giovedì 24 maggio 2012

Come si controlla l' informazione (lettera aperta al "Corriere della Sera")

il Prof. Franco Berrino
Nella rubrica "Salute" del "Corriere della Sera" del 13 maggio scorso c' era un servizio di due pagine (quattro facciate) il cui titolo, riportato a caratteri cubitali, "Mangiare da malati per vivere sani?", non dava adito a molti dubbi sul  tono del contenuto.

Di  questo servizio riporto l' articolo principale al seguente link: "Dobbiamo davvero privarci di tutto ciò che ci piace?".

Voglio segnalare anche il dibattito
sul tema trattato sul giornale seguito qualche giorno dopo, cui ha partecipato l' ormai celeberrimo Prof. Franco Berrino,  la massima autorità in Italia nel campo dei tumori, e anche di questo fornisco il link per accedere al video: "I nuovi tabù alimentari".

Vi consiglio di non perdervelo perchè non è facile da trovare in rete. Inoltre è davvero interessante perchè  questo incontro mi è sembrato meno... addomesticato di quanto ci si potesse aspettare, considerati i soliti luoghi comuni di cui erano infarciti gli argomenti trattati sul giornale. Solo Berrino mi ha un pò deluso, essendosi mostrato piuttosto abbottonato sul tema dei latticini (immagino per motivi tutt' altro che di natura  scientifica).

Il suo intervento è comunque stato brillante come al solito e utile a confermare, qualora ce ne fosse ancora bisogno, due concetti importanti a proposito dei più diffusi miti in materia di nutrizione:

Contrariamente a quanto i soliti "esperti" si ostinano ancora oggi ad affermare, non esiste una sola prova che dimostri una qualche utilità del latte nel prevenire l' osteoporosi, inoltre tutte le famigerate diete iperproteiche e a basso tenore di carboidrati, oggi tanto in voga, sono un modo decisamente sbagliato di affrontare i problemi di sovrappeso.

Tutto ciò mi ha fornito le motivazioni per scrivere al Corriere un commento su quanto si legge nel suddetto servizio, che tende palesemente a ridimensionare gli allarmismi che si stanno diffondendo in questo campo, in contrasto quindi con quanto emerge dal dibattito.

Naturalmente, come volevasi dimostrare,  non ho ricevuto  replica alcuna, il che dice tutto.

Ecco dunque il testo della mia email:

<< Salve,

sono stato molto titubante nel decidermi a scrivere, in quanto l' esperienza mi dice chiaramente che non è il caso di attendersi una risposta da chi non è interessato ad ascoltare. Ma visto che c'è un esplicito invito ad intervenire in questa discussione sulle controversie in campo alimentare, voglio, se non illudermi di poter ottenere un riscontro, almeno avere la soddisfazione di potermi sfogare e far leggere quanto ho da dire ai lettori del mio blog, www.ilmioblogolistico.it.

L' unica cosa su cui sono pienamente d' accordo su quanto ho letto nel servizio è che non esiste altro campo in cui si senta dire tutto e il contrario di tutto come in quello della nutrizione.

Già questa premessa dovrebbe essere sufficiente a stimolare chiunque sia animato da genuino desiderio di conoscenza a cercare le giuste risposte, ma forse è pretendere troppo da chi è responsabile di quell' accozzaglia di superficialità, qualunquismo e luoghi comuni ormai penosamente logori che è il servizio in parola.

Dunque, da quanto si legge sembra che vada tutto bene nel modo comune di alimentarsi: il latte va bene, il formaggio va bene, la carne va bene, le farine raffinate vanno bene, persino prodotti tradizionalmente considerati poco salubri, come i salumi e lo zucchero vanno bene.

L' importante è... non esagerare.

Ma và, e chi l' avrebbe mai pensato! Evviva la crema della scienza, dunque, senza la quale noi poveri ignoranti saremmo irrimediabilmente perduti!

Penso che una qualsiasi massaia dotata della sola licenza elementare non avrebbe potuto fare considerazioni più banali.

