Costava 1200 lire il tascabile di neanche 200 pagine che mi ha illuminato sul pensiero cinese. Quello che non sono riusciti a fare altri testi ben più voluminosi (compreso un trattato medico di agopuntura di quattro volumi) lo ha fatto quel libricino di Jacques Lavier (ormai introvabile) che, nonostante il titolo, "Medicina Cinese, medicina totale" (Garzanti), non è un testo strettamente medico, almeno non in senso tecnico.
Esso tratta infatti dei fondamenti della medicina d' Estremo Oriente che è parte integrante della cultura, della mentalità e della modalità di pensiero propria di quella tradizione diametralmente opposta alla nostra occidentale. E' dunque di cruciale importanza comprenderne l' essenza perchè la medicina fa parte di quello specifico contesto che è un tutt'uno inseparabile.
Ed è soprattutto quell' opuscolo, così sintetico eppure profondo (proprio vero che nella botte piccola c'è il vino buono), che mi ha ispirato nel presentare l' I King nel mio post precedente al quale adesso mi ricollego, come anticipato.
Ho parlato di pensiero diametralmente opposto al nostro in quanto, se nella nostra cultura concepiamo unicamente il procedimento lineare, temporale, causale (ne ho parlato l' altra volta), quella estremo-orientale si basa invece sul principio dell' analogia, che è atemporale e circolare, focalizzandosi semplicemente su ciò che mette in relazione elementi completamente diversi tra loro. Insomma, se la scienza e il nostro modo convenzionale di pensare e valutare tendono ad analizzare, discriminare, separare, concentrandosi su ciò che differenzia i vari fenomeni, il pensiero analogico al contrario è interessato a ciò che tali fenomeni hanno in comune, e quindi a sintetizzare, a unificare entro determinati princìpi. Si potrebbe indicare il concetto di insieme matematico come esempio corrispondente in ambito scientifico.
In realtà tali princìpi, sia pure conosciuti sotto nomi e metafore diversi, erano piuttosto comuni in tutte le culture più antiche, comprese quelle occidentali, perchè prima dell' avvento della scienza quello era l' unico modo di elaborare idee e concetti, e non a caso nel post precedente l' ho chiamato "pensiero primitivo". Col passare dei secoli però quelle conoscenze in occidente sono andate completamente perdute, mentre si sono conservate meglio presso altre popolazioni in oriente. Ecco spiegata dunque la differenza.
"All' inizio Iddio creò il cielo e la terra... " si legge infatti nella Bibbia, che fuor di metafora significa che l' Infinito, l' Assoluto, il Tao (chiamatelo come volete) si manifesta differenziandosi in due princìpi: quello positivo, attivo, emittente, creativo, maschile, energetico (yang) e quello negativo, passivo, ricevente, femminile, materiale (yin). Allo stesso modo i "7 giorni della creazione" stanno ad indicare i sette stadi che intercorrono nel passaggio dall' Infinito all' essere umano, punto terminale del processo di materializzazione. Da notare che il numero 7, inteso come rapporto fra fattori opposti e complementari, è ricorrente in molti aspetti del mondo fenomenico.
Non a caso nella filosofia cinese è proprio il Cielo a simboleggiare il principio attivo, creativo, il quale, essendo intangibile ed illimitato e inoltre mutevole per l' alternarsi dei giorni e delle stagioni coi loro eventi meteorologici, si fa riferire a tutto ciò che è immateriale, non misurabile e dinamico. Il Cielo dunque con la sua energia (che non è solo quella solare) nutre la Terra, rappresentante la materia, il quantificabile, lo statico, la quale a sua volta, grazie a quella energia, produce i vari esseri viventi, uomo compreso, che costituisce l' apice della creazione, come appena detto.
Ed ecco così un terzo simbolismo, l' uomo appunto, con cui si suole rappresentare l' interazione fra yin e yang, il loro prodotto, ossia il fenomeno che, in quanto tale, contiene necessariamente entrambi i princìpi generatori, concetto sintetizzato nel noto schema gerarchico cinese "Cielo-Uomo-Terra". I suddetti princìpi però si combinano di volta in volta in infinite proporzioni e ciò rende ragione della illimitata varietà delle manifestazioni fenomeniche. Per rendersi conto in modo concreto e oggettivo della relatività dei termini yin e yang e del fatto che siano inseparabili basta immaginare una retta secante perpendicolare all' asse verticale del conosciutissimo cerchio che rappresenta in modo geniale il Tao e la dinamica dei princìpi da esso scaturiti: in qualunque punto avvenga l' intersezione, le sezioni così delimitate contegono sempre sia yin che yang, infatti anche nei punti dove questi raggiungono il loro valore massimo il loro rispettivo opposto non si annulla.
