lunedì 2 marzo 2020

Cibo per la mente: una visione a 360°


Anche al meno acuto osservatore non può essere sfuggito che la società umana mondiale è più che mai pervasa da un profondo malessere. Ovunque si volga lo sguardo la cronaca è dominata da notizie che parlano di violenza, crimini efferati, incidenti, confusione, inquietudine, ansia, paura, rabbia, odio...

Il consumo di droghe sempre più micidiali è sempre più diffuso specialmente fra i giovani e in età sempre più precoce; i cosiddetti femminicidi, un fenomeno sconcertante  e pressochè sconosciuto in passato, non accennano a diminuire; il bullismo, anche questo un fenomeno cresciuto a dismisura negli ultimi tempi soprattutto tra gli adolescenti, è all'ordine del giorno e, a completare il quadro, il terrorismo e la criminalità organizzata tengono sotto scacco l'intera società, che sembra ormai diventata un immenso ospedale psichiatrico.

Sociologi, psicologi e medici, che analizzano questa realtà attraverso le rispettive lenti professionali prendendo ognuno in considerazione gli aspetti di propria competenza, non sembrano in grado di dare soluzioni efficaci.

Di sicuro in un quadro così complesso sono tanti i fattori che entrano in gioco, ma paradossalmente quello più fondamentale e ovvio, ossia la salute del corpo quale fondamento della salute mentale, come ci ricorda l'antico detto sapienziale "Mens sana in corpore sano", è anche il meno considerato. Ancora una volta il dualismo cartesiano radicato nel nostro tessuto culturale condiziona l'atteggiamento comune di fronte a certi problemi ritenendo, nella fattispecie, la sfera mentale entità a sè stante rispetto al corpo e dunque suscettibile a influssi esterni piuttosto che a quelli provenienti dal suo involucro fisico con cui, è quanto mai opportuno precisarlo, forma un tutt'uno indivisibile. 

E se è già difficile per molti accettare l'idea che il cibo possa avere un ruolo in tante patologie prettamente fisiche, quando il discorso si sposta sul piano mentale e psichico perplessità e scetticismo sono le reazioni più comuni.

Certamente la mentalità scientifica non aiuta in questo senso, in quanto una ipotesi viene ritenuta fondata solo se supera il rigore della verifica sperimentale, a dispetto di quanto a volte intuito e buonsenso suggeriscono, e si finisce col bollare automaticamente come "falso" tutto ciò che non trova spiegazione scientifica.

Sfortunatamente il tradizionale metodo scientifico per suoi limiti intrinseci non potrà mai raggiungere una comprensione a 360° di come il cibo si relazioni con le varie espressioni mentali, emotive e comportamentali di cui l'essere umano è capace, potendo investigare una sola molecola specifica alla volta per scoprire come essa influenzi il metabolismo. Ma il cibo è molto più che la semplice somma delle sue parti, ammesso di poterle conoscere tutte, e la salute è un concetto troppo complesso per poter essere valutata in base a pochi parametri. Insomma la scienza tradizionale, come avrete capito, manca della prospettiva olistica necessaria alla comprensione finale che, senza rinnegare le acquisizioni ottenute col metodo tradizionale analitico, le integra in un quadro coerente. Dunque: sintesi a completamento dell'analisi.

La conoscenza del principio unico yin-yang sembra perciò adatta a colmare tale lacuna, in quanto ci consente in modo pratico di comprendere il nesso esistente tra elementi eterogenei e disparati apparentemente scollegati tra loro ma in realtà uniti da un rapporto analogico. Per esempio la centrifugalità  (caratteristica yin per definizione) implica fenomeni diversi come espansione, diluizione, divisione, disgregazione, indebolimento, dispersione termica (e quindi raffreddamento), aumento di dimensioni, crescita ecc., ma che sono espressione della stessa tendenza, di un comune denominatore.

