Chi ricorda ancora che la prima parte di questo articolo risale a vari mesi fa si chiederà certamente perchè ho impiegato tanto tempo per pubblicare la seconda.
Bè, la risposta è semplice: giungere ad una conclusione su questa diatriba, cercare di capire da quale parte fosse la verità si è presto rivelato (almeno per quelli che sono i miei limiti) più arduo di quanto pensassi, e volevo evitare di dare giudizi affrettati.
Così ho cercato di documentarmi come si deve e mi son dato il tempo necessario per riflettere.
Così ho cercato di documentarmi come si deve e mi son dato il tempo necessario per riflettere.
Il sopraggiungere poi di altri temi di cronaca da trattare e incombenze varie hanno fatto il resto.
Ma venendo al nòcciolo, come ho già detto in altre occasioni, non c'è dubbio alcuno che "The China Study" sia una pietra miliare nella storia della letteratura inerente al nutrizionismo e dell' epidemiologia in generale .
E non solo per le rivoluzionarie scoperte che ci rivela, ma anche perchè per la prima volta in un libro del genere l' autore fa una spietata radiografia del mondo dell' informazione scientifica, illustrando con esempi reali i complessi, invisibili (e a volte insospettabili) intrecci tra scienza, politica, industria e mass media, essendone stato testimone in prima persona (il che non è poco, considerata la sua pluridecennale, prestigiosa, carriera professionale).
Tuttavia, col senno di poi, credo di poter dire che il libro non è scevro di difetti e che le obiezioni più comuni che gli sono state rivolte sono tutt' altro che la logica, prevedibile reazione di scienziati da strapazzo al soldo delle lobby della carne e del latte, come di primo acchito si potrebbe pensare.
Anche dopo attenta rilettura, la mia impressione è che tutto il libro ruoti unicamente attorno alla questione "cibo animale/cibo vegetale" (soprattutto in rapporto all' insorgenza del cancro), e la laconica e perentoria conclusione che l' autore estrapola dagli studi epidemiologici di cui ci parla, "I cibi vegetali fanno bene; i cibi animali no", risuona come un mantra dall' inizio alla fine del libro.
Sugli altri principali difetti della dieta moderna occidentale, come zucchero e carboidrati raffinati, Campbell si sofferma quel tanto che basta per sottolinearne la responsabilità nei problemi di sovrappeso e poco altro, ma non evidenzia tutte le grosse implicazioni dell' iperglicemia, come la formazione delle proteine glicate (sostanze inutilizzabili che si accumulano nei tessuti, dando luogo, analogamente ai radicali liberi, a danni che portano ad invecchiamento accelerato e a malattie degenerative, Alzheimer compreso), la resistenza insulinica (a sua volta anticamera di gravi patologie), l' acidificazione del sangue, l' iperlipidemia, l' arteriosclerosi.
Con queste premesse, figuriamoci poi se ci si poteva aspettare anche solo un accenno ad altri abusi estremamente comuni, anche fra chi pensa di nutrirsi in modo "sano" ed "equilibrato", come quelli relativi a farine e prodotti da forno (pane, biscotti, merendine e dolciumi vari, che, purchè siano biologici, di solito non ci si pensa due volte a consumare a volontà), come pure derivati della soja (magari anche transgenica) più o meno voluttuari (bevande, creme, budini, tofu), per non parlare di frutta e succhi di frutta, che, in quanto "naturali", sono logicamente al di sopra di ogni sospetto.
Insomma, tutto questo per Campbell non esiste, perchè lui ha individuato nei cibi animali la causa di tutti i mali del mondo (probabilmente guerre, terremoti e tsunami compresi).
In sostanza ciò che fanno notare tutti i suoi critici è che "The China Study" riassume e commenta 27 anni di studi e ricerche epidemiologiche svoltesi in Cina, documentati in una vastissima monografia di più di 800 pagine, e fin qui tutto bene, ma le conclusioni e i suggerimenti dietetici che si trovano nel libro di Campbell sono una forzatura, e cioè una sua personale interpretazione non confermata dai dati grezzi reperibili nel documento originario.
