giovedì 27 febbraio 2014

Microalghe verde-azzurre Klamath, un supercibo tutto da scoprire

Il lago Upper Klamath
Nel post precedente, "Il dilemma sugli integratori alimentari", ho cercato di dimostrare che questi supplementi, contrariamente alle rassicurazioni sull' adeguatezza di una dieta "varia ed equilibrata" che ci vengono dai soliti "esperti" che hanno voce in capitolo, sono oggigiorno più che mai utili, se non proprio necessari, per una serie di ragioni inerenti ai cambiamenti avvenuti con l' industrializzazione della produzione alimentare e conseguente impoverimento del valore nutritivo di più o meno tutti gli alimenti.

A questo va aggiunto   un altro motivo altrettanto importante precedentemente sfuggitomi: l' inquinamento cronico che non risparmia ormai più quasi alcun angolo al mondo.

Quando il nostro corpo subisce una costante contaminazione da parte delle più svariate tossine ambientali, infatti, esso ha  necessità di disporre di nutrienti atti a neutralizzarle, come antiossidantivitamine e oligoelementi, in quantità molto superiori a quelle standard, per le quali i comuni alimenti, anche se integrali e di coltivazione biologica, si dimostrano insufficienti.

Se poi si considera che il nostro ambiente interno è un microcosmo, cioè un ologramma che riflette l' ambiente esterno (macrocosmo), dato che la mentalità con cui trattiamo entrambi è la stessa, non è sorprendente che lo stesso degrado che appare così evidente attorno a noi sia presente anche dentro di noi (anche se questo non è altrettanto riconosciuto). Non è un mistero che alimentazione innaturale e degenerativa, stili di vita sempre più artificiali e il sistematico ricorso a farmaci chimici abbiano alterato e indebolito nell' ultimo mezzo secolo il nostro terreno biologico, fatto confermato da molti terapeuti nel campo del naturale, per aver constatato che i loro strumenti terapeutici  non sono più efficaci come un tempo, perchè si trovano ad agire su di un sistema immunitario  che non reagisce come dovrebbe. Da qui la necessità di ricorrere sempre più spesso a speciali supplementi atti a rinforzare la costituzione.

Ma tornando ai nostri integratori, c'è da dire però che quelli  tradizionali (che poi rappresentano la maggior parte di quelli ancor oggi in commercio) riflettono nella loro concezione l' essenza  del paradigma riduzionista che caratterizza tutto l' approccio biomedico vigente: una volta  isolata una sostanza di cui è stato accertato in laboratorio il ruolo   sulla salute, si pensa di confezionarla in una pillola (assieme ad eccipienti vari) dalla quale ci si aspetta che produca gli effetti desiderati.

Nella realtà dei sistemi viventi però le cose non funzionano in modo così semplicistico: nessun elemento è isolato, ed ognuno di essi in un dato sistema si trova ad interagire con una moltitudine di fattori che concorrono al risultato finale.

Per chiarire questo concetto il miglior esempio ci viene proprio dalla storia della ricerca sulle vitamine.

Senza bisogno di raccontare tutti i particolari della vicenda, per evitare una lunga quanto inutile digressione, si tratta in sostanza di un caso di serendipità che ha visto protagonista Albert Szent Gyorgyi, il ricercatore ungherese premio Nobel per la scoperta della vitamina C

Avendo questi notato che non sempre la vitamina in questione si rivelava efficace come ci si aspettava nel trattamento della fragilità capillare quando somministrata in forma pura,  contrariamente a quella assunta assieme agli alimenti in cui è naturalmente contenuta, dedusse che nel prodotto naturale dovevano essere presenti altri fattori   non ancora identificati che facevano la differenza. Intuizione rivelatasi ben presto esatta, avendo portato all' identificazione di una vasta famiglia di fitocomposti biologicamente attivi conosciuti come bioflavonoidi.

