lunedì 11 ottobre 2010

"Energy Training" parte seconda (la pseudo-salute)


Nella precedente puntata concludevo dicendo che oggi, nonostante l' enorme mole di conoscenze a disposizione maturate attraverso gli incessanti progressi scientifici e il gran clamore che puntualmente li accompagna, nonostante il tema della salute sia

più che mai al centro dell' attenzione nella nostra società, non c'è una cultura della salute (per lo meno nel senso di cultura di qualità), nè ovviamente la salute stessa.

Per capire questo paradosso bisogna che ci rendiamo conto che tutte le manifestazioni di una società hanno un comune denominatore.

Esse non sono evidentemente casuali, ma il risultato di pensieri, azioni, comportamenti che si esprimono quasi sempre in maniera inconscia e automatica, essendo radicati, ispirati a dei postulati filosofici, ossia a un modello che è a fondamento della sua cultura.

Per quanto ci riguarda, questo modello è quello meccanicistico-materialistico (detto anche riduttivo) che è emerso a partire dal Rinascimento e che, prendendo corpo sempre più, ha caratterizzato quella che è conosciuta come l' Età Moderna.

La sintesi di questo lungo processo è rappresentata dal pensiero scientifico, che ha fornito la base filosofica e la direzione di sviluppo della medicina, nonchè condizionato la nostra stessa visione del mondo e della vita.

Insomma, per tornare al nostro discorso, il nostro modo di intendere la salute, di valutarla e soprattutto di gestirla non può prescindere da queste precise premesse, essendo nient'altro che il risultato di tutti i condizionamenti socio-culturali che abbiamo subìto dalla nostra nascita in poi, e cioè del tipo di educazione ricevuta e delle opinioni dei rappresentanti della scienza.

E' dunque nel suddetto modello riduttivo, nei suoi limiti intrinseci, che si deve cercare la risposta a tutti i conti che oggi non tornano.

Non sorprende dunque il fatto che nè la gente comune, anche istruita, nè gli specialisti, cioè i professionisti che operano nel campo della salute, abbiano di questa un concetto quanto mai superficiale e inadeguato.

Ho sempre notato infatti che, per qualche motivo a me ancora oscuro, ognuno è portato a sopravvalutare la propria condizione, quasi fosse un disonore ammettere qualche acciacco o malessere, o forse perchè per distrazione non ci tornano in mente tanti sintomi, tante noie di cui abbiamo sofferto (e che magari ci tornano periodicamente, o quando se ne presenta l' occasione) e altre "piccole" cose del presente. Spesso, infatti, basta indagare più a fondo per scoprirne una marea.

"... Ma a parte questo, sto bene !", si sente dire sovente dall' interessato in questi casi.

Sembra una barzelletta, e invece è la realtà.

Molti di questi disturbi, poi, non sono considerati neanche tali, solo perchè estremamente comuni, o si credono legati all' età, cioè un tributo necessario all' inesorabile scorrere del tempo.

In queste superficiali valutazioni che affogano in un mare di banalità e luoghi comuni, poi, è quasi sempre escluso tutto ciò che è inerente alla sfera psichica e comportamentale, come se la condizione di una persona non si manifestasse anche in questi ambiti.

In realtà ciò di cui si stà trattando, ciò che si cerca di conseguire o preservare è la pseudo-salute, che si può riassumere nelle seguenti condizioni: assenza di sintomi gravi, oppure assenza di sintomi clinicamente rilevabili.

Naturalmente ad alimentare questa cultura della pseudo-salute danno manforte gli stessi rappresentanti della scienza, che probabilmente non sanno neppure cosa sia la salute, visto che negli studi di medicina, che si occupano esclusivamente di malattie, non se ne parla mai.

Forse perchè si dà per scontato che ognuno sappia cosa sia.

Infatti tutti sanno che ... si tratta di una condizione caratterizzata da totale assenza di sintomi (più precisamente, quelli investigabili con gli strumenti e le metodologìe dell' indagine clinica), da parametri fisiologici nella norma, cioè nella media statistica di una data popolazione, e che tale condizione è privilegio di pochissime persone fortunate, che per questo devono ringraziare i loro cromosomi traboccanti di geni sani, forti e a prova di errore genetico.

Tuttavia si tratta di una condizione transitoria, perchè prima o poi anche le persone più sane sono destinate a fare i conti con la malattia.

Ed ecco a questo punto il provvidenziale intervento del medico (quello con tanto di laurea incorniciata nel suo studio), l' unico (chi altri se no?) che può darci la (pseudo) guarigione e restituirci, attraverso la rituale e immancabile somministrazione di adeguati farmaci, la tanto agognata salute, perchè solo lui ha la preparazione derivante da studi seri.

Di prevenzione poi non è neanche il caso di parlare, dato che malattie e incidenti, si sa, incombono su ognuno di noi come una spada di Damocle, pronta a colpire chiunque in qualsiasi momento e quando meno ce lo aspettiamo, potendo fare noi ben poco in questo senso.

"Poteva capitare a chiunque", si dice spesso (o si pensa) in questi casi.

 Ma niente paura : per fortuna i ricercatori, nella loro notoria ed indefessa dedizione al bene dell'umanità, grazie ai loro promettenti studi genetici, riusciranno, forse prima di quanto ci si aspetti, a liberarci da qualsiasi malattia e sofferenza attraverso mirati interventi di manipolazione genetica, e chissà... forse un giorno potrebbero regalarci persino l' immortalità.

Preferisco fermarmi qui, lasciando gli scienziati al loro delirio di onnipotenza e consolandomi del fatto che per fortuna esistono persone come Francesca Forcella e Italo Cillo che la pensano diversamente.

Ma di questo e di molto altro parlerò la prossima puntata, quando riprenderò il discorso dal punto in cui l' ho lasciato.

Michele Nardella

ben2


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