La sensazione che si ricava dalla lettura è di avere a che fare con chi vuole caparbiamente continuare a portare i paraocchi,  a dispetto di una società che procede ineluttabilmente verso un rinnovamento culturale radicale, e pensa di cavarsela con la politica del "cerchiobottismo" (non potendo negare più l' evidenza, si ricorre ad un compromesso).

Del resto l' affermazione contenuta nel titolo, "Mangiare da malati per vivere sani?", fortemente viziata dai pregiudizi culturali di una società che non conosce altro cibo che la solita bistecca, la pasta al pomodoro, il latte con tutta la sua corte di formaggi, i salumi, la pizza e tutto il cibo-spazzatura dell' industria dolciaria e del fast-food, è già tutto un programma: si dà  a priori sempre  per scontato che cosa è gradito al proprio palato (corrotto) e cosa non lo è, e naturalmente questo resta l' unico criterio per decidere cosa mangiare.

Insomma, un prolema travisato posto in termini completamente sbagliati.

Inutile chiedersi se chi ne è l' autore abbia mai cercato di capire perchè "certi"  cibi piacciono tanto, perchè sono proprio i più deleteri (guarda caso) ad attrarre di più, perchè più le persone sono avvezze a certe abitudini negative, più trovano difficile cambiarle, dal momento che un simile problema probabilmente non se l' è mai posto.

Porsi questi interrogativi sarebbe invece già un modo intelligente di affrontare la questione, e questo semplificherebbe di molto il  rapporto col cibo.

Tuttavia non mi sorprende affatto tutta questa resistenza al cambiamento: essa è la normale reazione del sistema al fatale avanzamento della cultura alternativa, che trova nella salute ( e non nella pseudo-salute, che è poi quello che si intende comunemente) uno dei nuovi valori fondamentali da perseguire.

L' industria della malattia (quella del cibo-spazzatura, per intenderci, della carne e dei latticini in combutta con quella farmaceutica, che in questa situazione ci va a nozze) può stare a guardare? Può ammettere che ciò che produce serve solo a peggiorare la salute pubblica? Ovviamente no; un medico o uno scienziato che abbia sempre sostenuto che il latte fa bene e aiuta a combattere l' osteoporosi può riconoscere pubblicamente di aver preso un granchio e chiedere scusa per il disturbo? Ovviamente no.

Bisogna assolutamente mantenere lo status quo, e questo va fatto a tutti i costi, difendendosi a suon di grossolane bugie e libere interpretazioni basate su una personale (e cioè limitata e discutibile) visione dei problemi, tanto i "non addetti ai lavori" non se ne accorgeranno mai.

Ed ecco allora i principali mass media far da cassa di risonanza alla voce del sistema, essendo da sempre suoi fedeli alleati.

Perchè su questi non si leggono mai notizie eclatanti che mettono in discussione  comuni convinzioni?

S' è mai parlato del "The China Study", il più imponente, vasto, approfondito, lungo studio (27 anni) mai compiuto al mondo in campo nutrizionistico, le cui conclusioni sono molto diverse dalle solite stupidaggini e banalità che si ritrovano sulla stampa generalista?

Perchè gli unici interventi pubblicati (come quello di cui mi sto occupando) sono sempre a sostegno delle idee conservatrici in materia di nutrizione (come magari certi titoli ad effetto vogliono sottolineare)?

Perchè non si parla mai dell' enorme onere che le sciagurate abitudini alimentari comportano nei confronti dell' ambiente e delle torture inflitte ai poveri animali (già, ma questo non interessa a nessuno, perchè gli animali sono solo "cose" da usare per i nostri comodi)?

La risposta è quanto di più ovvio, e purtroppo, oltre al silenzio, il modo per conservare credibilità per la linea culturale dominante c'è.

Il trucco è semplice, ed è sempre lo stesso: considerare solo ciò che fa comodo, vedere solo ciò che si vuole vedere. Il che significa isolare un particolare dal suo contesto e richiamare l' attenzione  su quello, trascurando tutto il resto che potrebbe suonare contraddittorio. E così ognuno può dimostrare quello che vuole.

