Tra tutti gli approcci alternativi alla salute o naturisti, come vengono anche definiti, quello macrobiotico è sicuramente il meno compreso e di conseguenza il meno popolare. Esso infatti obbliga chi vi si avvicina a compiere un passo cruciale (il classico "salto quantico", come viene spesso definito) nel trascendere i limiti della visione riduttiva e meccanicistica della realtà fenomenica, che contraddistingue l' approccio convenzionale, per abbracciare quella sintetica, unitaria e dinamica (in una parola: olistica), che porta a considerare e integrare anche quei parametri esclusi a priori nel metodo scientifico classico in quanto non valutabili secondo i suoi criteri.
Per fare un semplice esempio, il fatto che una mela abbia una forma palesemente diversa da quella di una pera per la scienza è un dato irrilevante (la forma infatti è un fattore non quantificabile e quindi automaticamente escluso da ogni valutazione scientifica), mentre in realtà quella caratteristica, assieme ad altre analoghe (dimensioni, consistenza, velocità e direzione di crescita, stagionalità, luogo di provenienza e tante altre) ci fornisce precise indicazioni sul tipo di energia che ha determinato e plasmato tutto il suo sviluppo. Questo a sua volta ci suggerisce se e quando quel frutto possa essere indicato per una data persona, una volta accertate la sua costituzione e la sua condizione in base agli stessi princìpi. Tutto ciò dà un significato alle nostre valutazioni, che si esprime attraverso la coerenza di tutti i dati che formano il quadro d' indagine complessivo. Un punto fondamentale che differenzia la macrobiotica, non solo dalla scienza ma anche da altre scuole di pensiero alternative, è dunque il saper cogliere l' aspetto puramente energetico in ogni fenomeno.
Perciò, volendo definire la vera essenza della macrobiotica, si potrebbe dire che è la capacità di applicare con successo la dialettica universale yin-yang (i due archetipi che stanno a designare le energie primordiali) a tutti gli aspetti della vita usando quello strumento prezioso (e oggi sottovalutato e pressochè atrofizzato perchè sopraffatto dalla razionalità) che è l'intuizione, a sua volta frutto di studio costante (nel senso soprattutto di osservazione e riflessione) e di esperienza (e favorito da un buono stato di salute, è il caso di aggiungere).
Molti sedicenti macrobiotici si credono tali perchè aderiscono passivamente ad un certo modello dietetico (o pensano di aderirvi), perchè non mangiano questo o perchè mangiano quello, ma ciò è quantomeno riduttivo per il motivo appena detto.
La macrobiotica dunque non rifiuta la scienza (quella buona, s' intende), e ci mancherebbe... ma la completa. Ed è interessante e degno di assoluto rilievo che in questi ultimi lustri la scienza, grazie ad un approfondimento nella ricerca sulla nutrizione come mai era avvenuto in passato, si sia sempre più avvicinata suo malgrado al modello dietetico macrobiotico standard, confermando quelle geniali intuizioni scaturite paradossalmente proprio da un punto di vista opposto a quello scientifico, particolare questo rimasto ignoto o sfuggito anche a tantissimi professionisti della nutrizione.
Ed è l' ormai notissimo oncologo Prof. Franco Berrino ad averlo fatto per primo notare già tanti anni fa fin dalle prime edizioni del famoso Progetto DIANA (ne ho parlato tempo fa nel post "Macrobiotica: ce ne parla nientemeno che il noto oncologo prof. Franco Berrino"): la dieta proposta nell' esperimento era stata infatti formulata sulla base di una imponente mole di dati soprattutto epidemiologici e non su preconcetti di tipo filosofico o ideologico, e solo dopo aver constatato la stretta somiglianza di questa con lo schema della macrobiotica l' illustre scienziato cominciò a nutrire un sincero interesse per quest'ultima di cui non ha mai fatto mistero.