L'esempio applicato alla sfera psichica riportato nel seguente grafico, pur coi suoi limiti, dà un'idea del concetto:


Ebbene, provate a chiedere a un nutrizionista convenzionale che relazione ci possa essere tra i gelati, ad esempio, e un carattere pigro e indulgente, o l'apatia e la mancanza di concentrazione... E se poi gli andate a raccontare che il consumo regolare e protratto nel tempo di latte induce a sviluppare un atteggiamento di dipendenza psicologica, analogamente al rapporto che lega il lattante alla propria madre... bè, allora la reazione sarà quasi certamente di ilarità.

Del resto la relazione tra cibo e stati d'animo è formalizzata nella Medicina Tradizionale Cinese (come pure nell'Ayurveda), secondo cui in base alla Teoria dei 5 Elementi (un sistema di corrispondenze empirico basato su un criterio analogico) ognuno dei cinque organi principali del corpo controlla una specifica emozione e comportamento. E siccome ciascun organo può essere stimolato oppure inibito nella sua attività da certi tipi di alimenti, questi ultimi influenzano anche la sfera psichica. E se anche in questo caso  non ci sono conferme scientifiche questo non significa che siano tutte congetture campate in aria.


Da ciò ci si può rendere conto che solo con questo tipo di visione, prerogativa dei più antichi sistemi di pensiero, ci si può rendere conto di tutta la gravità legata a certe abitudini.

Per esempio, chi indulge su zucchero, latte, alcolici e prodotti voluttuari industriali (estremo yin) lo fa per il loro (effimero) effetto gratificante, magari perché incapace di affrontare le difficoltà della dura realtà e rifugiarsi nella propria "zona di comfort", dato l'effetto rilassante (yin) di questi alimenti. Ma così facendo diventerà sempre più yin (fragile, timoroso, pigro e inerte), e quindi senza le risorse necessarie al cambiamento, come la volontà e l'impegno concreto (qualità yang), che le circostanze richiedono perentoriamente, chiudendosi in un circolo vizioso dal quale è quasi impossibile uscire. Una situazione del tutto simile a quella dei tossicodipendenti, ma siccome l'effetto dello zucchero e altro cibo-spazzatura è più lento e subdolo (e non da tutti riconosciuto, purtroppo) rispetto a quello delle droghe (centinaia di volte più yin dello zucchero), il suo consumo non viene stigmatizzato.

Analogamente chi consuma abitualmente troppi alimenti decisamente yang, come carne rossa, salumi, uova e sale tenderà a sviluppare un'indole aggressiva, impulsiva, una rigidità fisica e mentale, fanatismo e una mentalità materialistica, egocentrica (yang significa, lo ricordiamo, centripetalità) e possessiva. Anche questo comporterà difficoltà nei rapporti con la realtà e soprattutto coi suoi simili, anche a causa della ristrettezza mentale e dell'arroganza che i soggetti più yang manifestano, essendo incapaci, ad esempio, di accettare punti di vista diversi da quello proprio che non si è disposti a mettere in discussione.

Se poi si pensa che l'alimentazione moderna comprende in abbondanza estremi sia di yin che di yang, si può capire quanto  siano caotiche e drammatiche le ripercussioni sulla nostra vita sociale.

Un altro ottimo esempio ci viene da disturbi quali l'anoressia e la bulimia, notoriamente incompresi dalla scienza ufficiale, che possono essere capiti solo studiandoli nel contesto del soggetto interessato, prendendo in considerazione tutti gli aspetti inerenti alla sua sfera psichica e comportamentale e le sue pregresse abitudini alimentari, unico modo per formarsi un quadro complessivo coerente. Si tratta in entrambi i casi di condizioni estreme che non possono essere che il risultato in massima parte di abitudini altrettanto estreme. Come l'esperienza rivela infatti, i soggetti che ne soffrono sono stati dediti fin dalla più tenera età ad eccessi alimentari di ogni genere con estremi sia di yin che di yang, ma con una netta prevalenza di yin nel caso dell'anoressia e di yang nella bulimia.