Nessuno mette infatti in discussione l' attendibilità dei dati forniti dal ricercatore americano, dato che tutte le procedure di rilevamento e i criteri di scelta, tutte le metodologie usate in tutta la durata della ricerca sono state contraddistinte da un' accuratezza quasi maniacale, che forse non ha precedenti nella storia della ricerca scientifica (uno studio così ambizioso non poteva rischiare di essere invalidato da banali errori di valutazione).
A scanso di equivoci, ci tengo a sottolineare e a ribadire che qui non è assolutamente in discussione l' opportunità di ridurre drasticamente il consumo di cibi animali, ma se è il caso di eliminarli tutti indistintamente e completamente.
Questo è infatti il messaggio che il libro trasmette senza neanche tanti giri di parole, ovviamente accolto come manna piovuta dal cielo dai vegani, che non aspettavano di meglio che una piena conferma scientifica al loro credo.
La prossima volta, dunque, ne sentirete delle belle, perchè vedremo finalmente più in dettaglio le principali obiezioni mosse a "The China Study", dato che la questione, pur nella sua indubbia complessità, non è affatto per soli "addetti ai lavori".
E naturalmente sentiremo cosa risponde lo stesso Colin Campbell ai suoi detrattori, come Chris Masterjohn, Loren Cordain, Anthony Colpo, Michael R. Eades, ma soprattutto Denise Minger, una brillante e arguta ragazza che, pur non essendo referenziata in campo scientifico, ha fatto molto rumore, tenendo impegnato il suo interlocutore in un lungo botta-e-risposta, interrottosi solo con la mancata replica di Campbell.
Colgo l' occasione per segnalare che ora è disponibile "The China Study" anche in DVD.
Michele Nardella
Ma venendo al nòcciolo, come ho già detto in altre occasioni, non c'è dubbio alcuno che "The China Study" sia una pietra miliare nella storia della letteratura inerente al nutrizionismo e dell' epidemiologia in generale .
E non solo per le rivoluzionarie scoperte che ci rivela, ma anche perchè per la prima volta in un libro del genere l' autore fa una spietata radiografia del mondo dell' informazione scientifica, illustrando con esempi reali i complessi, invisibili (e a volte insospettabili) intrecci tra scienza, politica, industria e mass media, essendone stato testimone in prima persona (il che non è poco, considerata la sua pluridecennale, prestigiosa, carriera professionale).
Tuttavia, col senno di poi, credo di poter dire che il libro non è scevro di difetti e che le obiezioni più comuni che gli sono state rivolte sono tutt' altro che la logica, prevedibile reazione di scienziati da strapazzo al soldo delle lobby della carne e del latte, come di primo acchito si potrebbe pensare.
Anche dopo attenta rilettura, la mia impressione è che tutto il libro ruoti unicamente attorno alla questione "cibo animale/cibo vegetale" (soprattutto in rapporto all' insorgenza del cancro), e la laconica e perentoria conclusione che l' autore estrapola dagli studi epidemiologici di cui ci parla, "I cibi vegetali fanno bene; i cibi animali no", risuona come un mantra dall' inizio alla fine del libro.
Sugli altri principali difetti della dieta moderna occidentale, come zucchero e carboidrati raffinati, Campbell si sofferma quel tanto che basta per sottolinearne la responsabilità nei problemi di sovrappeso e poco altro, ma non evidenzia tutte le grosse implicazioni dell' iperglicemia, come la formazione delle proteine glicate (sostanze inutilizzabili che si accumulano nei tessuti, dando luogo, analogamente ai radicali liberi, a danni che portano ad invecchiamento accelerato e a malattie degenerative, Alzheimer compreso), la resistenza insulinica (a sua volta anticamera di gravi patologie), l' acidificazione del sangue, l' iperlipidemia, l' arteriosclerosi.
Con queste premesse, figuriamoci poi se ci si poteva aspettare anche solo un accenno ad altri abusi estremamente comuni, anche fra chi pensa di nutrirsi in modo "sano" ed "equilibrato", come quelli relativi a farine e prodotti da forno (pane, biscotti, merendine e dolciumi vari, che, purchè siano biologici, di solito non ci si pensa due volte a consumare a volontà), come pure derivati della soja (magari anche transgenica) più o meno voluttuari (bevande, creme, budini, tofu), per non parlare di frutta e succhi di frutta, che, in quanto "naturali", sono logicamente al di sopra di ogni sospetto.
