lunedì 14 luglio 2014

Morìa di api, una emergenza da non sottovalutare

    Si chiama "Colony Collapse Disorder" (forse meglio conosciuto con l' acronimo CCD) l'  inquietante fenomeno dello sterminio delle api cui stiamo assistendo impotenti in molti Paesi del mondo occidentale da numerosi anni a questa parte, ma che dal 2006 sta assumendo proporzioni tali da suscitare serie preoccupazioni a livello internazionale e attenzione anche da parte di Tv e stampa generalista.
      L' allarmismo suscitato dalla notizia non riguarda però solo le implicazioni agro-alimentari, ma anche la polemica divampata circa le cause del fenomeno.

      Sì, perchè per chi ancora non lo sapesse, le api non servono solo a fornirci miele, ma indirettamente anche alla produzione di buona parte del nostro cibo, compresi frutta, verdura, semi come cotone, soja, foraggio per il bestiame ed erbe officinali, dato che i 2/3 delle colture alimentari hanno bisogno di impollinazione, cui contribuiscono in massima parte appunto le api.



      E poco importa a questo punto se la celebre frase attribuita ad Einstein, "Se le api scomparissero all' umanità non resterebbero che quattro anni di vita", sia effettivamente sua o si tratti solo di una goliardata amplificata dal potere della rete, come sembra, perchè non c'è bisogno di essere un genio per capirlo.

      Ma venendo al tasto più scottante della questione, ormai sono in molti ad attribuire le cause di questo flagello all' uso sconsiderato di insetticidi a base di neonicotinoidi, una nuova classe di neurotossine sintetiche. 

      Introdotti negli anni '90,  tali insetticidi, che sono andati a sostituire quelli tradizionali perchè "più sicuri", si sono in realtà rivelati ad alto impatto ambientale perchè di facile diffusione e di lunga persistenza nell' ecosistema.

      Non sembra ci siano ancora dubbi sulla responsabilità dei neonicotinoidi anche in questa crisi apiaria, tanto che l' Unione Europea ha emesso lo scorso dicembre una moratoria di almeno due anni (la Francia li aveva già vietati nel 1999), sia pure come misura cautelativa, ai tre prodotti più usati, ma, com' è fin troppo facile capire, ne è scaturito l' ennesimo caso di conflitto fra gli interessi dei colossi dell' agro-chimica e la salvaguardia dei nostri utili insetti e dell' ecosistema, perchè la Bayer, la Monsanto e la Syngenta, unendo le loro forze in una strategia comune, stanno facendo il diavolo a quattro per respingere ogni proposta di riduzione dell' uso di tali preparati.

      Lo ha messo in evidenza con dovizia di particolari in un recente report Michelle Simon , un avvocato donna specializzato in marketing industriale, presente con altri partecipanti al "Food Revolution Summit" nell' edizione del 2012. 

      Nel report si svelano tutti i trucchi del mestiere, ampiamente collaudati in passato da altre multinazionali nel difendere il proprio operato, che consistono sostanzialmente nello sviare l' attenzione dell' opinione pubblica e dei politici dal vero problema e nel manipolare dati scientifici.

      La Bayer, ad esempio, il principale produttore di insetticidi, fingendo di essere dalla parte di chi ha a cuore le istanze ambientali, si sta sforzando di creare una rispettabile immagine di facciata mettendosi in prima linea nell' impegno in difesa delle api, facendo credere che la causa dello sterminio sia multifattoriale, ma stranamente fra questi fattori non sono considerati i suoi prodotti.

      Grazie al finanziamento della ricerca scientifica e a borse di studio elargite a scienziati (pratica comune a tutta la lobby agro-farmaceutica) la multinazionale tedesca  avrebbe infatti dimostrato che  la morìa sarebbe imputabile all' effetto sinergico di un virus trasmesso da un noto parassita delle api, l' acaro varroa e di un fungo (leggi qui i retroscena). E così, tralasciando ovviamente di specificare che molti fattori, tra cui sicuramente (e soprattutto) i pesticidi derivati dai neonicotinoidi, possono rendere l' organismo delle api particolarmente vulnerabile ai parassiti, la Bayer riesce a prendere due piccioni con una fava, visto che è proprio essa stessa a fornire gli antiparassitari necessari a combattere acari e funghi. E visto che siamo in argomento, è bene precisare anche che questi neonicotinoidi risultano ancora più pericolosi quando abbinati ad altri pesticidi, specialmente funghicidi, per l' effetto cumulativo e sinergico che si viene a creare.