E a proposito delle stupidaggini cui accennavo poco prima, quella del ricercatore Andrea Ghiselli merita senz' altro il premio Nobel, quando dice che, se noi siamo gli unici animali a guidare l' auto e a scrivere sui giornali, questo non è un motivo per smettere di farlo, in risposta a chi fa notare che nessun animale adulto si nutre di latte, come invece facciamo noi.

E che cavolo c' entra questo con la presunta necessità di nutrirci di latte? Forse perchè gli animali sono incapaci di leggere e di usare internet hanno meno bisogno di noi di calcio, per cui loro possono accontentarsi di procurarselo da fonti meno "nobili"?

L' ossigeno, per fare un esempio banale, necessita tanto all' uomo quanto al cane, al gatto, al cavallo, al topo, alla balena, al serpente e alla formica: non c'è alcuna differenza da questo punto di vista, per cui non si capisce perchè, se tutte le specie animali (e si parla quindi di parecchie migliaia, mica di una mezza dozzina... ) possono fare a meno del candido alimento, noi umani dovremmo esserne dipendenti a vita.

Non posso soffermarmi su tutte le approssimazioni (e omissioni) contenute nell' articolo, ma ci tengo a rispondere alla più grossa panzana che si legge, sempre a proposito del latte: non c'è niente che dimostri che il consumo regolare di questo alimento nell' età preadulta sia il miglior modo di "capitalizzare" le riserve di calcio. Chi sostiene questo è in errore, oppure in malafede.

Per essere assimilato in modo ottimale, questo minerale deve trovarsi rispetto al fosforo in un rapporto di almeno 2 a 1, mentre nel latte vaccino tale rapporto è appena superiore ad 1 a 1. Ci sono vegetali con un rapporto molto più favorevole.

Del resto, per tagliare la testa al toro è sufficiente fare una semplice considerazione: la maggior parte dell' umanità non consuma latticini, o ne consuma quantità davvero modeste, e sono le stesse popolazioni che presentano il più basso tasso di osteoporosi e fratture ossee al mondo.

Volete sapere come Walter Willett (uno dei più autorevoli ricercatori al mondo, direttore del reparto nutrizione alla Scuola di Harvard) ha commentato la raccomandazione dell' USDA di consumare latte tutti i giorni, in occasione dell' ennesimo ritocco alla famosa piramide alimentare?

"Assolutamente ridicola!"

E visto che ci siamo, volete sapere come lo stesso scienziato si esprime a proposito della carne rossa?

"Meno carne rossa si mangia, meglio è. Al massimo sarebbe da consumare occasionalmente, e la cosa più efficace potrebbe essere non consumarne affatto."

Concludo con un invito a leggere fino in fondo (se ne avrete il coraggio... ) un eccezionale dossier, unico per completezza di documentazione e serietà nell' affrontare tutte le implicazioni legate al consumo di latte e derivati (ma il discorso vale in qualche misura per tutti gli alimenti di origine animale), il che significa parlare di salute, ma anche di impatto ambientale e  di sofferenze inflitte agli animali. Tutte cose alle quali non si pensa mai, e di fronte alle quali quasi tutti preferiscono mettere la testa sotto la sabbia.





Ma prima di congedarmi voglio citare una massima di David Icke che sembra fare particolarmente al caso:

"La verità attraversa sempre tre fasi: nella prima è ridicolizzata; nella seconda è violentemente contrastata e infine nella terza viene accettata come ovvia".

Grazie per l' attenzione e distinti saluti.>>


Michele Nardella

4 commenti:

  1. Risposte
    1. Grazie.
      Se non ricordo male, tu sei una delle organizzatrici dell' incontro che c'è stato a settembre scorso a Vicenza con Colin Campbell.
      Io ti avevo scritto a suo tempo per sapere qualcosa in proposito, e più precisamente se c'erano state delle novità rispetto a quello che si sapeva dal suo libro, ma non ho avuto alcuna risposta.
      Ci tengo ad essere informato, perchè sto preparando un articolo sulle polemiche che sono seguite alle affermazioni dello scienziato, come tu saprai.

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  2. Intervista con il prof. Franco Berrino
    http://www.verona-in.it/2015/03/27/franco-berrino-per-il-cibo-la-spesa-fatela-con-la-bisnonna-2/

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