Quello della trinità, del resto, è un concetto ricorrente in ogni tradizione: il tre è sempre stato considerato il numero perfetto e tutti conosciamo il motto "Non c'è due senza tre", anche se di solito non ci si chiede il perchè; Lao Tzu, fondatore del Taoismo, diceva: "L' Uno (il Tao) ha prodotto il Due (yin e yang), il Due ha prodotto il Tre (la manifestazione) e il Tre ha prodotto i 10.000 esseri" e anche nel Cristianesimo, come sappiamo, si ripropongono gli stessi concetti parlando di Santa Trinità (Padre, Figlio e Spirito Santo).
Molto interessante il linguaggio usato dall' I King che notoriamente si serve di una linea intera per indicare lo yang (in quanto simbolo della qualità, dell' immateriale e pertanto dell' indifferenziato e non-quantificabile) e di una spezzata per lo yin (il materiale, il molteplice e perciò quantificabile). Combinando a due a due queste linee si ottengono quattro simboli binari che si fanno corrispondere ai punti di intersezione di una coppia di assi complementari, uno orizzontale e uno verticale, con un cerchio per formare un sistema di corrispondenze spaziale e temporale. Così l' asse verticale, che riflette la verticalità di Cielo e Terra, si fa corrispondere allo yang pieno (due linee intere) e allo yin pieno (due linee spezzate), che saranno ubicati rispettivamente in alto, come il cielo, e in basso, come la terra; al contrario, sull' asse orizzontale verranno posti i rimanenti due bigrammi intermedi (linea intera e linea spezzata) i quali, proprio per questo carattere di indeterminatezza, rappresentano una fase di transizione, di passaggio dallo yin allo yang e dallo yang allo yin a seconda della posizione reciproca delle linee.
Ecco dunque comparire il concetto di ciclicità ben espresso dalla figura geometrica del cerchio, dato che yin e yang si trasformano l' uno nell' altro, nonchè il famoso terzo fattore prodotto da yin e yang, il fenomeno, il manifesto che, per la sua natura intrinsecamente dinamica, è in perenne mutamento. Esso è rappresentato dall' asse orizzontale, che per questo viene identificato anche come asse delle trasformazioni, mentre analogamente quello verticale viene chiamato asse degli stati perchè, unendo yin e yang nella loro piena espressione, che si può considerare un punto d' arrivo, corrisponde al principio creativo da cui origina ogni fenomeno, perciò "nobile", perfetto e immutabile.
Come si può capire, con la comparsa dell' asse orizzontale che rappresenta i valori intermedi di yin e yang abbiamo ottenuto un primo livello di differenziazione, dando luogo tuttavia ad uno schema ancora troppo grossolano per poter esprimere corrispondenze cogli infiniti fenomeni della realtà. Si pensi infatti ad esempio ai punti cardinali: se vogliamo essere precisi nell' indicare una direzione non possiamo limitarci a considerare solo i punti fondamentali, ma anche altre direzioni intermedie, come sud-est, nord-ovest, ecc. Per questo motivo alla coppia di assi verticale e orizzontale (chiamati assi cardinali) bisogna aggiungerne un' altra complementare formata da due assi obliqui (semi-cardinali) perpendicolari fra loro e intersecanti il cerchio in punti intermedi a quelli già considerati, in modo da dividerlo in otto sezioni uguali partendo dalle quattro originarie. Ma per poter tradurre nel nostro simbolismo il risultato dell' introduzione di questo nuovo elemento bisogna rendere più elaborati i bigrammi già conosciuti aggiungendo un' altra linea che li trasformerà così in otto trigrammi risultanti da tutte le combinazioni possibili di linee intere e spezzate nelle loro varie posizioni. Eccoci dunque giunti al famoso pittogramma denominato Pa-Kua che rappresenta questo schema (vedi prima figura qui in alto), riproponendo la centralità del concetto di trinità ricorrente nella filosofia cinese che dà un senso compiuto ai principi originari yin e yang.
Questi otto trigrammi, dislocati a intervalli regolari lungo la circonferenza e designati coi nomi simbolici di cielo, terra, fuoco, acqua, tuono, vento, montagna e lago, non sono altro che archetipi, simboli universali per rappresentare processi e qualità che si riscontrano nella natura.