Insomma, tutto questo per Campbell non esiste, perchè lui ha individuato nei cibi animali la causa di tutti i mali del mondo (probabilmente guerre, terremoti e tsunami compresi).
In sostanza ciò che fanno notare tutti i suoi critici è che "The China Study" riassume e commenta 27 anni di studi e ricerche epidemiologiche svoltesi in Cina, documentati in una vastissima monografia di più di 800 pagine, e fin qui tutto bene, ma le conclusioni e i suggerimenti dietetici che si trovano nel libro di Campbell sono una forzatura, e cioè una sua personale interpretazione non confermata dai dati grezzi reperibili nel documento originario.
Nessuno mette infatti in discussione l' attendibilità dei dati forniti dal ricercatore americano, dato che tutte le procedure di rilevamento e i criteri di scelta, tutte le metodologie usate in tutta la durata della ricerca sono state contraddistinte da un' accuratezza quasi maniacale, che forse non ha precedenti nella storia della ricerca scientifica (uno studio così ambizioso non poteva rischiare di essere invalidato da banali errori di valutazione).
A scanso di equivoci, ci tengo a sottolineare e a ribadire che qui non è assolutamente in discussione l' opportunità di ridurre drasticamente il consumo di cibi animali, ma se è il caso di eliminarli tutti indistintamente e completamente.
Questo è infatti il messaggio che il libro trasmette senza neanche tanti giri di parole, ovviamente accolto come manna piovuta dal cielo dai vegani, che non aspettavano di meglio che una piena conferma scientifica al loro credo.
La prossima volta, dunque, ne sentirete delle belle, perchè vedremo finalmente più in dettaglio le principali obiezioni mosse a "The China Study", dato che la questione, pur nella sua indubbia complessità, non è affatto per soli "addetti ai lavori".
E naturalmente sentiremo cosa risponde lo stesso Colin Campbell ai suoi detrattori, come Chris Masterjohn, Loren Cordain, Anthony Colpo, Michael R. Eades, ma soprattutto Denise Minger, una brillante e arguta ragazza che, pur non essendo referenziata in campo scientifico, ha fatto molto rumore, tenendo impegnato il suo interlocutore in un lungo botta-e-risposta, interrottosi solo con la mancata replica di Campbell.
Colgo l' occasione per segnalare che ora è disponibile "The China Study" anche in DVD.
Michele Nardella
Francamente non riesco a capire le critiche mosse allo studio di Campbell. In altri articoli ho letto addirittura che il suo China Study sarebbe “superato”, …ma da cosa?!!! Potrà esserlo solo quando sarà pubblicato un altro studio più approfondito, su più larga scala e protratto per più tempo, mi sembra ovvio! Nell’attesa che compaia un tale studio, direi che possiamo benissimo “accontentarci” del lavoro di Campbell, tuttora insuperato sotto ogni punto di vista.
RispondiEliminaNon parla di zuccheri, farine raffinate, alimenti OGM e altre diavolerie? Certo, essendosi occupato essenzialmente del rapporto tra proteine animali e salute. L’universo è piuttosto vasto e ci sono stati, ci sono e ci saranno altri studi che parlano di altre componenti alimentari, ma lo studio di Campbell non poteva trattare TUTTO lo scibile umano in campo alimentare. Le indicazioni che emergono sono quelle di “ridurre il più possibile” cibi animali e derivati: dov’è il problema? Campbell ha tolto dalla sua dieta ogni prodotto animale, ma non ha mai detto che la dieta vegana sia l’unica scelta alimentare per garantire la salute o l’immunità da malattie: semplicemente non ha avuto la possibilità di studiare campioni sufficientemente numerosi di popolazioni vegane, e il suo studio non ha potuto pronunciarsi su tale argomento.
Quindi la frase “non è assolutamente in discussione l' opportunità di ridurre drasticamente il consumo di cibi animali, ma se è il caso di eliminarli tutti indistintamente e completamente” è priva di senso, in quanto Campbell non lo ha mai sostenuto, non avendo eseguito alcuno studio sui vegani. La sua scelta vegana è una scelta personale, fatta in base a suoi personali convincimenti, e non fatta in base ai risultati dello “Studio Cina” che, ripeto, non ha analizzato popolazioni vegane. L’indicazione che emerge dal suo Studio Cina è solamente quella di ridurre drasticamente il consumo di cibi animali, e mi pare che su questo si possa essere d’accordo.
