mercoledì 30 maggio 2012

"Il Gusto della Gioia" (i suggerimenti dietetici di Yogananda)

Paramahansa Yogananda
Ecco l' ennesimo libro sulle diete salutiste che propugna verità tanto suggestive da sembrare indiscutibili.

In realtà non mi ci è voluto molto per capire che in questo "Il Gusto della Gioia", con tutto il rispetto per Yogananda, ce n' è abbastanza su cui avrei da ridire, e non nascondo che il motivo principale per cui mi son deciso a recensirlo è che esso mi dà l' opportunità di chiarire dei concetti tanto diffusi e radicati quanto privi di fondamento.


In ogni caso, in un panorama costellato da un' infinità di ricettari fedeli al più assoluto tradizionalismo gastronomico e di riviste patinate immancabilmente inflazionate di ricette dove l' onnipresenza di cibo animale (quasi sempre carne e latticini) e/o zucchero e farine raffinate è una regola che non sembra contemplare eccezioni, avrò contribuito a far conoscere un libro che si discosta astronomicamente dalle solite proposte e, almeno nelle intenzioni, si pone come obiettivo primario  il pieno benessere, e non  il soddisfacimento effimero e a tutti i costi del palato.

E a tal proposito c'è da mettere in evidenza come l' autrice, ispirandosi agli insegnamenti del grande maestro spirituale indiano Paramahansa Yogananda, nel mettere in evidenza come il cibo influisca anche sullo stato mentalespirituale (concetto  che già il titolo stesso del libro suggerisce, ma di cui di solito non si tiene conto, essendo condizionati a pensare a ciò che si mangia come ad un fattore che influenza il nostro peso-forma o poco più), contribuisca a rivalutarne tutta la sua importanza.

Ben venga dunque un libro per il resto imperniato sui principi generali di una sana alimentazione, certamente molti dei quali risaputi e condivisibili, ma che non è mai superfluo ripetere, soprattutto se si tiene conto che chi si avvicina a  libri simili è quasi sempre un neofita.

E proprio per quest' ultimo motivo è dedicato molto spazio alle ricette (più di metà del libro), essendo del tutto ovvio che chi è interessato a cambiare abitudini alimentari ha bisogno di validi spunti e di esempi pratici per cominciare a sperimentare.

Molto spesso infatti, non avendo alcuna idea di come sia costituita una dieta alternativa, chi sente per la prima volta parlare di diete vegetariane o vegane (che notoriamente propongono di rinunciare in parte o del tutto al cibo animale), spontaneamente e automaticamente chieda: "Ma allora che cosa posso mangiare?"

Alcuni poi pensano che rinunciare alla carne, ed eventualmente a tutti gli altri cibi animali, significhi rassegnarsi a dover ingurgitare controvoglia squallidi piatti a base di verdure e frutta, come se non esistessero altri cibi  vegetali, e come se non fosse possibile realizzare con semplici ingredienti deliziosi manicaretti.

Ben venga allora un libro che, proponendo ricette interamente vegetali ( a parte una sporadica presenza di alcuni latticini), si prefigge anche di sfatare diffusi pregiudizi culturali che tengono lontana la maggior parte delle persone da un positivo cambiamento di abitudini.

Ma adesso veniamo a quelli che considero i punti deboli di questo  vademecum.

1) Considerare la frutta  praticamente sinonimo di salute, per cui più se ne mangia, meglio è. Ed è il motivo che induce molti a ritenerla alla base della dieta umana, come se i suoi preziosi principi nutritivi non si potessero reperire altrove, e senza fare altre considerazioni.

La frutta però non può essere eletta ad alimento cardine nell' alimentazione umana per diverse ragioni: essa ha una composizione molto squilibrata, essendo molto povera di proteine e grassi, e decisamente ricca di carboidrati. Per giunta si tratta di zuccheri semplici, e non di quelli complessi (amidi) a noi più congeniali a causa del più lento assorbimento, come tutti i più autorevoli nutrizionisti sentenziano; la sua percentuale di acqua è significativamente più elevata di quella del corpo umano. Questo, assieme alla presenza di altri fattori ad effetto espansivo (rapporto Na/K, zuccheri semplici, ecc.), ne fa un alimento piuttosto lontano da un equilibrio ottimale anche da un punto di vista puramente energetico (che non viene mai considerato).