Da questo schema si evince che i quattro trigrammi situati fra quelli corrispondenti agli assi cardinali (orizzontale e verticale) delimitano altrettanti settori: quello superiore, il destro, l' inferiore e il sinistro ai quali si assegna un elemento che ne descrive il significato, sempre usando il principio dell' analogia. Abbiamo così il fuoco che corrisponde al settore superiore e quindi al grande yang, il metallo al settore destro (piccolo yin), l' acqua a quello inferiore (grande yin) e il legno a quello sinistro corrispondente al piccolo yang.
I quattro elementi appena citati sono dunque definiti grazie a quei quattro trigrammi che li generano, li contengono, li delimitano. Ed essendo questi ultimi parte integrante dello schema rappresentante un ciclo universale spazio-temporale, sono da considerare nel loro insieme un quinto elemento di riferimento che perciò entra in gioco nel sistema di relazioni di tutti gli elementi (ciclo di generazione e ciclo di controllo, o di inibizione). Insomma, per fare chiarezza con qualche esempio, il "caldo" (yang) e il "freddo" (yin), essendo questi concetti relativi, sottintendono un termine di riferimento necessariamente neutro, che è ciò che dà senso a quelle qualità. Allo stesso modo le 4 direzioni cardinali potranno essere definite soltanto in relazione ad un punto centrale, che sarà il "quinto elemento", o referenziale, di quel sistema (il termine "quintessenza" ha evidentemente qui le sue radici). E a questo speciale elemento viene assegnato il nome di terra (da non confondere con la terra della triade cielo-uomo-terra), che passerà dalla posizione centrale all' interno del cerchio, la più logica ed intuitiva per gli schemi rappresentanti solo fenomeni spaziali, a quella periferica sulla circonferenza per includere anche quelli temporali, dove occuperà la posizione fra il fuoco e il metallo, cioè tra la fine della fase yang e l' inizio di quella yin per confermare il suo ruolo di centralità.
In questo sistema, per il suo carattere di universalità, sono dunque inventariati tutti i fenomeni e le qualità riscontrabili in natura, il che è sufficiente a indurre grande sconcerto in qualsiasi razionalista, che non capirà cosa possano avere in comune, per fare un esempio, la primavera, il vento, il sapore aspro e il fegato, tutti fenomeni diversissimi ed eterogenei e tuttavia raggruppati nello stesso elemento legno. Ma non si tratta di antiche superstizioni e baggianate. Solo conoscendo caratteristiche e funzioni di ogni singolo elemento e allenandosi a scoprire le analogie esistenti fra i fenomeni in essi implicati si potrà infatti fornire una spiegazione che è in questi termini: tutti i fenomeni appena menzionati, se messi a confronto con gli altri rispettivi termini ad essi omogenei (e cioè la primavera con le rimanenti stagioni, il vento con le altre manifestazioni climatiche, il sapore aspro con gli altri sapori e il fegato con gli altri organi interni) esprimono lo stesso dinamismo, la stessa qualità energetica simboleggiata appunto dalla fase di trasformazione legno. Fra tutti questi termini esiste dunque una correlazione (particolare, questo, gravido di numerose interessanti implicazioni in campo medico).
Ma, come sappiamo, i trigrammi sono anche l' alfabeto dell' I King, conosciuto per i suoi esagrammi ottenuti appunto dalla sovrapposizione di due di essi. Ognuno degli otto trigrammi, infatti, viene fatto combinare con tutti gli altri raggiungendo così il fatidico numero di 64 esagrammi, il cui significato deriva da quello dei trigrammi che li compongono e dalla loro posizione superiore o inferiore. Questi nuovi simboli dunque, grazie all' ulteriore grado di complessità così raggiunto, esprimono tutte le possibili situazioni della vita, fatto che giustifica l' uso dell' I King come testo oracolare.
Mi rendo conto che l' argomento testè trattato non è dei più semplici, soprattutto per chi si propone di spiegarlo, ed è molto facile per un neofita ritrovarsi nella più totale confusione ad un primo approccio, perciò è importante soffermarsi attentamente su ogni particolare della teoria cercando di coglierne il significato vero, senza fermarsi al significato letterale delle parole. Ecco perchè ho (modestamente) cercato di spiegare a modo mio concetti che il più della volte, a mio giudizio, non trovano adeguato chiarimento nella letteratura divulgativa. E se sarò riuscito a dare un contributo in questo senso lo dovrò in parte a quell' opuscolo menzionato prima.
Michele Nardella
Esso tratta infatti dei fondamenti della medicina d' Estremo Oriente che è parte integrante della cultura, della mentalità e della modalità di pensiero propria di quella tradizione diametralmente opposta alla nostra occidentale. E' dunque di cruciale importanza comprenderne l' essenza perchè la medicina fa parte di quello specifico contesto che è un tutt'uno inseparabile.
