martedì 27 settembre 2011

Big Pharma: la più colossale industria mondiale (quella della malattia) non conosce mai crisi

presw Maggio 10th, 2011

Nel 2009 gli Italiani hanno consumato 926 dosi farmacologiche al dì ogni 1000 abitanti (cioè, in pratica, ogni italiano ha consumato in media una dose al giorno), e si tratta di una tendenza

in crescita, se si pensa che nel 2000 tale cifra era di 580: in poco meno di dieci anni la quantità, già elevata, è quasi raddoppiata!

La spesa farmaceutica in Italia ha ormai superato i 25 miliardi di euro, col 75% a carico del servizio sanitario nazionale, e non è che negli altri Paesi industrializzati vada meglio.

Di fronte a questi dati non si ha alcuna difficoltà a credere, qualora già non si immaginasse,  che quella farmaceutica è l’ industria coi maggiori profitti al mondo: batte persino droga e pornografìa messe insieme.

E da qualunque aspetto la si voglia considerare, la situazione sanitaria nel mondo è qualcosa di semplicemente allucinante, che supera spesso la stessa immaginazione, compresi gli scandali che assurgono alla cronaca, che sono solo la punta di un enorme iceberg brulicante di vermiciattoli parassiti.

Il solo fatto che la quasi totalità della ricerca e della produzione di farmaci sia privatizzata è più che sufficiente a farci riflettere e a insinuare nella persona più ingenua e disinformata legittimissimi dubbi molto difficili da dissipare.

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 Che Silvio Garattini non si possa considerare precisamente un simpatizzante delle terapìe alternative penso sia chiaro a tutti quelli che lo conoscono, e se dovessero esserci dubbi, basta guardare il video, contenuto nel mio articolo “Omeopatìa sì, omeopatìa no“, in cui dibatte con Christian Boiron sull’ annosa e ben nota questione riguardante questa tanto controversa medicina.

Ebbene, egli stesso che, lo voglio ricordare, è direttore dell’ Istituto Mario Negri per la ricerca farmacologica, ha più volte dichiarato pubblicamente che la maggior parte dei farmaci  sono inutili, essendo in pratica duplicati di altri farmaci già esistenti sul mercato. E se lo dice lui…

Inoltre non perde occasione di evidenziare irregolarità e comportamenti sospetti da parte dell’ industria farmaceutica, come quando ha denunciato una certa consuetudine nella politica promozionale dei nuovi farmaci.

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Dovete sapere infatti che gli articoli scientifici che documentano la sperimentazione  clinica relativa all’ impiego di nuovi farmaci costituiscono la base per redigere altri articoli più sintetici e con finalità divulgative, che si rivolgono a quei medici che eventualmente prescriveranno il prodotto presentato, ma che raramente hanno il tempo o la voglia di andarsi a leggere i lavori originali.

E fin qui niente di male. Il bello è che, nello sforzo di rendere la presentazione più semplice e concisa, le industrie, incaricando appositamente degli esperti (che rimangono anonimi), colgono questa opportunità per far descrivere i farmaci nel modo più favorevole possibile, soprattutto per quanto riguarda la parte riassuntiva, che è quella che rimane meglio impressa nella mente del lettore.

Questo significa, come si può facilmente immaginare, minimizzare eventuali effetti indesiderati (cosiddetti collaterali) e al contempo enfatizzare quelli positivi.
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Negli Stati Uniti ha fatto abbastanza scalpore il caso, pubblicato su “Plos Medicine“, di una serie di articoli (dei cui documenti è entrata in possesso la Giustizia Federale) che riportavano commenti favorevoli sui risultati di una terapìa ormonale in menopausa, mitigando il rischio di tumore mammario ed esaltando benefici di dubbia base scientifica, come nella prevenzione cardiovascolare, morbo di Parkinson e di Alzheimer (e perfino delle rughe).
 
Un altro comune esempio di comportamento interessato e con scarse prove a sostegno riguarda la tanto raccomandata vaccinazione anti-influenzale, la cui efficacia è stata fortemente messa in dubbio da Tom Jefferson, l’ esperto in questo campo della Cochrane Collaboration, una iniziativa internazionale no-profit nata con lo scopo di raccogliere, valutare criticamente e diffondere le informazioni relative all’efficacia degli interventi sanitari. 

 Essa ha passato al setaccio 75 studi sperimentali, cosiddetti  “controllati e randomizzati”, constatando che in realtà soltanto uno si poteva considerare affidabile, perchè era l’ unico che usava il numero degli infettati dal virus influenzale come parametro finale, mentre tutti quanti gli altri prendevano in considerazione elementi indiretti, come la presenza di anticorpi nel sangue, oppure semplicemente non potevano essere tenuti in considerazione a causa della scadente qualità.

 Il rapporto concludeva che l’ efficacia della vaccinazione anti-influenzale negli anziani (cioè quella fetta di popolazione maggiormente incoraggiata a vaccinarsi) era nella migliore delle ipotesi molto modesta.
                  
Ma su questo spinoso argomento ci sarebbe da dire abbastanza da riempire interi libri e non ho certo la pretesa di aver detto chissà che in queste poche righe, perciò mi riprometto di ritornarci su, cercando soprattutto di far capire quanto ognuno di noi contribuisca ad alimentare questo bubbone sociale.

Nel frattempo ci si può godere il video qui in basso:




Michele Nardella

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