lunedì 25 febbraio 2019

Comportamenti anomali e bizzarri in agnelli trattati con alluminio

L'annosa questione vaccini-autismo (e altri disturbi nervosi) sarebbe giunta al giro di boa, ma sono purtroppo ancora in pochissimi a saperlo.
A dispetto dei mai tanto dibattuti aspetti squisitamente scientifici, a tagliare la testa al toro ci aveva già pensato una notizia epocale riguardante un documento segreto del CDC incidentalmente venuto a galla che attesta in modo flagrante e inconfutabile la malafede degli scienziati, che sarebbero a conoscenza da tempo di tale nesso ma l'hanno sempre negato risolutamente (qui in fondo trovate un video che ne parla con dovizia di particolari), ma adesso si aggiunge un ennesimo studio (qualora i precedenti, compreso questo documento, non fossero bastati) pubblicato sulla rivista medica "Pharmacological Research" che, se non lo prova direttamente, rema decisamente in quella direzione.

Quanto sto per raccontare è in sostanza il contenuto espresso a parole mie di un articolo di Robert Kennedy jr. pubblicato sul suo sito "Children's Health Defense" (che invito a sostenere con una libera donazione), che trovate qui.

Si tratta di un esperimento messo in atto da ricercatori delle università spagnole di Saragozza e Navarra in seguito ad una epidemia scoppiata in Spagna tra il 2008 e il 2010 che aveva decimato il bestiame a causa di una malattia chiamata "febbre catarrale dei ruminanti", o più semplicemente "bluetongue" (che significa "lingua blu" perché contraddistinta da un colore cianotico della lingua degli animali affetti). L'epidemia si era verificata dopo una campagna vaccinale, circostanza che ha convinto i ricercatori a controllare clinicamente gli effetti del vaccino, come pure delle quantità equivalenti del composto di alluminio in esso contenute, usando come cavie 21 agnelli maschi suddivisi in tre gruppi, di cui uno ricevette una dose di vaccino, un altro un ingrediente a base di alluminio chiamato Alhydrogel usato sia in vaccini umani che animali, mentre ad un terzo si somministrò un placebo. Tutte le altre condizioni erano sotto stretto controllo.

Ebbene, in un programma che prevedeva 16 dosi vaccinali distribuite in 12 mesi, già dopo sette iniezioni gli animali presentavano segni evidenti di gravi anomalie, assenti invece in quelli che avevano ricevuto il placebo.

Sia gli agnelli vaccinati che quelli trattati solo col composto di alluminio mostravano infatti comportamenti asociali, fatto che salta subito all'occhio di qualunque osservatore dato che gli ovini sono notoriamente animali tipicamente gregari, cui si aggiungeva una spiccata aggressività che si esprimeva in irrequietezza generale, un modo di mangiare compulsivo e soprattutto in una tendenza a mordersi l'un l'altro strappandosi la lana di dosso: tutti segni evidenti di un sistema nervoso danneggiato e sotto stress. Da notare che i disturbi erano più pronunciati nei soggetti che avevano assunto il vaccino rispetto a quelli trattati solo con l'alluminio.

Agli esami del sangue poi risultava un elevato livello di cortisolo, come pure di globuli bianchi, sempre negli animali trattati col vaccino o solo con l'alluminio e non in quelli del gruppo placebo. Per entrambi i parametri questi alti livelli sono indicativi di una condizione di costante stress, ma durante l'esperimento non c'erano fattori stressanti, essendo tutto sotto controllo, dunque i risultati erano da imputare alle sostanze somministrate.

Inoltre in uno studio separato pubblicato su "Autoimmunity Reviews" gli stessi ricercatori esaminarono campioni di tessuti prelevati dal bestiame morto in seguito all'esperimento che evidenziavano la presenza di numerosi granulomi fino a due centimetri di diametro sotto pelle, come pure in linfonodi distanti dal punto di inoculazione. Granulomi che contenevano macrofagi (un tipo di globuli bianchi specializzati nel fagocitare organismi patogeni e altre sostanze indesiderate a scopo di protezione) pieni di particelle di alluminio. Anche in questo caso, come i ricercatori fecero notare, i noduli degli animali vaccinati erano più grossi e numerosi di quelli degli animali trattati con alluminio; assenti invece nel gruppo di controllo.

I risultati dello studio presentavano svariati punti in comune coi sintomi riscontrati durante la suddetta epidemia spagnola, tanto da potersi considerare la versione ovina di una patologia già vista negli umani e definita chiaramente nel 2011 col nome di "Sindrome Autoimmunitaria/Infiammatoria Indotta da Adiuvanti" (ASIA), come sostiene il Prof. Lluis Lujan del team di ricerca. Diversi immunologi, compreso l'israeliano Yehuda Shoenfeld, hanno riconosciuto che adiuvanti come l'alluminio (aggiunto ai vaccini per potenziarne la risposta immunitaria) possono in alcuni soggetti iperstimolare il sistema immunitario fino a provocare una reazione autoimmune, che può dar luogo alle più disparate patologie: dalla dermatite atopica all'artrite fino a severi disordini nervosi, incluse la sindrome di Guillain Barre e la sclerosi multipla. Come molti già sapranno, sono tutte malattie che hanno visto una crescente, vertiginosa diffusione negli ultimi decenni.

