lunedì 2 aprile 2018

Artrite e medicina funzionale

Che il corpo umano non sia diviso in compartimenti stagni ce lo suggerisce in modo evidente la sua stessa anatomia: vasi sanguigni e linfatici trasportano i rispettivi liquidi vitali in tutti i distretti corporei attraverso le loro più minute ramificazioni; allo stesso modo quelle dei nervi collegano tutte le parti del corpo fra di loro e col cervello, il quale elabora tutte le informazioni ricevute e invia a sua volta in periferia i suoi stimoli in risposta. Non c'è dunque nemmeno bisogno di chiamare in causa le medicine tradizionali olistiche coi loro princìpi cui ho fatto cenno la volta scorsa per capirlo.

Eppure nella medicina moderna quando c'è qualcosa che non va in un organo o in una qualsiasi parte ben circoscritta del corpo ci si concentra di regola unicamente su quella senza porsi tante domande sui suoi possibili rapporti con tutto il resto e dimenticandosi di avere a che fare con una persona malata e non con una serie di pezzi sconnessi di cui individuare quello difettoso.

Forse l'esempio migliore ci viene da certi problemi oggi più che mai diffusi e che per lungo tempo sono rimasti incompresi, e non a caso, dalla medicina ufficiale, ossia quelli in cui appare  palesemente implicato il sistema immunitario.

Tenendo presente che quest'ultimo, per quanto appena detto, è un circuito che raggiunge e connette tutti gli organi e tessuti corporei, che il 70% di esso è localizzato nell'intestino, organo che  costituisce la radice del nostro organismo, essendo il luogo dove ciò che è estraneo a noi (il "non sè" proveniente dal cibo ingerito) viene in intimo contatto col nostro ambiente interno (il "sè"), non è difficile immaginare che le malsane moderne abitudini, soprattutto alimentari, abbiano ripercussioni non solo sull'intestino stesso ma anche sull'organismo intero.

Allergie, intolleranze alimentari e malattie autoimmuni, oggi diventate in breve tempo epidemiche, mentre fino a pochi decenni fa erano piuttosto rare, se non del tutto inesistenti,  pur sembrando condizioni molto diverse, hanno un filo conduttore che le unisce, avendo tutte origine in un intestino danneggiato le cui cellule di rivestimento della parete interna, separandosi tra loro in alcuni tratti, generano degli interstizi. Questa condizione conosciuta come iperpermeabilità intestinale fa sì che sostanze non ancora completamente digerite ed eventualmente virus, frammenti di batteri e loro tossine possano attraversare la mucosa intestinale e riversarsi così nel flusso sanguigno e linfatico, innescando reazioni immunitarie e conseguenti infiammazioni in quanto percepite come estranee ed inutilizzabili. Tra le cause ci sono senz'altro le alterazioni della flora batterica (disbiosi) e focolai infiammatori subclinici dovuti a presenza di depositi di muco e tossine sulla parete intestinale, tutte condizioni che provocano la formazione di vere e proprie fessure, dunque di varchi tra le cellule della mucosa, che normalmente sono ben adese le une alle altre tramite le cosiddette giunzioni serrate proprio per impedire il passaggio indesiderato di particelle e molecole troppo voluminose. E' poi opportuno aggiungere (anche perchè questo nessuno lo dice) che in una situazione come questa a trasformare l'intestino in una specie di colabrodo contribuisce il consumo di alimenti e bevande troppo yin a causa del loro effetto sui tessuti eccessivamente espansivo.

Un esempio ad hoc di questo fenomeno è l'artrite reumatoide, la più comune delle malattie autoimmuni che, assieme alle altre forme di artrite, colpisce più di 50 milioni di persone solo negli Stati Uniti. Si deve infatti considerare che il 30% della popolazione di età compresa tra 45 e 65 anni riceve una diagnosi di qualche tipo di artrite, un dato per giunta sottostimato in quanto non comprende quei soggetti che, pur soffrendo di qualche forma di questa malattia, non si sottopongono a visita medica o magari neanche sanno di esserne già affetti.

Almeno questo è ciò che dice la d.ssa Susan Blum, che grazie alle sue ricerche e a due decenni di esperienza con migliaia di pazienti guariti per mezzo della medicina funzionale  si può considerare fra gli esperti più all'avanguardia in questo tipo di patologie.