Un equilibrio decisamente più vicino alle esigenze umane si ritrova invece nei cereali integrali, che contengono le principali categorie di nutrienti pressochè nelle stesse proporzioni (in peso) in cui sono richieste dall' organismo umano (in particolare il rapporto fra proteine e carboidrati: 1 a 7). Perciò è del tutto logico attribuire loro il ruolo di alimento base.

Del resto la storia insegna che è sempre stato così presso ogni popolo, con poche eccezioni, e le tradizioni, si sa, non sono mai il frutto del caso.

E a corroborare questa tesi è opportuno chiamare in causa la storia dell' evoluzione biologica, che ci dice che alla comparsa di una nuova specie vegetale è sempre seguita una specie animale sviluppatasi su quella base. Perciò se all' epoca della frutta corrisponde la comparsa delle scimmie,  il successivo avvento dei cereali ed altri semi ha fatto sì che i più antichi primati evolvessero allo stadio umano attuale.

2) Un altro luogo comune molto diffuso riguarda la convinzione che il cibo crudo sia intrinsecamente da preferire a quello cotto.

Chi ragiona così si basa evidentemente solo sugli aspetti molecolari del cibo, e sulla credenza che una maggiore quantità di nutrienti, che verrebbero distrutti con la cottura, implichi automaticamente un vantaggio.

In realtà le cose non funzionano in modo così semplicistico, perchè il corpo utilizza bene determinate sostanze solo quando si verificano le condizioni favorevoli, cosa che una dieta di alimenti crudi non sempre contribuisce a determinare.

I cibi crudi infatti sono energeticamente vuoti, freddi (al contrario di quelli cotti, che riscaldano, tonificano e sono anche più digeribili) e perciò non sempre e non a tutti possono andare bene: provate a seguire una dieta del genere in inverno, quando fa molto freddo e vedrete che questo è il modo migliore per ammalarvi, a dispetto di tutte le vitamine ed antiossidanti di cui avrete fatto incetta.

3) L' uso quotidiano di succhi di frutta e verdure, come viene consigliato nel libro in esame, contravviene al principio di integralità degli alimenti. Solo in quelli completi infatti si ritrova il naturale equilibrio fra tutti i loro componenti che li rende pienamente efficaci. Equilibrio che viene rotto ogni qual volta li si manipola, eliminando alcune loro parti, come avviene con la raffinazione e, appunto, con la spremitura.

E per dimostrare che non si tratta di un dogma astratto privo di significato pratico, ci viene incontro la scienza: è risaputo che l' indice glicemico di un succo è più elevato rispetto a quello del vegetale intero da cui è stato estratto, e oramai sappiamo benissimo quanto sia importante che questo parametro sia il più basso possibile.

4) In queste diete vegetariane/vegane  si fa uso e si consiglia con disinvoltura qualsiasi vegetale, dalle mele alle banane, senza distinzione sulla loro origine geografica, preoccupandosi solo di reperire le giuste vitamine,  i giusti minerali e quant'altro.

Ancora una volta si tratta di un criterio basato su una visione materialistica e incompleta della realtà e che non si può definire ecologico.

Ogni organismo vivente non può prescindere dall' ambiente in cui vive, perchè con esso si trova ad interagire costantemente, perciò se vuole intrattenere un rapporto armonioso con esso, condizione imprescindibile per uno stato di salute e benessere, deve adattarvisi, e lo può fare scegliendo il più possibile alimenti provenienti da quello stesso ambiente.

Ogni cibo infatti contiene in sè l' informazione dell' ambiente che lo ha generato, che perciò viene trasmessa all' organismo che se ne nutre. Informazione che però non è ascrivibile solo al tipo di molecole in esso contenute (ammesso che si possa conoscerle tutte), ma all' insieme delle sue caratteristiche, anche non fisiche, come forma, dimensioni, sapore e tante altre.