E' dunque grazie all' effetto sinergico di questi numerosi fattori che la vitamina C può espletare al meglio le sue funzioni. Ed infatti non a caso proprio negli alimenti più ricchi di questa vitamina si riscontrano le maggiori quantità di bioflavonoidi. Qualcosa di simile a quanto avviene per le vitamine del gruppo B, che non senza motivo vengono incluse nello stesso gruppo, essendo tutte in un modo o nell' altro implicate nel metabolismo energetico. Insomma sono tutte interdipendenti, tant' è che in un uno stato di carenza generalizzata di vitamine del gruppo B, un eventuale eccesso di una sola di esse porterebbe addirittura ad un peggioramento della situazione, perchè aumenterebbe il fabbisogno delle rimanenti.

Da ciò si evince che somministrare una sola sostanza, a meno che non esista una grave carenza specifica della stessa, è più facile che arrechi scompiglio che beneficio.

Anche in questo caso a confermarlo ci vengono parecchi  esempi dalla ricerca scientifica, uno dei quali  nientemeno che dal National Cancer Institute che, in seguito alla somministrazione sperimentale di betacarotene in pillole per la prevenzione del tumore al polmone e dopo vari risultati contraddittori, fu costretto con grande imbarazzo a sospendere dopo qualche anno l' esperimento perchè in alcuni casi dava addirittura il risultato opposto. E' opportuno infatti precisare che il betacarotene è presente nelle carote, per esempio, in ben 14 varietà sinergiche, assieme naturalmente ad una gran quantità di altre sostanze che ne modulano l' effetto, mentre in una pillola ce n'è solo una.

Il discorso cambia poco per gli integratori multifattoriali, in quanto  pochi nutrienti concentrati in una compressa non potranno mai sostituire la completezza, l' equilibrio, l' energia e la sinergia di un alimento vero che li contiene. E' infatti praticamente impossibile conoscere tutte le sostanze presenti in ogni alimento e le loro funzioni, perciò dall' escluderle a priori c'è solo da perdere.

Il nostro corpo, che è il risultato dell' adattamento ai cibi naturali, e quindi interi, in milioni d' anni d' evoluzione,  è in grado di gestire in modo ottimale solo questi, mentre riconosce come sostanze intruse i nutrienti assunti in forma isolata.

Tutto ciò ci porta necessariamente a dedurre  che gli integratori artificiali messi a punto dalle case farmaceutiche, anche se a partire da sostanze naturali, sono sostanzialmente inutili e potenzialmente dannosi. E a dirlo non sono io, ma sempre più voci provenienti anche dalla medicina ufficiale (un saggio se ne può leggere qui).

Tutt' altro discorso è invece quello degli alimenti naturali che per la loro particolare ricchezza di nutrienti si sono meritati l' appellativo di "supercibi" o "nutraceutici". Quest' ultima definizione sta a significare qualsiasi sostanza  reperibile nei comuni alimenti e con un ruolo   nella nutrizione riconosciuto come salutare, ma che può assumere in opportune circostanze e in determinati dosaggi anche valenza terapeutica.

In questa interessante categoria meritano sicuramente una menzione le cosiddette alghe verde-azzurre (da non confondersi con le comuni alghe marine), che altro non sono che microrganismi unicellulari primordiali, definiti cianobatteri, dai quali presero origine tutti gli organismi più evoluti del regno vegetale e animale all' alba dell' evoluzione. Se poi si fa notare che sono responsabili ancora oggi della maggior parte dell' ossigeno  prodotto sul nostro pianeta, si può capire meglio la loro importanza.

