giovedì 30 dicembre 2010

Macrobiotica? Sempre nel mirino delle critiche (prima parte)

Ho pensato di proporre in questo blog quella che doveva essere la mia risposta ad una lunga "requisitoria" nei confronti della macrobiotica, che ho avuto modo di leggere sul blog "Alimentazione Naturale" di Nico Valerio, e che per motivi meramente tecnici non ho potuto far pubblicare.

Lo spazio riservato ai commenti, come si sa, è limitato e così il mio chilometrico testo è stato "rifiutato". Ma io non potevo certo concentrare in poche righe tutto ciò che ritenevo opportuno ribattere per dare una risposta adeguata, cioè chiara e sufficientemente esauriente, alle molte critiche mosse a questa filosofìa, che continua ad essere oggetto di incomprensioni, fraintendimenti, nonchè di feroci controversie.

Penso  che quanto segue possa interessare tutti, e non solo chi è già iniziato alla macrobiotica, così non andrà sprecato tutto il lavoro fatto. E' consigliabile, però, andare prima a leggere l' articolo oggetto del mio commento.



                                                                                              

George Ohsawa e l'emblema taoista che il fisico Niels Bohr scelse come logo per il suo stemma nobiliare


Mi sono deciso a rispondere alla sua analisi critica della macrobiotica solo perché lei mi sembra tutto sommato in buona fede e perché in quel che dice c’è qualcosa di vero, insufficiente però a giustificare il contenuto denigratorio e il tono piuttosto sarcastico con cui dipinge la macrobiotica, in quanto, sfortunatamente per lei, l’ unica cosa che è riuscito a dimostrare molto bene è che di quest’ ultima non ha capito un bel niente.

La mia netta impressione è che in questo forum si stia giocando con le parole (questa è macrobiotica, quella no), invece di preoccuparsi di capire i concetti che la macrobiotica vuole trasmettere.

Cominciamo allora con quella che è una sua  visione distorta della realtà : l’ equazione “macrobiotica = solo riso, sale, tamari e cibi stracotti”.

 Si tratta di uno stereotipo, di un luogo comune ormai decisamente stantìo che affonda le sue radici nella macrobiotica arcaica di Ohsawa.

 Questo saggio giapponese, che non era pazzo o millantatore (nessuno si è mai arricchito con la macrobiotica), dopo aver guarito sé stesso da una grave forma di tubercolosi con la dieta e senza medicine, ha curato e guarito (anche da malattìe “incurabili”) centinaia, o forse migliaia, di persone. Ma questo accadeva 60 – 70 anni fa, quando la costituzione dei suoi pazienti (in massima parte orientali) e le abitudini alimentari erano mooolto diverse da quelle odierne.

Inoltre il riso e i vegetali allora a disposizione erano di qualità incomparabilmente superiore a quella degli alimenti attuali, ormai ridotti all’ ombra di sé stessi, a causa dell’ industrializzazione e dell’ agricoltura chimica.

Ecco perché  “quella” macrobiotica probabilmente allora funzionava e oggi non più.

Tutto cambia, tutto è relativo (che, guarda caso, è proprio il motto della macrobiotica), dunque è proprio il caso di mettere in atto quella flessibilità e quello spirito di adattamento che sono la prerogativa, lo spirito, l’ essenza della macrobiotica (e  non una contraddizione, come pensa lei).

Certamente molti macrobiotici (o sedicenti tali) in passato hanno esagerato coi condimenti salati e con le yanghizzazioni, e altrettanto sicuramente ce ne saranno ancora oggi e in futuro. E con questo? Ognuno si regola e fa le sue scelte in base al suo giudizio. Che cosa c’entra la macrobiotica? La macrobiotica non è una persona che valuta e decide, e quindi non è responsabile dei nostri disastri. Essa ci fornisce solo quegli strumenti fondamentali per sviluppare il nostro giudizio e operare le scelte migliori.

Se lei fosse competente in materia e frequentasse l’ ambiente macrobiotico, saprebbe che tutti gli insegnanti mettono in guardia dal sale in eccesso, come pure dalle yanghizzazioni oltre il dovuto.

Quindi passiamo ad un’ altra questione strettamente collegata a quest’ultima : la scarsa presenza di frutta e cibi crudi i cui princìpi nutritivi andrebbero perduti con la cottura, onnipresente, a suo dire, nei menù macrobiotici.

Dietro questa diffusissima opinione c’è l’ ingenua convinzione che “più ce n’è, meglio è”. Ma in natura le cose non funzionano in questo modo. Non è infatti tanto una maggiore quantità di vitamine, antiossidanti e quant’altro che necessariamente gioverà all’organismo che se ne nutre, quanto piuttosto l’ equilibrio generale, la sinergìa che vi si instaura.

E’ questa condizione a far sì che ogni singolo nutriente venga utilizzato in modo ottimale e che si realizzi il miglior adattamento all’ ambiente, cosa che si può ottenere nella misura in cui si comprende il Principio Unico, la dialettica universale, e si impara ad applicarlo, come ci insegna appunto la macrobiotica, non certo seguendo le indicazioni della scienza che, nella sua visione riduttiva e frammentaria della vita, non capisce e non capirà mai i complessi meccanismi ed interazioni che determinano la nostra salute, nonostante tutti gli sforzi faraonici profusi in ricerca,Telethon, Progetto Genoma e chi più ne ha più ne metta.

 Per fare un esempio, provi ad andare in Alaska, magari in pieno inverno, e a seguire una di quelle famigerate diete a base di frutta (magari tropicale), succhi e crudità (quindi estremamente yin, cioè ad effetto disperdente) : vedrà che tutte le vitamine, antiossidanti e minerali di cui riuscirà a fare incetta non potranno impedirle di battere i denti dal freddo, che le sembrerà insopportabile, e di ammalarsi presto. Ha capito adesso ? (fine prima puntata)

 Michele Nardella

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