Ovviamente  queste considerazioni esorbitano dagli angusti limiti della scienza ufficiale, che fa le sue valutazioni unicamente in base ai componenti chimici, e perciò non sono prese in considerazione perchè "non scientifiche".

In realtà tutto ciò dimostra solo l' inadeguatezza  nella comprensione dei fenomeni vitali da parte di una scienza che considera vero solo ciò che riesce a dimostrare coi suoi metodi.

Ma una volta compreso che un insieme non è mai uguale alla mera somma delle sue parti, si capisce anche che si tratta di un principio universale da applicare con coerenza in tutte le problematiche ecologiche, cioè quando si considerano sistemi che interagiscono con altri sistemi.

A questo punto diventa chiaro che il famoso santone yoga, essendo scomparso nel 1952, non poteva sapere ciò che si sarebbe scoperto in seguito fino ai giorni nostri, e perciò le sue indicazioni erano meramente empiriche.

Egli faceva riferimento sostanzialmente alla tradizione dietetica, soprattutto dei praticanti yoga, del suo paese d' origine, l' India, dove per il clima caldo e per l' indole dei suoi abitanti (notoriamente tranquilli e inclini a pratiche religiose ed ascetiche), una dieta come quella descritta e consigliata nel libro era piuttosto adeguata alle esigenze locali (la frutta, la verdura, i cibi crudi in genere e i latticini come il latte e lo yogurt rinfrescano e rilassano).

Insomma, per capire se e perchè una dieta funziona, bisogna partire dal concetto che tutto è relativo. Sarà banale, ma raramente se ne tiene conto.

E così, sempre in base a questa considerazione, è possibile capire anche perchè diete simili trovano così tanti convinti sostenitori: chiunque passi da una dieta moderna, che è quanto di più innaturale e squilibrato, ad un regime più decente noterà dei benefici, almeno nell' immediato.

Lo stesso Yogananda, avendo trascorso la maggior parte della sua vita negli USA, si rivolgeva coi suoi insegnamenti soprattutto agli americani, ossia al popolo peggio nutrito al mondo, e quindi sicuramente sapeva di dare buoni consigli nel proporre una dieta avanti anni luce a quella americana standard.

Il Gusto della Gioia - Libro Da non perdere


Michele Nardella

6 commenti:

  1. am fost 3 ani la yoga si am multe carti cu alimentatie fara foc.

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    1. Si prega, per cortesia, di esporre i commenti in lingua italiana.
      Altrimenti che capiamo?

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  2. c'è da considerare,però,forse nel libro non è descritto ,ma parla genericamente di frutta..che il Fruttariano,considera frutta tutto ciò che pende dalla pianta...quindi anche gli ortaggi,legumi,e alcuni tipi di verdure che possono considerarsi..frutti,come i carciofi e perchè nò,anche i cavoli,il cui fusto sarebbe sottoterra...per il resto ,sono d'accordo....non si può vivere solo di un alimento specifico...se fosse solo frutta..considerata tale..non sarebbe buono,ma il fruttariano....non considera Frutta,solo quella che classicamente intendiamo....:-))

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    1. Non credo esista un equivoco del genere. Ci sono nel libro riferimenti espliciti ai vari tipi di frutta. E poi, perchè si dovrebbe considerare frutta tutto ciò che produce una pianta?
      Il rigoroso rispetto della proprietà di linguaggio è di importanza fondamentale, altrimenti come facciamo a capirci?

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  3. Grazie per questo articolo. E' molto ben fatto e, anche se non leggerò il libro, con quei punti esplicativi in cui discordavi dall'autore hai espresso dei concetti alimentari molto importanti! Condivido, come al solito! :)

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    1. Grazie a te.
      In effetti ci tenevo a chiarire quei punti, perchè sono ancora fonte di incomprensioni fondamentali, che portano spesso ad accese discussioni, come mi è recentemente capitato su Facebook.
      Anzi ti dirò che sto progettando da tempo di scrivere qualcosa su un altro argomento particolarmente oggetto di controversie, quello che riguarda la presenza o meno del cibo animale nella dieta.

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