Fra esse si distinguono le Klamath, le uniche di natura selvatica, in quanto originarie del lago omonimo situato in un parco nazionale nell' Oregon (USA) , un ampio territorio in cui si ritrovano caratteristiche ambientali uniche che ne fanno una delle pochissime oasi incontaminate superstiti, se mai ce ne siano rimaste. Si tratta infatti di una zona selvaggia di origine vulcanica pressochè disabitata e molto lontana da qualsiasi insediamento industriale, con caratteristiche geografiche e climatiche particolarmente favorevoli alla qualità di queste alghe. Queste crescono infatti sul fondo del lago ad una profondità di pochi metri, perciò facilmente raggiungibili dalla luce solare che caratterizza 300 giorni all' anno, a tutto beneficio della fotosintesi clorofilliana. Inoltre il lago si trova a quasi 1300 m. d' altitudine e gli inverni  freddi favoriscono la sintesi di importanti acidi grassi polinsaturi (caratteristici appunto di flora e fauna tipici di regioni fredde, contrariamente alle altre alghe verde-azzurre originarie di zone tropicali).

Ma la particolarità di gran lunga più importante è che il lago Upper Klamath è alimentato da una miriade di ruscelli, sorgenti e rigagnoli provenienti dalle Cascade Mountains, che trascinano a valle i  minerali liberatisi dall' erosione delle ricchissime rocce vulcaniche e che vengono pertanto incorporati nelle alghe Klamath. Da notare che la principale di queste sorgenti è il Crater Lake (un vastissimo lago formatosi dopo che una catastrofica eruzione vulcanica trasformò migliaia di anni fa la montagna che c' era prima in un enorme cratere), che si distingue, oltre che per la sua eccezionale profondità, per la limpidezza della sue acque che si presentano di un azzurro cristallino.

Crater Lake
Nessuna meraviglia quindi se queste alghe vantano una ricchezza senza pari, non solo per quanto riguarda i minerali (ben 28, compresi molti oligoelementi), ma anche in termini di ampiezza dello spettro di nutrienti (il più completo fra gli alimenti conosciuti), che si può compendiare in aminoacidi in forma libera (e quindi prontamente assimilabili), compresi tutti quelli essenziali nelle stesse proporzioni adatte al fabbisogno umano, acidi grassi omega 3 e omega 6 nelle proporzioni ideali, pigmenti come clorofilla e altri fitocomposti, come ficocianine e betacarotene (presente in tutti i suoi 14 isomeri), tutti a spiccato effetto antiossidante. E non mancano neanche le vitamine, tutte presenti tranne la D.


Lo so che a questo punto si ripresenta una annosa  controversia, dato che  da tempo viene confutata la presenza della B12 (di cui è risaputa la mancanza nei  vegetali) in alimenti come le verde-azzurre e altre alghe, nonchè in certi  prodotti della soja, una volta accreditata. Sembra però che uno studio relativamente recente coordinato dalla dr.ssa Luciana Baroni, presidente della Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana,  dimostri che quella contenuta nelle Klamath (Aphanizomenon Flos Aquae, il nome scientifico) non sia una varietà biologicamente inattiva, come si obiettava, anche se si attendono conferme (per chi volesse approfondire, leggere qui).

C'è infine da sottolineare il successo riscontrato dal  dr. Gabriel Cousens, un celeberrimo medico naturista americano, con malati di Alzheimer trattati appunto con la Klamath.

Ovviamente non è possibile in un post dire di più, per cui invito chi volesse approfondire l' argomento a contattare il sito www.algovitshop.com, e a utilizzare il codice-sconto TIVOGLA per eventuali acquisti.

Michele Nardella

Le Alghe della Salute - Libro
Il Libro Completo delle Vitamine
Autori Vari

5 commenti:

  1. Complimenti Michele per questo ottimo articolo che spiega bene in cosa si differenzia la Klamath da altre alghe e dai comuni integratori. Consentimi di segnalare, per chi volesse approfondire ulteriormente i vari aargomenti (proprietà nutraceutiche ecc.) questo sito dedicato: http://klamath.tumblr.com. Per un elenco completo di tutti i post, cliccare su Archivio nel box a destra.

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    1. Grazie per i complimenti, caro Luigi, e per il tuo opportuno intervento da grande esperto in materia quale sei.

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  2. Ancora con questa klamath! Non se la fila nessuno, ed è piena zeppa di tossine.. Altro che salute..

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  3. Grazie per le delucidazioni, ne farò buon uso.

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