Questi studi (ma anche altri simili), detto in estrema sintesi, ribadiscono infatti la centralità dei cereali integrali nell' ambito di una dieta sostanzialmente vegetale, l'importanza di evitare quelli raffinati assieme agli zuccheri semplici sottoposti allo stesso trattamento, rivaluta i legumi quale valida fonte proteica alternativa a quella animale, e in particolare la soja per le sue proprietà protettive nei confronti delle malattie cardiovascolari e dei tumori mammari, ridimensionando quindi il ruolo dei cibi animali, che tuttavia, prescindendo da ragioni puramente ideologiche, non sono da escludere a priori se si fanno le dovute distinzioni in termini di quantità, qualità e contesto.
E se di primo acchito questi possono sembrare concetti generali ormai familiari ad un sempre maggior numero di persone sensibili ad un discorso non superficiale su salute e prevenzione, volendo considerare il tutto più in profondità e tenendo conto delle più recenti acquisizioni, ci si accorge di particolari che coincidono in modo impressionante coi concetti della macrobiotica.
Diventa così evidente ad esempio la differenza tra il pesce e gli altri cibi animali di terra, e non solo per la ricchezza nel primo dei preziosi omega 3 e il minor contenuto di grassi saturi, ma anche perchè è l' unico cibo animale a non favorire stati infiammatori cronici, che sono a loro volta all' origine di vari processi degenerativi come il cancro e l' arterioscerosi, per citarne qualcuno.
E' interessante notare che la macrobiotica giunge a conclusioni simili sempre applicando le implicazioni che scaturiscono dalla conoscenza del principio universale yin-yang in base al quale, sapendo che un processo di trasmutazione quale è la nutrizione avviene in modo tanto più facile e proficuo quanto maggiore è la complementarietà tra i termini in gioco, si deduce che gli animali marini, essendo filogeneticamente più antichi di quelli terrestri, sono biologicamente più dissimili a noi e quindi nutrizionalmente più compatibili.
E a proposito di infiammazione gli studi di Berrino, e non solo, danno molta importanza alle verdure anche per le loro proprietà antinfiammatorie, che condividono coi cereali integrali, ad eccezione però delle solanacee (pomodori, patate, melanzane, peperoni), guarda caso notoriamente messe al bando dalla macrobiotica, o tutt' al più relegate tra gli alimenti di uso molto limitato. Se si considera che le solanacee sono anche fra i cibi più ricchi di poliammine (sostanze necessarie in ogni processo di crescita, cancro compreso naturalmente) e che le patate hanno un indice glicemico tra i più alti (che significa più insulina e quindi altri fattori di crescita, tra l' altro), si capisce perchè Berrino ne consigli un consumo molto oculato. Sfortunatamente nella dieta moderna si fa scarso uso di verdure (soprattutto i bambini), e tra quelle poche primeggiano proprio i pomodori e le patate, specie nella cucina italiana, come sappiamo.
Altri cibi ricchi di poliammine sono la frutta in genere, ma in particolare quella tropicale e subtropicale come arance, banane, pompelmi, ananas e kiwi, mentre ne sono privi i frutti di bosco (fragole, more, lamponi, mirtilli ecc.). E anche qui (sarà un altro caso?) c'è una perfetta corrispondenza con quanto dice la macrobiotica, che sconsiglia la frutta tropicale (troppo yin e non in sintonia col nostro ambiente temperato) a favore di quella più yang, come i frutti di bosco appunto, mele e altra frutta locale e di stagione, ma comunque in piccola quantità.
Qualcuno potrebbe facilmente obiettare che la frutta viene universalmente consigliata perchè ritenuta salutare, e in particolare nella prevenzione oncologica per le sue vitamine e antiossidanti, ma quello che dicono i medici e chi scrive sulle riviste non corrisponde necessariamente a quello che la scienza ha oggettivamente accertato. Bisogna sempre tener presente che le opinioni dei professionisti della salute (non sempre aggiornati), oltre ad essere spesso il risultato di notizie filtrate attraverso la sensibilità e i pregiudizi personali, si basano esclusivamente su dati analitici che tendono ad identificare l' effetto di un cibo con quello di una specifica sostanza in esso contenuta, senza tener conto dell' effetto combinato di tutti i costituenti e del contesto. E poi, come evidenzia Berrino nel suo articolo "I 4 pilastri fondamentali nella prevenzione delle recidive del cancro", anche ammessa una sua utilità in ambito preventivo, non è affatto detto che la frutta possa ugualmente giovare a chi abbia già un cancro.