Di questo si è parlato fra l'altro in un simposio del 2002 supervisionato dal ricercatore dr. Gregory Poland della Mayo Clinic (USA), all'avanguardia nella ricerca su un uso limitato e personalizzato dei vaccini, durante il quale medici francesi hanno descritto una nuova malattia, la miofascite macrofagica (MMF), riscontrata in seguito ad iniezione intramuscolare di vaccini contenenti alluminio. I pazienti, le cui biopsie di tessuto muscolare rivelavano granulomi con macrofagi contenenti alluminio simili a quelli riscontrati nel bestiame dell'esperimento, presentavano estremo affaticamento muscolare, disturbi cognitivi e un quinto di essi malattie autoimmuni.

Altri recenti studi da parte di ricercatori francesi e inglesi sulla miofascite hanno confermato tutto ciò: in esperimenti su topi l'alluminio loro iniettato migrava nei linfonodi fino a spingersi in siti lontani, compreso il cervello, dove vi restava attivando uno stato infiammatorio persistente, come si è visto negli agnelli spagnoli.

Nel 2015 più di 75 fra immunologi e ricercatori hanno collaborato alla realizzazione di un testo, "Vaccines and Autoimmunity", in cui si passa in rassegna tutta la ricerca che suggerisce il nesso tra alcuni ingredienti dei vaccini e le malattie autoimmuni, focalizzandosi proprio sull'alluminio, la cui neurotossicità è testimoniata da più di 1100 documenti. Esso induce il sistema immunitario a scatenare una poco compresa catena di reazioni ed è contenuto in numerosi vaccini, inclusi quelli contro l'epatite A, l'epatite B, tetano-difterite, meningite e HPV.

A dispetto di tutto questo a livello ufficiale si continua a ignorare, a far finta di niente e a sdrammatizzare (il pediatra Paul Offit del Children's Hospital of Philadelphia rassicura i genitori dicendo loro che l'alluminio nei vaccini non è contenuto in quantità sufficienti a causare danno) e così i fabbricanti di vaccini ne approfittano per continuare sulla stessa strada: il vaccino Gardasil 9 introdotto nel 2015, per esempio, ha una quantità doppia di alluminio rispetto al suo predecessore.

E' un dato di fatto che disturbi come ansietà e disordini compulsivi come quelli notati negli agnelli spagnoli, come pure malattie autoimmuni, sono aumentati drammaticamente in anni recenti senza aver ricevuto dalle autorità una spiegazione convincente. Tuttavia uno studio del 2017 della Yale Pennsylvania State University riferisce che pazienti pediatrici diagnosticati come affetti da disordini psichiatrici a causa di comportamenti ossessivo-compulsivi e anoressia nervosa di solito erano stati vaccinati tre mesi prima della loro diagnosi. A conferma di ciò, avvalendosi di dati forniti da una compagnia di assicurazione sulla salute, il prof. James Leckman, pediatra, e quattro altri ricercatori trovarono che il numero di bambini vaccinati fra quelli diagnosticati con anoressia, ansietà, ADHD e disturbi ossessivo-compulsivi appena tre mesi dopo la vaccinazione era significativamente più alto comparato al numero di bambini non vaccinati.

Alla luce di tutto ciò si capisce che i risultati dell'esperimento sugli ovini forniscono preziosi indizi sulla patogenesi dei disordini psichiatrici e così anche la correlazione vaccini-autismo, tanto ostinatamente e categoricamente negata, diventa più che plausibile.

I sintomi della sindrome ASIA degli ovini esibiti dal bestiame falcidiato dall'epidemia spagnola trovano dunque una conferma scientifica nello studio suddetto, anche se il quadro clinico completo manifestatosi durante l'epidemia spontanea non sempre si può riprodurre in laboratorio. Questo perché nella sindrome ASIA il vaccino è una causa necessaria ma non sempre sufficiente, come sottolinea il Prof. Lujan. Affinché la malattia si manifesti appieno sono necessari altri fattori esterni stressanti, come ad esempio il freddo, mentre gli animali dell'esperimento erano tutti giovani, maschi e tenuti in condizioni controllate e confortevoli, appunto per evitare interferenze che potessero falsificare l'interpretazione dei risultati. Figuriamoci come sarebbe stato con pecore adulte tenute libere all'aperto e al freddo...

 

Michele Nardella 

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