Per esempio l'anoressico, soffrendo di gravi problemi psichici che lo portano ad una percezione distorta della realtà, vede letteralmente il suo corpo più grande (yin) di quanto sia veramente e perciò è ossessionato dall'idea di dimagrire a tutti i costi imponendosi col digiuno regole rigidissime e assurde (reazione yang) pur di raggiungere il risultato desiderato. Analogamente il bulimico è talmente contratto (yang) che istintivamente cerca compensazione mangiando a più non posso nell'intento inconscio di aumentare di massa e volume (yin).

Questo per dirla in termini estremamente sintetici, ma l'argomento è stato trattato adeguatamente da Michio Kushi in "Obesità e Dimagrimento" (un libro inspiegabilmente fuori catalogo), dove spiega anche perché la quasi totalità dei casi di anoressia riguarda giovani donne.

Nonostante questi limiti, tuttavia, bisogna ricordare che la scienza tradizionale ha già  acquisito moltissime, utilissime conoscenze, sufficienti per consentire a chiunque sia disposto a impegnarsi a migliorare  la propria salute anche dal punto di vista mentale e ridurre drasticamente il rischio di gravi patologie come l'Alzheimer.

Non mi soffermerò però su questo aspetto avendone già parlato in altre occasioni (leggi qui e qui). In questo post ho voluto piuttosto enfatizzare l'importanza di andare oltre i limiti della scienza ufficiale, considerando i problemi mentali da una prospettiva olistica. Tuttavia, data l'importanza dell'argomento, voglio solo ricordare molto stringatamente che  gran parte dei disturbi mentali e comportamentali hanno a che fare con l'ipoglicemia, conseguenza diretta delle diete moderne a base di alimenti raffinati, zucchero e cibo-spazzatura vario.

Un dato scientificamente acquisito e non più in discussione che ha trovato conferma in più di un esperimento attuato in riformatori e prigioni in cui è stato rilevato un calo degli episodi di violenza e indisciplina fra i reclusi dopo aver adottato diete senza zucchero o con supplementi (leggi qui e qui).

Oltre a una dieta che stabilizzi la glicemia, prevenga la resistenza insulinica e assicuri una buona flora intestinale, altri punti fondamentali per proteggere il sistema nervoso dai più gravi disturbi e dall'invecchiamento sono gli acidi grassi omega 3, pochi grassi saturi e abbondanza di antiossidanti, tutte condizioni che la dieta macrobiotica è in grado di soddisfare.

Ci sono tanti libri sul rapporto tra cibo e salute mentale e tra questi mi sento di segnalarne almeno un paio, proprio perchè trattano l'argomento dal punto di vista olistico, dando in questo modo anche indicazioni pratiche. Questi sono: "Cibo per la Mente" di Saul Miller e sua moglie Jo Anne, entrambi psicologi, ricercatori e allievi del su citato Michio Kushi e "Il Grande Libro dell'Ecodieta" di Carlo Guglielmo, pioniere della macrobiotica in Italia e grande esperto.

In una società che procede contromano, come quella attuale, nell'affrontare un problema le cose più importanti e fondamentali vengono spesso relegate all'ultimo posto, se pure vengono prese in considerazione, mentre quelle più marginali, se non addirittura controproducenti, assurgono a priorità imprescindibili. Nessuna meraviglia dunque se nel trattare qualsiasi disturbo mentale si punti esclusivamente su psicofarmaci e psicoterapia, che nel migliore dei casi possono solo contrastare i sintomi ma non guarire, per non parlare dei possibili effetti collaterali indesiderati.

Sono da tempo convinto che la più grave emergenza attuale sia il declino della salute mentale della popolazione mondiale, altro che coronavirus o riscaldamento globale! Addirittura secondo un recente articolo saremmo oggi meno intelligenti rispetto al passato a causa del sempre maggior uso di dispositivi tecnologici che atrofizzano il nostro cervello. Io però scommetterei che c'è anche una componente biologica che all'ottica di chi ha scritto l'articolo sfugge.

Se consideriamo che l'efficienza della nostra mente è la risorsa più fondamentale che abbiamo, come si può non dedicare tutta la nostra attenzione e le energie necessarie per preservarla?

Michele Nardella

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