gustoso.

Analogamente gli esperti assaggiatori di vini riescono a cogliere differenze fra vini molto simili, magari provenienti dallo stesso lotto di uve, ma invecchiati secondo modalità diverse.

Se però gli scienziati volessero individuare le ragioni di tali differenze col loro solito criterio analitico, volto unicamente all' indagine della composizione molecolare, si troverebbero con un pugno di mosche, perchè un' analisi, per quanto accurata, dà sempre un risultato approssimativo per difetto.

Ma anche se così non fosse, sarebbe uno strumento inadeguato per capire  qualsiasi fenomeno in tutta la sua  complessità, perchè un insieme è sempre qualcosa di diverso dalla mera somma delle sue parti.

Tutto questo preambolo mi è servito come introduzione a una questione che si ripete costantemente ogni qual volta si presenta l' occasione di sottolineare l' importanza (in molti casi) della cottura anche di alimenti come le verdure, ed eventualmente frutta, che secondo un' opinione molto diffusa andrebbero consumate sempre crude.

Mi è già capitato più volte di  scontrarmi con irriducibili convinti sostenitori del crudismo più oltranzista, ma anche di dover rispondere alle obiezioni di gente comune: "Il cibo crudo è vivo ed integro di tutte le sue sostanze nutritive, di cui viene invece privato con la cottura", la frase che puntualmente riecheggia.

Ma per quanto plausibile sia questa affermazione, e perciò tanto diffusa e radicata, è solo il frutto di una visione limitata del problema, e di una conoscenza superficiale dei meccanismi che fanno sì che ciò che mettiamo nello stomaco venga assimilato ed utilizzato.

Il corpo infatti utilizza ciò che è in grado di assimilare e ciò di cui ha realmente bisogno, perciò non serve assumere  quantità extra delle sostanze di cui pensiamo di aver bisogno, nella convinzione che "più ce n'è, meglio è".

E' opportuno comunque precisare che la parziale distruzione conseguente alla cottura riguarda solo alcune vitamine, quelle definite appunto "termolabili", e gli enzimi (nel senso che perdono la loro funzione di catalizzatori, ma rimangono sempre disponibili come normali proteine); tutto il resto (sali minerali, proteine, carboidrati, lipidi, fibra) resta utilizzabile.

Inoltre ci sono certi tipi di cottura, come quella a vapore o la semplice scottatura (spesso consigliate dalla macrobiotica, quando c'è bisogno di una cottura leggera) che riducono al minimo tali perdite, soprattuto se si ha l' accortezza di recuperare l' acqua di cottura.

A fronte di questo svantaggio però, il cibo cotto può vantare proprietà sconosciute alle crudità, dovute alle trasformazioni energetiche (e non chimiche) cui è stato sottoposto: esse consistono soprattutto nell' effetto tonico e riscaldante, ma anche in una maggiore digeribilità, in quanto il calore produce una prima scomposizione delle macromolecole, le proteine subiscono una semplificazione strutturale e, grazie alla rottura di certe strutture, alcuni nutrienti ivi contenuti diventano più disponibili e più accessibili all' azione degli enzimi digestivi.

Chi pensa che una dieta di soli cibi crudi sia sempre l' ideale farebbe bene a provare a seguire una  dieta simile, magari  a base di frutta e succhi, in pieno inverno, quando fa davvero molto freddo, e vedrà che tutte le vitamine e gli antiossidanti di cui avrà fatto il pieno non gli impediranno di battere continuamente i denti per il freddo, che gli sembrerà insopportabile, e di ammalarsi presto.

Questo implica anche che la stessa dieta sarà controindicata in molte condizioni analoghe, quando cioè ci sarà in gioco una prevalenza di fattori dispersivi da controbilanciare.

Ad esempio, in caso di reumatismi, disturbo classificabile come di natura "fredda", in cui c'è mancanza di energia, una dieta come quella di cui sopra potrà solo peggiorare la situazione

Un altro esempio potrebbe essere il distacco della retina (distacco=separazione, allontanamento=eccesso di energia espansiva, disgregante e indebolente), che può portare alla cecità, o la miopia, in cui nel 95% dei casi il globo oculare, aumentando di volume, si allunga, provocando uno spostamento in avanti del punto focale dell' immagine, che invece dovrebbe cadere sulla retina (nei restanti casi il difetto è invece dovuto ad una contrazione della lente cristallina, il che ci suggerisce la natura opposta della sua causa).

