Colin Campbell |
Articoli in cui rivelavo il seguito di critiche mosse da più parti, un particolare rimasto in ombra, almeno fino ad allora, nell' intera vicenda.
Come infatti facevo notare, ci sono diverse incongruenze in quel libro che possono non essere evidenti ai "non addetti ai lavori" e a chi non conosce gli argomenti dei suoi contestatori. Ma evidentemente non è questa l' occasione per riparlarne (chi è interessato può andare direttamente agli articoli citati, come "Riflessioni su 'The China Study'- terza parte", oppure cliccare qui, o qui), dato che l' oggetto del presente post è il seguito di quell' ormai celeberrimo best-seller, "Whole - Vegetale e Integrale", a mio giudizio di gran lunga più interessante e convincente.
In quest' ultima fatica letteraria Campbell, partendo dai risultati ampiamente discussi nel libro precedente, si chiede legittimamente come mai, nonostante l' evidenza sempre più schiacciante degli enormi benefici derivanti da una dieta vegetale e integrale, la disinformazione in materia la fa ancora da padrona e le abitudini a livello di massa non sono sostanzialmente cambiate.
Infatti, anche se non tutti sono d' accordo sull' opportunità di ridurre a zero, e indistintamente, il consumo di cibi animali, ed eccezion fatta per i soliti vecchi tromboni ancora arroccati su una posizione conservatrice palesemente anacronistica, magari per convenienza, (che sono poi quelli che monopolizzano, senza fare nomi, lo schermo televisivo e le pagine dei giornali), resta il fatto che oggi c' è praticamente unanimità di consensi su quello che si considera un modello dietetico salutare e che consiste nel dare molto più spazio agli alimenti vegetali non raffinati e naturali. Credo che questo sia ormai non più in discussione.
E così il nostro si impegna ad esporre quelle che ritiene siano le ragioni dietro questa situazione di stallo. Ragioni complesse, non tutte evidenti, ma sempre interessanti e condivisibilissime, che non si limitano a quella che appare la più ovvia all' opinione pubblica, che vede negli interessi economici in gioco da parte di chi ha il potere di condizionare politica ed istituzioni l' unico deterrente.
A questi aspetti infatti Campbell dedica sei capitoli della terza parte del libro ("Il Potere Sottile e i suoi Detentori"), mentre nei nove che compongono la seconda ("Il Paradigma come Prigione") si sofferma sugli aspetti epistemologici (i fondamenti filosofici della scienza). Ed è qui che si può apprezzare una bellissima dissertazione su riduzionismo e olismo, i due approcci alla conoscenza che si contrappongono avvicendandosi nella storia culturale di ogni popolo.
Il ricercatore americano illustra quindi come il riduzionismo abbia preso il sopravvento nella scienza in questi ultimi quattro secoli, finendo col condizionare la nostra stessa visione del mondo, le nostre scelte e tutti gli aspetti della vita sociale. E come l' atteggiamento dogmatico da parte della comunità scientifica prevenuta nei suoi confronti, come lui stesso puntualizza, gli sia costato la "scomunica", nel vedersi tagliare i fondi per la ricerca.
Per la verità non si tratta di concetti così nuovi, avendone approfonditamente trattato in modo egregio pensatori del calibro di Fritjof Capra, Gregg Braden e Bruce Lipton (per nominare i più famosi), ma sentirne parlare con specifico riferimento a nutrizione, medicina e salute (il loro campo più congeniale) è cosa abbastanza rara: l' unico esempio che mi viene in mente è la dr.ssa Annemarie Colbin, che fa dei concetti olistici il fondamento dei suoi insegnamenti in materia di nutrizione.
Stranamente però Campbell, pur predicando bene, non sembra applicare quei concetti con la coerenza che sarebbe propria di uno scienziato, nel cercare di dimostrare la sua tesi. Già, perchè come chiunque abbia letto il libro sa, tutto il messaggio contenuto in "The China Study" e ripetuto come un mantra si può riassumere nella semplice dicotomia: "I cibi animali sono i cattivi; i cibi vegetali sono i buoni".
E voilà! Ecco dunque preconfezionata la formula universale per la tanto agognata salute perfetta: basta mandare in pensione i cibi animali, la causa prima di tutti i mali, guerre, terremoti e tsunami compresi (ci sarebbe da chiedersi come mai in millenni di storia nessuno abbia mai pensato a una soluzione così semplice).