Come lei stessa sottolinea, pur trattandosi della principale causa di invalidità nel mondo, è un problema sottovalutato, dato che è opinione assai diffusa che acciacchi di questo genere siano un destino ineluttabile legato al processo di invecchiamento e dunque senza rimedio alcuno, come se il trascorrere del tempo fosse intrinsecamente causa di disabilità. Addirittura molti scoprono di avere l'artrite recandosi dal medico per altri motivi. In effetti la medicina convenzionale non sa dare risposte e tutto ciò che può fare è somministrare farmaci utili solo a lenire momentaneamente i sintomi dolorosi, aggravando però la condizione del sistema immunitario e dell'intestino e allontanando così la guarigione.

Inoltre le tante forme designate da altrettanti altisonanti nomi che la medicina accademica conferisce a questa patologia e le tante specializzazioni esistenti nella sua organizzazione non aiutano a fare chiarezza sulle cause profonde che, come ho detto più sopra, sono comuni a tutte le forme di artrite, come quella psoriaca o la spondiloartrite anchilosante, come pure ad altre malattie croniche degenerative. C'è poi da dire che anche altre malattie autoimmuni, come il lupus, si presentano spesso con l'artrite fra i vari sintomi che le accompagnano. Sappiamo benissimo però che chi ha, ad esempio, la tiroidite di Hashimoto va dall'endocrinologo, che non può far altro che curare la tiroide, chi invece ha l'artrite si rivolge ad un reumatologo e così via: tutti specialisti che non sanno che la malattia è sistemica e che le sue origini vanno ricercate altrove conoscendo la condizione generale e specifica del paziente.

Per restare nel nostro esempio, fra le varie forme di artrite  l'osteoartrite e l'artrite reumatoide costituiscono la grande maggioranza dei casi, ma tutte le sue forme di natura autoimmune e perfino l'osteoartrite, l'unica ad essere classificata diversamente, hanno in qualche modo a che fare con un intestino iperpermeabile o comunque disbiotico e con uno stato infiammatorio cronico, condizione quest'ultima del resto comune a tutte le malattie degenerative.

Come si legge anche nel suo ultimo libro, "Healing Arthritis" (non disponibile in italiano), la d.ssa Blum (che aveva già pubblicato "The Immune System Recovery Plan" dedicato alle malattie autoimmuni) sostiene, per quanto riguarda l'artrite reumatoide, che nelle articolazioni infiammate accurate ricerche hanno rinvenuto la presenza degli stessi lipopolisaccaridi contenuti nella parete cellulare di una specie patogena di batterio che popola l'intestino. E' dunque evidente che pareti intestinali integre non  consentirebbero il passaggio di molecole così grandi nel sangue per poi raggiungere il bersaglio in questione scatenando una reazione infiammatoria.

Ma, come dicevo poc'anzi, anche l'osteoartrite, da sempre considerata una patologia più di natura meccanica, si può ascrivere a situazioni di questo tipo. Si pensava infatti che il peso corporeo, se eccessivo (la malattia è strettamente correlata con l'obesità), possa esercitare uno stress sulle articolazioni e col tempo causare logorìo e irritazione delle cartilagini con conseguente infiammazione, ma il fatto che questa ipotesi non spiegasse la presenza della malattia nelle articolazioni della mano, non essendo evidentemente chiamate a sostenere alcun peso, ha fatto nascere molti dubbi sul suo fondamento. E infatti la ricerca ha poi dimostrato che non è come si pensava: è in realtà lo stato infiammatorio che accompagna il tessuto adiposo quando in eccesso a rilasciare leptina e altre citochine infiammatorie, che nelle articolazioni innescano l'infiammazione con produzione di radicali liberi e conseguenti danni alle cartilagini. Sappiamo inoltre dalle più recenti conoscenze nel campo della genomica e del microbioma che l'obesità ha molto a che vedere col tipo di flora intestinale.

Faccio notare che queste stesse correlazioni sono state messe in evidenza da altre due ricercatrici, l'immunologa Veena Taneja e la d.ssa Katherine Pochlmann. La prima ha pubblicato due studi su due riviste scientifiche che dimostrano come specifici test sul microbiota possano servire come strumento predittivo nei confronti dell'artrite reumatoide e come trattando topi affetti da questa malattia con Prevotella  histicola, un batterio probiotico, si ottenevano sensibili miglioramenti e senza gli effetti collaterali dei farmaci convenzionali.