Ebbene, in questi e in tantissimi altri casi analoghi, la dieta più adatta dovrebbe essere di tipo  moderatamente contrattivo, che prevede quindi l' esclusione di tutto ciò che ha un marcato effetto contrario.

Ma il punto è che le proprietà espansive o contrattive di un alimento sono ascrivibili a tutto il suo complesso di caratteristiche fisico-chimiche (dimensioni, consistenza, peso, forma, crudo-cotto e moltissime altre) e non possono essere deducibili  dalla sola composizione molecolare, che invece è l' unico elemento preso in considerazione dalla scienza nelle sue valutazioni.

Perciò, per poter capire la tendenza di un alimento in questo senso, sono necessarie considerazioni che si pongono al di fuori del confine ontologico della scienza, e usare eventualmente i dati scientifici ad integrazione e supporto.

Tutto ciò non ha niente a che vedere con la filosofia o la superstizione, insomma con la presunta "non-scientificità" di questo modo di procedere, in quanto  sappiamo che "tutto è energia" (l' ha già dimostrato molto tempo fa un certo Einstein). Perciò considerazioni sulla forma, sulle dimensioni, sulla direzione di crescita, sulla velocità della stessa, sulla stagionalità e l' origine geografica di un alimento ci dicono molto di più degli aridi, freddi e frammentari dati analitici sul tipo di energia che ha plasmato un dato alimento e sulle sue proprietà.

Insomma, per tornare al nostro discorso, una dieta ideale dovrebbe comprendere cibi sia cotti che crudi, variando di volta in volta le proporzioni in base alle esigenze individuali.

Del resto ci sarà pure un motivo se centinaia di migliaia di anni fa i nostri progenitori, che non disponevano certo del fornello a gas, e tanto meno del microonde, abbiano sentito la necessità di cuocere il cibo, affrontando difficoltà per noi inimmaginabili.

Sperando di aver chiarito finalmente l' annosa questione, ho pensato opportuno proporre la risposta ad una mia amica che  mi chiedeva spiegazioni su questo punto, come dicevo all' inizio, in seguito ai miei suggerimenti sul trattamento del cancro al seno, dato che la signora di cui parlo  aveva chiesto informazioni su cure alternative per questa specifica patologia in un gruppo di Facebook: 


"Quello del cibo crudo è uno zoccolo duro vecchio come il mondo, che divide i cultori delle varie scuole di salutismo e medicine naturali. Il mio riferimento principale è la macrobiotica, in quanto la ritengo l' approccio più completo e coerente alla gestione della salute. Un approccio a 360 gradi che, in quanto tale, non considera solo gli aspetti molecolari (e cioè materiali) del cibo (come fa la scienza e tutte le scuole naturiste che si ispirano a quei concetti), ma anche quelli energetici, che comprendono ovviamente anche la differenza che si riscontra nel passaggio da cibo crudo a cibo cotto. Un cibo crudo ha proprietà diverse rispetto a quelle che presenta a cottura avvenuta, e questo influenzerà l' equilibrio generale di chi lo mangia, indipendentemente dal suo contenuto vitaminico.
Del resto, la Medicina Cinese Tradizionale è esplicita a riguardo, considerando pericolose tutte quelle diete a base di cibi crudi, in quanto il cibo crudo non ha energia, ha un effetto espansivo e raffreddante, che non può andar bene per tutti, o per tutte le condizioni.
Questo risulterà tanto più evidente quanto più a lungo sarà seguita la dieta.
Nella fattispecie, quello al seno è nel 99% dei casi un tumore di tipo yin (di caratteristiche espansive), e quindi è necessario minimizzare nella dieta tutti i fattori dello stesso tipo (il cibo crudo è yin rispetto allo stesso cibo cotto). Mi rendo conto che chi non è addentrato in questi concetti avrà non poche perplessità di fronte ad una simile spiegazione, ma non so essere più chiaro e sintetico di così.
La macrobiotica è una scienza che va studiata, come qualsiasi altra, e soprattutto messa in pratica, per poterla capire.
Chi consiglia cibi crudi a tutto spiano non conosce queste cose, perchè aderisce al paradigma limitato del materialismo scientifico, che ha già causato tutti i danni che sappiamo.
Per quanto riguarda l' ESSIAC, o come la chiami tu, tisana Caisse, so che è un buon prodotto, utile in tutte le malattie degenerative; le altre terapie non so, comunque la cosa fondamentale è la dieta, che, se fatta bene e con costanza, dovrebbe bastare."