      Insomma, che sia un problema multifattoriale nessuno lo può negare, essendo in gioco anche le pratiche di apicultura, il tipo di alimentazione delle api, compresi alimenti OGM (a proposito, lo sapevate che le api disertano i campi coltivati a OGM?), i cambiamenti climatici ed altro, ma tutto fa pensare che la causa prima siano proprio gli antiparassitari, come ha confermato una recente ricerca all' Università di Harvard.   La controprova verrebbe da uno studio effettuato in Kenya, dove si fa scarso uso di pesticidi. Lì le api, pur essendo esposte agli stessi agenti patogeni, non manifestano la caratteristica nota sindrome CCD, che consiste nel disertare gli alveari, in quanto non sarebbero più in grado di orientarsi nella via di ritorno,  finendo così col morire nel loro peregrinare. Effetto molto verosimilmente attribuibile proprio all' azione neurotossica dei neonicotinoidi.

      Ma tornando alle machiavelliche strategie delle nostre multinazionali, senza soffermarmi su tutte quelle di cui si parla nel suddetto report,  non posso fare a meno di citarne almeno una davvero paradossale:

      Beh, dovete sapere che la Bayer dal 2013 è impegnata nel "Bee Care Tour", una campagna itinerante di informazione e sensibilizzazione per proteggere le api dal loro sterminio diretta a scienziati, agricoltori e apicoltori, che ha fatto tappa in diverse università statunitensi con partecipazione a forum su problemi agro-alimentari.

      Molto più sincera e costruttiva è invece l' iniziativa del consorzio Conapi in Italia, che ha lanciato la campagna "Bee Active!" ("Sii attivo per le api", da notare il gioco di parole per chi conosce l' inglese), allo scopo di sensibilizzare l' opinione pubblica su questa grave emergenza coinvolgendo e responsabilizzando la popolazione, perchè anche il comune cittadino nel suo piccolo può dare un contributo a questa causa grazie a semplici scelte, come acquistare solo prodotti biologici o biodinamici, coltivare fiori per offrire ulteriori fonti di nettare per le api, non usare insetticidi e preferire prodotti a base di miele bio per sostenere gli apicoltori in difficoltà. E io aggiungerei il sostegno ad associazioni ambientaliste come Greenpeace.

      Purtroppo a quanto pare si tratta di una strada dura e ancora lunga da percorrere, se si pensa che  dovettero passare dieci anni dalla pubblicazione del famoso libro "Primavera Silenziosa", che nel 1962 per primo denunciava i danni causati dal famigerato DDT, l' insetticida industriale di storica memoria, prima che questo venisse messo  al bando definitivamente, qualcosa che ricorda molto da vicino il ritardo dell' entrata in vigore dei provvedimenti restrittivi sul fumo a causa della politica ostruzionistica  della lobby del tabacco attuata corrompendo scienziati.

      Insomma è la stessa storia che si ripete puntualmente, inducendoci così a constatare amaramente che, contrariamente a quanto dice il proverbio, se c'è qualcosa che la storia insegna di sicuro, è proprio il fatto di... non insegnare niente.

      Ma questa volta non possiamo permetterci ritardi perchè il tempo che ci rimane per agire potrebbe non bastare.

       

      Michele Nardella

      2 commenti:

      1. Ti ringrazio per la diffusione delle informazioni sulla questione della moria delle api. Questi signori non vogliono assolutamente rinunciare ai loro profitti, costi quello che costi. La uccisione sistematica delle api e le estreme conseguenze che ciò determinerà sul nostro pianeta terrà si configura a pieno titolo come un crimine contro l'umanità.

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        1. Grazie a te per il commento.
          Purtroppo è proprio così, e il video, se l' hai guardato, lo conferma in modo molto esplicito.

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