Da quest'ultima considerazione e dopo tutto quanto finora detto si evince facilmente, come la stessa d.ssa Blum tiene a sottolineare, che queste malattie non sono affatto una conseguenza dell'invecchiamento (anche perché stanno conoscendo una diffusione sempre maggiore anche tra i giovani) e tanto meno inevitabili, ma soprattutto sono perfettamente guaribili in modo naturale senza farmaci, una volta individuate le giuste aree su cui intervenire. Il bandolo della matassa, come abbiamo ampiamente visto, sono gli stati infiammatori (comuni a tutte le condizioni degenerative) e l'intestino iperpermeabile e disbiotico. Ripristinare condizioni ottimali delle nostre radici biologiche e contrastare le infiammazioni è dunque l'imperativo che si pone per chi non si accontenta dei palliativi sintomatici della medicina convenzionale, ma aspira giustamente ad una guarigione definitiva.

Per realizzare ciò la d.ssa Blum ha messo a punto un programma in tre fasi che illustra nel dettaglio nel suo libro:

  • Nella prima ci si propone di ridurre il più possibile lo stato infiammatorio cominciando con l'eliminare per tre settimane dalla dieta gli alimenti che più frequentemente sono causa di intolleranze ed allergie: per sua esperienza questi sono il glutine, i latticini, la soja, il mais, le uova, lo zucchero e tutto il cibo-spazzatura industriale e infine le solanacee (pomodoro, patata, melanzana, peperone e tutti i tipi di pepe che, anche se molti non lo sanno, favoriscono le infiammazioni). Dopodiché si procede a reintrodurne uno alla volta per vedere a quale, o a quali, si è sensibili mangiandolo due volte al giorno per due giorni; su di un taccuino si annoteranno le eventuali reazioni all'alimento e come ci si sente, cosa che sarà utile alla fine dell'esperimento per tirare le conclusioni; in caso di reazione si smetterà di assumere l'alimento continuando ad annotare le differenze; se invece non si avvertiranno sintomi avversi, al terzo giorno di smetterà di mangiarlo e si passerà il giorno seguente all'alimento successivo.
  • Il secondo passo riguarda il ripristino delle condizioni di salute dell'intestino, che comprende prima di tutto l'uso di probiotici e prebiotici di qualità per il riequilibrio della flora, accertarsi poi che la secrezione biliare e gli enzimi pancreatici siano adeguati (una completa digestione è infatti fondamentale per ridurre le probabilità che frammenti di cibo indigerito possano attraversare la parete intestinale, come abbiamo visto); e a questo proposito per ripristinare la giusta permeabilità la dottoressa consiglia la polvere di l-glutammina (mi permetto di aggiungere che ci sono anche altri validi rimedi, come l'estratto di semi di pompelmo, l'agar-agar e il kuzu, una fecola di una radice selvatica dalle proprietà antinfiammatorie molto usata in macrobiotica soprattutto per rinforzare l'intestino); sempre per ottimizzare la digestione si consiglia il consumo di verdure amare, come cicoria, radicchio e carciofi, che stimolano il fegato nella sua funzione biliare, come pure l'uso di vegetali germogliati per la ricchezza di enzimi; anche il ghi, conosciuto pure come "burro chiarificato" e usato da millenni in India e nella medicina ayurvedica, si rivela utile come antinfiammatorio e per la ricchezza di butirrato, un acido grasso a catena corta fondamentale per l'intestino sano; si sconsigliano invece alcool e caffè perché possono influenzare negativamente il microbiota, mentre si consiglia vivamente il consumo di alimenti ricchi di fibra, fattore impescindibile per una buona funzionalità intestinale e per nutrire i batteri buoni, come molti già sanno.
  • Il programma si conclude col controllo dello stress, essendo noto il suo potere esacerbante sugli stati infiammatori, e col mantenimento delle condizioni raggiunte attraverso quello che giustamente viene riconosciuto come il fattore principale per promuovere la salute, quello preventivo per eccellenza, ossia la dieta, concetto ribadito dall'autrice, la quale indica nel modello mediterraneo il più adatto, enfatizzando però gli ortaggi vivacemente colorati per la loro ricchezza di antiossidanti (che sono fra l'altro antinfiammatori), i grassi buoni (quelli ricchi di omega 3 e poveri di omega 6) e gli alimenti senza glutine.
Niente di particolarmente nuovo, dunque, e un'ulteriore conferma della superiorità della dieta mediterranea, un patrimonio culturale che il mondo ci invidia ma che proprio noi non apprezziamo abbastanza.

A conclusione consiglio a chi capisce bene l'inglese parlato (magari aiutandosi con i sottotitoli che si possono richiedere nelle impostazioni) la visione di un'intervista alla d.ssa Susan Blum fatta dal dr. Mark Hyman contenuta in questo video.

Michele Nardella

 

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