Non voglio sembrare l' avvocato del diavolo, ma non sono il solo ad essere rimasto perplesso di fronte alle argomentazioni di Campbell che, nel descrivere e commentare gli esperimenti riportati nel documento originale da cui prende spunto il famoso libro, parla sempre di proteine animali, proteine vegetali, grassi, colesterolo e praticamente mai di alimenti completi.
Embematico risulta il famoso esperimento sui topi sottoposti all' aflatossina e nutriti con diete contenenti percentuali diverse di caseina come unica fonte proteica per verificare la loro suscettibilità al cancro.
Ma chi assume proteine unicamente sotto forma di caseina pura?
E i lattanti, che hanno come unico alimento il latte materno, sarebbero dei potenziali candidati al cancro fin dalla prima infanzia? Ma davvero la natura è così crudele?
E come spiega Campbell che popolazioni come gli Esquimesi e i Masai, pur basando la loro alimentazione quasi esclusivamente su cibo animale, sono meno afflitte di noi occidentali da malattie degenerative?
Insomma l' autore de "The China Study", pur animato dai migliori propositi, resta di fatto sostanzialmente ancorato al paradigma scientifico tradizionale, che implica il dover gestire un numero astronomico di dati difficili da correlare, senza tuttavia poter valutare quelli non quantificabili che trascendono i confini del riduzionismo scientifico. Infatti in questo contesto non si tiene mai conto dell' influenza della costituzione individuale e dell' ambiente in cui si vive, fattori olistici per eccellenza quasi sempre determinanti.
E' curioso e divertente notare una strana coincidenza a proposito delle finalità di "Whole - Vegetale e Integrale":
Campbell esordisce nella prima parte del libro con questa dichiarazione:
"Vorrei affrontare la questione degli oppositori e delle loro critiche esponendovi il mio modello valutativo per la ricerca medica e nutrizionale. La mia speranza è che questo vi aiuti a capire il senso dell’assurdo ostruzionismo e delle mezze verità che vengono prese come legittime critiche della dieta vegetale e integrale, e nei media passano addirittura per informazione in tema di salute.
Una volta che sarete immunizzati contro
la “moda salutistica della settimana”, potrete affrontare più smaliziati
e sicuri le notizie ufficiali su questo tema, e avrete ancor più validi
strumenti per giudicare da soli le prove a favore della dieta vegetale e
integrale e le obiezioni che ha ricevuto."
Ebbene, dovete sapere che Denise Minger, la sua contestatrice più famosa, ex-vegana pentita, ha a sua volta pubblicato piuttosto recentemente un libro, "Death by Food Pyramid", non disponibile in versione italiana (colgo pertanto l' occasione per invitare i responsabili della MACRO a provvedere a colmare la mancanza), in cui si esprime con sorprendente similitudine.
L' arguta autrice infatti, pur non condividendo le conclusioni affrettate di Campbell, nel criticare i vari modelli dietetici piramidali finora proposti denuncia le tresche fra politica, scienziati e industria, mettendo in guardia dalla scienza scadente, dalla miopia degli scienziati, smascherando molti miti in campo nutrizionale, seppur avallati dall' ufficialità, e soprattutto fornendo al lettore le direttive per poter discernere da sè le notizie buone da quelle false e gli strumenti per potersi rendere il più possibile autonomo nel decidere come mangiare.
In conclusione, devo ribadire quanto detto a suo tempo: "The China Study" che, è opportuno precisarlo, non è stato sottoposto a revisione paritaria (peer review, il termine tecnico scientifico), una procedura per attestare l' attendibilità di uno studio mediante controllo da parte di vari membri della comunità scientifica, è sicuramente un grande passo avanti che avvalora le intuizioni delle scuole naturiste, ma non è esattamente il suggello scientifico alle loro teorie che tutti credono (se mai ci potrà essere), e non dice tutta la verità.
Non a caso il miglior commento che abbia letto su questo libro, e che secondo me coglie il nodo della questione, è quello di Martin Halsey, un insegnante e consulente macrobiotico che opera in ambito europeo, fondatore de "La Sana Gola", che ha detto recentemente: "Il gruppo che segue 'The China Study' ha bisogno di yin e yang (il principio unificatore universale, N.d.R.) per evitare gli eccessi della visione esclusivamente biochimica".
Michele Nardella
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Signor Michele, considerata la sua prefazione, introduttiva al libro; lo acquisterò.
RispondiEliminaGrazie per le informazioni che mi offre.
Grazie, Giancarla, spero che la mia presentazione e il libro ti siano di aiuto per chiarirti le idee.
RispondiEliminaUn carissimo saluto!