Bisogna inoltre considerare che la frutta attuale, anche quella non particolarmente zuccherina, a causa della coltivazione e conseguenti ibridazioni succedutesi nel corso dei secoli per selezionare varietà sempre più dolci e "gradevoli", ha subìto cambiamenti analoghi a quelli avvenuti nei cereali che ne hanno innalzato notevolmente il contenuto in carboidrati (e con esso l' indice glicemico) a scapito di altre sostanze come vitamine, minerali e antiossidanti, e basta assaggiare la frutta selvatica per accorgersi della differenza che si traduce in un sapore più aspro (per il minor contenuto zuccherino).
Da notare ancora una volta qualcosa di interessante, e cioè che la crescita dei tessuti (che dipende, come abbiamo visto, da poliammine e fattori di crescita IGF-1) è un fenomeno espansivo e perciò per definizione di natura yin. Ebbene, tutti i cibi che innalzano sensibilmente i fattori di crescita e la glicemia, a sua volta collegata ai fattori di crescita, sono classificati dalla macrobiotica come "troppo yin" e quindi sconsigliabili.
Insomma si tratta di esprimere lo stesso concetto in due modi differenti ma compatibili, ed è quello che mi premeva sottolineare.
A questo punto non posso esimermi dal fare una semplice considerazione: come avrete notato, ho riportato notizie che si discostano decisamente da certe teorie dietetiche oggi molto in voga, e ci tenevo a parlarne perchè, come l' esperienza insegna, il fanatismo di molti seguaci di qualsiasi "credo" su cibo e salute è uguagliato solo da quello dei fondamentalisti islamici, e la presunzione che l' accompagna in alcuni casi sconfina nel ridicolo, come quando si pretende di criticare un luminare del calibro di Berrino. E per capire di cosa sto parlando invito chi è interessato a leggersi il post "Luci ed ombre sul simpatico Prof. Franco Berrino" pubblicato sul blog di Valdo Vaccaro.
Michele Nardella
Molti sedicenti macrobiotici si credono tali perchè aderiscono passivamente ad un certo modello dietetico (o pensano di aderirvi), perchè non mangiano questo o perchè mangiano quello, ma ciò è quantomeno riduttivo per il motivo appena detto.
La macrobiotica dunque non rifiuta la scienza (quella buona, s' intende), e ci mancherebbe... ma la completa. Ed è interessante e degno di assoluto rilievo che in questi ultimi lustri la scienza, grazie ad un approfondimento nella ricerca sulla nutrizione come mai era avvenuto in passato, si sia sempre più avvicinata suo malgrado al modello dietetico macrobiotico standard, confermando quelle geniali intuizioni scaturite paradossalmente proprio da un punto di vista opposto a quello scientifico, particolare questo rimasto ignoto o sfuggito anche a tantissimi professionisti della nutrizione.
Ed è l' ormai notissimo oncologo Prof. Franco Berrino ad averlo fatto per primo notare già tanti anni fa fin dalle prime edizioni del famoso Progetto DIANA (ne ho parlato tempo fa nel post "Macrobiotica: ce ne parla nientemeno che il noto oncologo prof. Franco Berrino"): la dieta proposta nell' esperimento era stata infatti formulata sulla base di una imponente mole di dati soprattutto epidemiologici e non su preconcetti di tipo filosofico o ideologico, e solo dopo aver constatato la stretta somiglianza di questa con lo schema della macrobiotica l' illustre scienziato cominciò a nutrire un sincero interesse per quest'ultima di cui non ha mai fatto mistero.