Michele Nardella

13 commenti:

  1. il mio post lo divido in più tronconi perchè non ci sta...

    1)

    ciao carissimo.
    come hai fatto notare tu nella preistoria già l'uomo ha cominciato a cucinare il cibo. vediamo come ciò è dunque avvenuto. parliamo certamente del periodo in cui in nostri antenati lasciavano progressivamente gli alberi delle savane, sempre meno numerosi a causa della presenza di grandi mammiferi erbivori che avevano un progressivo effetto disboscante, ed erano costretti ad attraversare l'erba alta come loro (se in piedi: cosa che ha selezionato solo chi aveva la capacità di stare in questa postura, potendo vedere a filo d'erba eventuali predatori e fuggire, mentre gli altri, che avevano postura solo accucciata venivano progressivamente sbranati e per questo solo i primi ci hanno progressivamente trasmesso i loro geni da cui la nostra attuale postura eretta ma anche, sempre per selezione, una statura progressivamente maggiore).
    allora la nostra dieta era prevalentemente vegetariana e anzi fruttifera, con integrazioni di insetti e larve: termiti, formiche, bruchi, larve di ditteri e imenotteri, spesso molto dolci e proteiche.
    proprio l'attenzione per le larve ci portò ad avvicinarci alle carcasse di animali morti, piene di larve di ditteri che li divoravano, mentre erano in decomposizione. fu così che iniziammo a mangiare anche la carne putrida, per quanto ciò ci dia disgusto, era la sola forma "digeribile" in quanto la decomposizione portava alla proteolisi (ossia la progressiva demolizione di proteine in amminoacidi, i soli che eravamo in grado di assimilare nel nostro stomaco):
    ne è conseguito però una progressiva abitudine a cibarsi di carne: difendendoci (presumibilmente con il lancio di pietre) da altri mammiferi o uccelli, ne abbiamo provocato la morte e... sorpresa: la digeribilità non fu affatto la stessa!!! la carne di un animale appena morto era causa di frequenti gastroenteriti con esito spesso fatale. cosa ha dunque permesso di continuare questa dieta e di incrementarla? la savana spesso secca stagionalmente era anche facilmente incendiata da fulmini o addirittura a causa di vulcanesimo. gli incendi comportavano la distruzione di vastissime aree e la morte, bruciati vivi o dopo affumicamento, di innumerevoli animali. l'abitudine di mangiare carcasse ci ha portato così a scoprire che la carne COTTA era immediatamente digeribile.

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  2. 2)

    il fuoco, prima temuto come un nemico, diviene dunque una opportunità. imparare nel tempo a mantenerlo come brace (dentro contenitori di ossa (di solito cranii) e successivamente imparare a produrlo mediante sfregamento (attrito che produceva calore e scintille infiammabili con cui incendiare paglia e poi legna o pelli) rappresenterà dunque un passaggio chiave nella nostra evoluzione che incrementerà non solo il consumo di carne (che quindi veniva rigorosamente cotta, bruciandola letteralmente nel fuoco), ma anche la nostra aggressività e belligeranza: da esseri pacifici siamo diventati assassini spietati verso ogni altra forma di vita, non certo ultimi, i nostri ominidi simili con cui eravamo in competizione.
    l'acquisita abitudine a cuocere la carne naturalmente ci ha permesso di scoprire molti altri cibi anche vegetali commestibili solo mediante cottura: un esempio moderno sono le mele e pere cotogne, troppo "legnose" per esser consumate crude. e così via.
    i periodi recenti delle glaciazioni ci hanno poi "costretto" a fare del fuoco il nostro principale alleato: per scaldarci, per consumare sempre la carne dei grandi mammiferi (che abbiamo progressivamente estinto in tutto il mondo), per difenderci, per aggredire altre tribù umane e così via. il riscaldamento del fuoco era tuttavia, assieme alla cottura del cibo, anche il principale motivo del suo utilizzo. davanti al fuoco (calore e cibo) l'eccitazione umana si esalta: nascono la musica e la danza, le prime inflessioni gutturali che diverranno parole con significato preciso, con il cibo in abbondanza, ossia l'uccisione stagionale delle mandrie di mammuth e altri mammiferi nelle loro migrazioni, si praticava anche la sessualità di tutto il clan, incrementando la riproduzione del gruppo.
    oggi viviamo in un mondo però abbastanza diversificato e non così connotato. se la carne cruda è certamente molto intossicante dell'organismo mentre da cotta acquista digeribilità e maggiori probabilità di assimilazione, per tutti i prodotti vegetali (che sono estremamente variegati: frutti, ortaggi, foglie, tuberi, radici, semi, etc.) si verificano situazioni estremamente diverse a seconda del tipo. nessuno mangerebbe del grano o del riso CRUDI! mentre altri semi come noci e mandorle li si consuma prevalentemente senza cottura! se ortaggi come le solanaceae sono consumati sia crudi che cotti, nessuno cuocerebbe mai una insalata!!! mentre uno spinacio si! idem con doppia possibilità per le brassicaceae (cavoli, broccoli, etc, che si mangiano in entrambi i modi). per le cucurbitaceae si mangiano crudi il melone e l'anguria (di cui certo è possibile fare marmellate, ossia un processo che contempla la cottura), mentre si consumano sia crudi che cotti i cetrioli, le zucchine, le zucche....
    la frutta può esser trasformata in marmellata, o consumata fresca....