Non è questione di etichette. "Vegano" o "non vegano" non ha alcuna importanza: Campbell ha accuratamente evitato di usare questo termine, perchè questo implica considerazioni etiche che non appartengono ai criteri scientifici, ma la sostanza non cambia.
EliminaSe avesse letto attentamente il libro in questione si renderebbe conto che l' imperativo che domina è inequivocabile, ed è: "Mangiate solo cibi vegetali". E dove non lo dice esplicitamente lo si deduce facilmente dalle sue tesi, che però non sono supportate dalle prove scientifiche cui fa riferimento.
Altrimenti perchè si sarebbe attirato tante critiche?
Comunque ne parlerò più approfonditamente nella prossima puntata con esempi concreti.
L'etica non c'entra niente: vegano è chi non si nutre di alimenti animali e derivati. Andiamo al sodo, magari cercando di evitare giudizi su letture più o meno attente. Riporto dal libro di Campbell:
RispondiElimina"I risultati dello Studio Cina indicano che minore è la percentuale di cibi di origine animale consumati, maggiori sono i benefici per la salute, perfino quando quella percentuale scende dal 10% allo 0% di calorie. Non è quindi irragionevole presumere che la percentuale ottimale di prodotti di origine animale sia pari a zero, quantomeno per chiunque abbia una predisposizione per una malattia degenerativa. Ma questo non è dimostrato in maniera assoluta. E' certamente vero che la maggior parte dei benefici per la salute si ottengono a livelli molto bassi, ma non pari a zero, di cibi di origine animale. Il mio consiglio è di cercare di eliminare tutti i prodotti animali dalla dieta, senza però farsene ossessionare."
Come vedi distingue bene tra quello che è solo un suo consiglio, e i risultati dello studio.
Chiedo scusa per l'"Anonimo", ma devo farmi un account.
Sergio Sambo
Scusa, potresti dirmi a che pagina si trova questa affermazione?
RispondiEliminaIn ogni caso mi pare che qui sia stia a cavillare, ad arrampicarsi sugli specchi, a giocare con le parole, senza preoccuparsi di cogliere minimamente il messaggio che il libro vuole trasmettere.
Insomma se, a quanto tu stesso riferisci, "non è irragionevole presumere che la percentuale ottimale di cibo animale sia pari a zero" e "il mio consiglio è di eliminare tutti i prodotti animali dalla dieta" (come vedi riporto le testuali parole da te usate), ti pare possano esserci dubbi sull' interpretazione? Ti pare non sufficientemente chiaro che cosa pensa Colin Campbell dei cibi animali? Il fatto è che quello che pensa lui non rispecchia i dati scientifici, che lui interpreta in maniera arbitraria. Ed è quello che dimostrerò nel prossimo post.
Per quanto riguarda i vegani, non è vero che l' etica non c' entra. Informati bene: essere vegani non è semplicemente rinunciare a tutti i cibi animali. E Campbell ha voluto deliberatamente evitare di usare questa etichetta proprio per sottolineare che le sue idee si basavano unicamente sulla scienza, e non su considerazioni etico-filosofiche. Ma, a quanto pare, le scelte alimentari sono le stesse.
Allora, il passo che ho citato si trova a pag. 228. Quali sono i cavilli? Non è sufficientemente chiaro quanto affermato da Campbell??? E' chiaro che lui abbia tratto la conclusione che sia meglio eliminare ogni prodotto animale (conclusione sua, ossia sua interpretazione!). I dati scientifici del suo studio, invece, riportano la conclusione che sia auspicabile eliminare più prodotti animali possibile, ma non c'è alcun dato scientifico che riporti il fatto che debbano essere pari a zero. Dov'è il problema??? Lo dice lui stesso. I dati scientifici gli mancano proprio perchè non ha avuto la possibilità di studiare popolazioni a tasso zero di prodotti animali, ma "solo" popolazioni cinesi che avevano un BASSO consumo di proteine animali. Ancora qualche dubbio???