Questi studi (ma anche altri simili), detto in estrema sintesi, ribadiscono infatti la centralità dei cereali integrali nell' ambito di una dieta sostanzialmente vegetale, l'importanza di evitare quelli raffinati assieme agli zuccheri semplici sottoposti allo stesso trattamento, rivaluta i legumi quale valida fonte proteica alternativa a quella animale, e in particolare la soja per le sue proprietà protettive nei confronti delle malattie cardiovascolari e dei tumori mammari, ridimensionando quindi il ruolo dei cibi animali, che tuttavia, prescindendo da ragioni puramente ideologiche, non sono da escludere a priori se si fanno le dovute distinzioni in termini di quantità, qualità e contesto.
E se di primo acchito questi possono sembrare concetti generali ormai familiari ad un sempre maggior numero di persone sensibili ad un discorso non superficiale su salute e prevenzione, volendo considerare il tutto più in profondità e tenendo conto delle più recenti acquisizioni, ci si accorge di particolari che coincidono in modo impressionante coi concetti della macrobiotica.
Diventa così evidente ad esempio la differenza tra il pesce e gli altri cibi animali di terra, e non solo per la ricchezza nel primo dei preziosi omega 3 e il minor contenuto di grassi saturi, ma anche perchè è l' unico cibo animale a non favorire stati infiammatori cronici, che sono a loro volta all' origine di vari processi degenerativi come il cancro e l' arterioscerosi, per citarne qualcuno.
E' interessante notare che la macrobiotica giunge a conclusioni simili sempre applicando le implicazioni che scaturiscono dalla conoscenza del principio universale yin-yang in base al quale, sapendo che un processo di trasmutazione quale è la nutrizione avviene in modo tanto più facile e proficuo quanto maggiore è la complementarietà tra i termini in gioco, si deduce che gli animali marini, essendo filogeneticamente più antichi di quelli terrestri, sono biologicamente più dissimili a noi e quindi nutrizionalmente più compatibili.
E a proposito di infiammazione gli studi di Berrino, e non solo, danno molta importanza alle verdure anche per le loro proprietà antinfiammatorie, che condividono coi cereali integrali, ad eccezione però delle solanacee (pomodori, patate, melanzane, peperoni), guarda caso notoriamente messe al bando dalla macrobiotica, o tutt' al più relegate tra gli alimenti di uso molto limitato. Se si considera che le solanacee sono anche fra i cibi più ricchi di poliammine (sostanze necessarie in ogni processo di crescita, cancro compreso naturalmente) e che le patate hanno un indice glicemico tra i più alti (che significa più insulina e quindi altri fattori di crescita, tra l' altro), si capisce perchè Berrino ne consigli un consumo molto oculato. Sfortunatamente nella dieta moderna si fa scarso uso di verdure (soprattutto i bambini), e tra quelle poche primeggiano proprio i pomodori e le patate, specie nella cucina italiana, come sappiamo.
Altri cibi ricchi di poliammine sono la frutta in genere, ma in particolare quella tropicale e subtropicale come arance, banane, pompelmi, ananas e kiwi, mentre ne sono privi i frutti di bosco (fragole, more, lamponi, mirtilli ecc.). E anche qui (sarà un altro caso?) c'è una perfetta corrispondenza con quanto dice la macrobiotica, che sconsiglia la frutta tropicale (troppo yin e non in sintonia col nostro ambiente temperato) a favore di quella più yang, come i frutti di bosco appunto, mele e altra frutta locale e di stagione, ma comunque in piccola quantità.
Qualcuno potrebbe facilmente obiettare che la frutta viene universalmente consigliata perchè ritenuta salutare, e in particolare nella prevenzione oncologica per le sue vitamine e antiossidanti, ma quello che dicono i medici e chi scrive sulle riviste non corrisponde necessariamente a quello che la scienza ha oggettivamente accertato. Bisogna sempre tener presente che le opinioni dei professionisti della salute (non sempre aggiornati), oltre ad essere spesso il risultato di notizie filtrate attraverso la sensibilità e i pregiudizi personali, si basano esclusivamente su dati analitici che tendono ad identificare l' effetto di un cibo con quello di una specifica sostanza in esso contenuta, senza tener conto dell' effetto combinato di tutti i costituenti e del contesto. E poi, come evidenzia Berrino nel suo articolo "I 4 pilastri fondamentali nella prevenzione delle recidive del cancro", anche ammessa una sua utilità in ambito preventivo, non è affatto detto che la frutta possa ugualmente giovare a chi abbia già un cancro.