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  3. 3)

    insomma: io non sono certo un assolutista, ormai mi conosci. credo, per dirti la mia personalissima, che i prodotti della terra sia meglio consumarli nella loro stagione di produzione... e in tal caso, a seconda del tipo, esser crudi o cotti....
    io prediligo, laddove è possibile, il cibo crudo. sarà anche la mia abitudine alla vita al freddo (anche molto freddo) a rendermi indifferente alle temperature che causano ad altri reumatismi (che non ho) malattie stagionali (non so cosa siano!!!!!) e infezioni virali (sono praticamente immune a tutto: da bambino ho fatto il tifo senza neppure saperlo, probabilmente avrò avuto una febbriciattola scambiata per influenza...)
    certo: io sono un assiduo vegetariano. e di recente ho completamente abolito anche tutta la glutine (quindi pasta, pane e focacce/pizze, etc.) consumando in alternativa grano saraceno, miglio, orzo e poco riso, e tutti i latticini e derivati del latte (e qui so bene che non debbo CONVINCERTI della bonarietà della scelta). il tutto con ulteriore beneficio.
    e io sono uno che lavora come un mula la terra, e a milano come uno staccanovista negli studi, senza sapere cosa sia il giorno o la notte, se occorre... e senza sapere cosa voglia dire NON AVERE ENERGIA!
    ciaooooooooo!

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  4. Grazie per questo articolo, risponde in modo anche scientifico a molte domande che mi sono posta in modo anche scientifico. Io ci ero arrivata per logica, ma sapendo di poter essere in errore non mi azzardavo a credere di aver proprio ragione. E' vero, quindi, che frutta e verdura crude fanno bene, anzi spesso sono preferibili crude, ma dato che è provato che cotti alcuni frutti e alcune verdure hanno delle proprietà benefiche, perchè non utilizzarli!

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    1. Certo, come giustamente dici, ci sono pro e contro in entrambi i casi, perciò è fondamentale capire le esigenze dei singoli individui.
      Gli esempi che ho fatto nell' articolo, anche se mi sono limitato a pochi, dovrebbero aver chiarito questo concetto.

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  5. Ciao (ma come ti debbo chiamare, "Notizie dal Pianeta Terra"?),
    la tua versione della storia dell' evoluzione delle abitudini alimentari umane coincide a grandi linee con quanto mi risulta: in effetti l' uomo (o meglio, i nostri lontani progenitori, non ancora diventati "homo sapiens") non è sempre stato carnivoro, avendo egli fatto ricorso alla carne soprattutto in circostanze di forza maggiore, cioè in sostanza nei periodi di glaciazione, o in zone geografiche molto fredde e con scarsa vegetazione (la carne, come giustamente fai notare, ha un effetto riscaldante, come la maggior parte dei cibi animali).
    Il cibo animale comunque, a parte i casi particolari di cui sopra, ha sempre svolto un ruolo secondario nell' alimentazione di tutti i popoli. Esso dava quel "di più" per adattarsi meglio alle esigenze personali (per esempio per sostenere il lavoro fisico), o per riprendersi in fretta da situazioni di carenza e debilitazione e, perchè no, per acquisire un pò più di aggressività. Esso insomma serviva a completare la dieta tradizionalmente a base vegetale, che in alcune circostanze poteva non essere sufficiente.
    Il momento decisivo per questo cambiamento nelle abitudini è avvenuto col passaggio dalle società nomadi a quelle stanziali, fatto che ha consentito di praticare l' agricoltura e, appunto, l' allevamento degli animali con la pastorizia.
    Solo da allora è invalsa l' abitudine di mangiare animali di grandi dimensioni. Infatti, contrariamente a quanto comunemente si pensa, la caccia ad animali di grandi dimensioni (immagine molto radicata nell' immaginario collettivo)è stata praticata in modo sporadico, e solo in tempi relativamente recenti, essendo il cibo animale dell' uomo primitivo sempre consistito in insetti, larve, molluschi, uova e animali di piccole dimensioni.
    Grazie per il tuo apprezzabile intervento.