RispondiEliminaSul termine VEGANO, che Campbell usa comunque parlando di "ricette vegane" ecc., è altrettanto chiaro che si intende alimentazione priva di alimenti animali di ogni sorta. Ovviamente, chi si ritiene vegano, può avere motivazioni etiche e, per esempio, non indossare capi di lana, cinture di cuoio, ecc., ma ai fini della ricerca scientifica su alimentazione e patologie, non c'entra un fico secco il discorso "etico" o l'abitudine di indossare o meno pellicce o vestirsi di seta o usare lana e cuoio. Veramente non capisco le tue perplessità.
http://www.pcrm.org/health/medNews/vegan-diets-have-lower-cancer-risk
RispondiEliminaNon ho letto tutto quello che è scritto qui ma lo farò. Personalmente, essendo vegetariana, non è stato difficile passare dal vegetarianesimo al veganesimo, seppur con moderazione (vivendo da sola, riesco ad evitare le proteine animali, ma se mangio fuori non mi sconvoglo per una frittata o una pizza con la bufala).Il libro mi ha stupito molto, forse perché ho sempre pensato che ciò che mangiamo è spesso frutto dell'Industria Pubblicitaria e così mi sono lasciata trasportare. Anche io, comunque, credo che in molti passi del libro ci siano notizie da rivedere, rileggere...e magari, per curiosità, si potrebbe andare a leggere anche un po' della bibliografia (lunghissima) che Cambpell ha utilizzato. Molto di ciò che lui scrive, infatti, è si frutto del suo studio Cina ma anche di tante ricerche fatte da altri, proprio per avvalorare le sue tesi.
RispondiEliminaSembra che lui faccia pressione su questa dieta vegana ma mi chiedo: perchè dovrebbe se non avesse dati giusti alla mano? cosa lo spingerebbe a dire cose non reali? non sta vendendo una dieta...
Io credo che ogni cosa vada verificata per cui comprendo le critiche, al contrario di chi dice subito SI o NO. L'unica critica che per ora faccio a quanto ho letto in questo blog riguarda questa risposta "Se avesse letto attentamente il libro in questione si renderebbe conto che l' imperativo che domina è inequivocabile, ed è: "Mangiate solo cibi vegetali". E dove non lo dice esplicitamente lo si deduce facilmente dalle sue tesi, che però non sono supportate dalle prove scientifiche cui fa riferimento".
Leggendo bene il libro si nota come in realtà Cambpell afferma che, rimanendo sotto una certa soglia di proteine animali, queste non producono effetti nocivi (e lo dice in più di un capitolo, proprio a sostegno delle ricerche scientifiche da lui, e non solo, effettuate su topi e ratti); il reale problema nella quotidianità è che non è possibile (proprio perché non viviamo in un laboratorio) stabilire giorno per giorno la percentuale di proteine animali che si ingeriscono ad ogni pasto (C. mette anche una tabella per fare un esempio di quanto afferma); per cui, essendo improbabile se non impossibile rendersi conto di quando si sta per superare il limite di proteine animali, C. afferma che evitarli è la cosa migliore.
Grazie per il commento. Mi fa sempre piacere che i miei lettori partecipino alle discussioni esprimendo le proprie opinioni, quali che siano, dimostrando così interesse e senso critico.
EliminaL' argomento però è troppo complesso per poterti dare una risposta semplice e breve, cosa che peraltro ho già fatto nella terza parte di "Riflessioni su The China Study". Ti consiglio perciò vivamente di leggere il seguito di questo articolo dove appunto sviluppo gli argomenti chiave fino alla conclusione.
E proprio perchè consapevole del fatto che, se non si conoscono tutte le ragioni di entrambe le parti, non ci si può fare un' idea completa di come stiano le cose, ho anche inserito diversi link ad articoli originari dove si potrà seguire direttamente la diatriba (anche nel presente post, se hai notato, ci sono dei link che rimandano ad articoli in inglese scritti dai critici di Campbell, e se per te l' inglese non è un problema ti consiglio di leggerli).
In sostanza ciò che si contesta fondamentalmente a Campbell è che le sue conclusioni, cioè i suoi consigli pratici di eliminare il più possibile i cibi animali, non riflettono i dati oggettivi dello studio originale contenuto in un documento di oltre 800 pagine.