Bisogna inoltre considerare che la frutta attuale, anche quella non particolarmente zuccherina, a causa della coltivazione e conseguenti ibridazioni succedutesi nel corso dei secoli per selezionare varietà sempre più dolci e "gradevoli", ha subìto cambiamenti analoghi a quelli avvenuti nei cereali che ne hanno innalzato notevolmente il contenuto in carboidrati (e con esso l' indice glicemico) a scapito di altre sostanze come vitamine, minerali e antiossidanti, e basta assaggiare la frutta selvatica per accorgersi della differenza che si traduce in un sapore più aspro (per il minor contenuto zuccherino).
Da notare ancora una volta qualcosa di interessante, e cioè che la crescita dei tessuti (che dipende, come abbiamo visto, da poliammine e fattori di crescita IGF-1) è un fenomeno espansivo e perciò per definizione di natura yin. Ebbene, tutti i cibi che innalzano sensibilmente i fattori di crescita e la glicemia, a sua volta collegata ai fattori di crescita, sono classificati dalla macrobiotica come "troppo yin" e quindi sconsigliabili.
Insomma si tratta di esprimere lo stesso concetto in due modi differenti ma compatibili, ed è quello che mi premeva sottolineare.
A questo punto non posso esimermi dal fare una semplice considerazione: come avrete notato, ho riportato notizie che si discostano decisamente da certe teorie dietetiche oggi molto in voga, e ci tenevo a parlarne perchè, come l' esperienza insegna, il fanatismo di molti seguaci di qualsiasi "credo" su cibo e salute è uguagliato solo da quello dei fondamentalisti islamici, e la presunzione che l' accompagna in alcuni casi sconfina nel ridicolo, come quando si pretende di criticare un luminare del calibro di Berrino. E per capire di cosa sto parlando invito chi è interessato a leggersi il post "Luci ed ombre sul simpatico Prof. Franco Berrino" pubblicato sul blog di Valdo Vaccaro.
Michele Nardella
Argomento molto interessante. In tema d'alimentazione non se ne sa mai abbastanza. Da quando seguo il tuo blog, ho apportato alcune modifiche comportamentali e mi sento meglio.
RispondiEliminaGrazie. Buona giornata.
Ciao Giancarla,
RispondiEliminaquello che dici mi fa molto piacere, continua così.
GIA'
RispondiEliminaGrazie Michele per queste ineccepibili puntualizzazioni che ci riconducono alla essenzialità delle cose.
RispondiEliminaGrazie Francesco, meno male che ci sei sempre tu che cogli l' importanza dei concetti che esprimo nei miei post.
RispondiEliminaInfatti devo sempre constatare che più le cose che dico sono importanti e ricche di implicazioni, più la reazione della gente è assente, a giudicare dalla carenza di commenti. Mah!
L'articolo è chiaro e condivido quanto scritto. L'unica cosa che mi sento di sottolineare è che il prof. Berrino non è un oncologo ma un epistemiologo, ciò per evitare fraintendimenti per chi vorrebbe una sua consulenza che comunque è di grande valore.
RispondiEliminaSì, lo so, me l' hanno già fatto notare. Berrino è un epidemiologo (e non epistemiologo).
RispondiEliminaTuttavia è risaputo che il nostro scienziato studia il cancro da tanti anni soprattutto dal punto di vista epidemiologico, appunto. Basti citare solo il famoso "Progetto DIANA" sul rapporto tra alimentazione e tumore mammario da lui diretto. Di sicuro sul cancro ne sa più di tanti oncologi, soprattutto se consideriamo le conoscenze che davvero contano.
Ho ritenuto perciò superflua la distinzione, preferendo definirlo oncologo per farmi capire in modo più diretto e inequivocabile da tutti.
Sì, certo, mi correggo: Berrino è un epidemiologo.
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