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  6. Bell'articolo, molto esauriente....io da profana ero arrivata per istinto a conclusioni simili, cioè preferisco da sempre mangiare verdure e frutta cotta d'inverno mentre adoro la verdura cruda in estate.........sono considerazioni se vogliamo banali ma servono per capire che uno dovrebbe sempre seguire quello che la natura ci insegna .......le cose più semplici sono sempre le migliori! ciao rossana

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    1. Esatto, vedo che hai colto il senso: la natura stessa ci suggerisce il modo più semplice, più logico, più... naturale di regolarci.
      D' estate fa caldo, e quindi usare più cibi crudi servirà a controbilanciare il calore (e il contrario faremo d' inverno).
      Allo stesso modo non ha senso consumare prodotti fuori stagione, perchè non sono in armonia col ritmo naturale, e perciò non favoriscono il nostro adattamento all' ambiente.

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  7. Mio padre se non fosse per il crudismo a quest'ora sarebbe in fin di vita, ed è stato macrobiotico per tantissimi anni. Signori, esperite da voi se sia meglio mangiare crudo o cotto, basatevi sui risultati non sulle chiacchiere.

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  8. Signor anonimo,
    grazie per il suo contributo, perchè le critiche e le obiezioni sono più utili dei consensi.
    Mi aspettavo una reazione del genere, anzi, nello scrivere l' articolo mi ero proposto di prevenire le inevitabili obiezioni, facendo luce su alcuni frequenti malintesi, ma poi, per rendere il post più snello e conciso, ho scartatato l' idea (la gente non legge volentieri i post troppo lunghi).
    Le mie non sono affatto chiacchiere, ma considerazioni logiche basate sullo studio e l' osservazione dei fatti della vita, e soprattutto sull' esperienza di persone molto più qualificate ed esperte di me, che hanno dedicato decenni alla macrobiotica, grazie allo studio,all' insegnamento e alla cura di migliaia di malati delle più disparate patologie (anche "incurabili").
    I libri che lo testimoniano non si contano, perciò il caso di suo padre non fa testo.
    Il problema è sempre lo stesso: un cattivo giudizio, un modo superficiale di valutare e tirare le dovute conclusioni.
    Se suo padre ha ricavato beneficio da una dieta di crudità, vuol dire che quello era ciò di cui LUI aveva bisogno in quel particolare frangente, e che la "macrobiotica" che aveva seguito per tanto tempo non era la "giusta" macrobiotica. Tutto qui.
    Se lei avesse capito la macrobiotica, saprebbe che tutto è relativo, perciò bisogna saper adattare il cibo (e tutto il resto) ai bisogni individuali, che cambiano di continuo (cosa che richiede umiltà, studio ed esperienza), ma purtroppo questo non lo capisce quasi nessuno, e tutti si ostinano arrogantemente e acriticamente a considerare la macrobiotica come un insieme di regole rigide uguali per tutti, o come una dieta di soli cibi cotti, o di solo riso e idiozie del genere.

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  9. Grazie Michele, ottimo articolo con ottimi contributi.

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  10. Grazie a te, Francesco.
    Ogni tanto capita l' occasione di riproporre articoli vecchi, ma sempre validi ed attuali, e questa volta me l' ha data una mia amica esperta, Silvia Petruzzelli, che ha pubblicato un post su Facebook in cui dice le stesse cose a proposito del crudo.

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  11. Michele sei superlativo, come sempre. M'induci a riflettere su molte cose. Grazie.

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