Ed è soprattutto quell' opuscolo, così sintetico eppure profondo (proprio vero che nella botte piccola c'è il vino buono), che mi ha ispirato nel presentare l' I King nel mio post precedente al quale adesso mi ricollego, come anticipato.
Ho parlato di pensiero diametralmente opposto al nostro in quanto, se nella nostra cultura concepiamo unicamente il procedimento lineare, temporale, causale (ne ho parlato l' altra volta), quella estremo-orientale si basa invece sul principio dell' analogia, che è atemporale e circolare, focalizzandosi semplicemente su ciò che mette in relazione elementi completamente diversi tra loro. Insomma, se la scienza e il nostro modo convenzionale di pensare e valutare tendono ad analizzare, discriminare, separare, concentrandosi su ciò che differenzia i vari fenomeni, il pensiero analogico al contrario è interessato a ciò che tali fenomeni hanno in comune, e quindi a sintetizzare, a unificare entro determinati princìpi. Si potrebbe indicare il concetto di insieme matematico come esempio corrispondente in ambito scientifico.
In realtà tali princìpi, sia pure conosciuti sotto nomi e metafore diversi, erano piuttosto comuni in tutte le culture più antiche, comprese quelle occidentali, perchè prima dell' avvento della scienza quello era l' unico modo di elaborare idee e concetti, e non a caso nel post precedente l' ho chiamato "pensiero primitivo". Col passare dei secoli però quelle conoscenze in occidente sono andate completamente perdute, mentre si sono conservate meglio presso altre popolazioni in oriente. Ecco spiegata dunque la differenza.
"All' inizio Iddio creò il cielo e la terra... " si legge infatti nella Bibbia, che fuor di metafora significa che l' Infinito, l' Assoluto, il Tao (chiamatelo come volete) si manifesta differenziandosi in due princìpi: quello positivo, attivo, emittente, creativo, maschile, energetico (yang) e quello negativo, passivo, ricevente, femminile, materiale (yin). Allo stesso modo i "7 giorni della creazione" stanno ad indicare i sette stadi che intercorrono nel passaggio dall' Infinito all' essere umano, punto terminale del processo di materializzazione. Da notare che il numero 7, inteso come rapporto fra fattori opposti e complementari, è ricorrente in molti aspetti del mondo fenomenico.
Non a caso nella filosofia cinese è proprio il Cielo a simboleggiare il principio attivo, creativo, il quale, essendo intangibile ed illimitato e inoltre mutevole per l' alternarsi dei giorni e delle stagioni coi loro eventi meteorologici, si fa riferire a tutto ciò che è immateriale, non misurabile e dinamico. Il Cielo dunque con la sua energia (che non è solo quella solare) nutre la Terra, rappresentante la materia, il quantificabile, lo statico, la quale a sua volta, grazie a quella energia, produce i vari esseri viventi, uomo compreso, che costituisce l' apice della creazione, come appena detto.
Ed ecco così un terzo simbolismo, l' uomo appunto, con cui si suole rappresentare l' interazione fra yin e yang, il loro prodotto, ossia il fenomeno che, in quanto tale, contiene necessariamente entrambi i princìpi generatori, concetto sintetizzato nel noto schema gerarchico cinese "Cielo-Uomo-Terra". I suddetti princìpi però si combinano di volta in volta in infinite proporzioni e ciò rende ragione della illimitata varietà delle manifestazioni fenomeniche. Per rendersi conto in modo concreto e oggettivo della relatività dei termini yin e yang e del fatto che siano inseparabili basta immaginare una retta secante perpendicolare all' asse verticale del conosciutissimo cerchio che rappresenta in modo geniale il Tao e la dinamica dei princìpi da esso scaturiti: in qualunque punto avvenga l' intersezione, le sezioni così delimitate contegono sempre sia yin che yang, infatti anche nei punti dove questi raggiungono il loro valore massimo il loro rispettivo opposto non si annulla.
Il Tao che comprende Yin e Yang |
Molto interessante il linguaggio usato dall' I King che notoriamente si serve di una linea intera per indicare lo yang (in quanto simbolo della qualità, dell' immateriale e pertanto dell' indifferenziato e non-quantificabile) e di una spezzata per lo yin (il materiale, il molteplice e perciò quantificabile). Combinando a due a due queste linee si ottengono quattro simboli binari che si fanno corrispondere ai punti di intersezione di una coppia di assi complementari, uno orizzontale e uno verticale, con un cerchio per formare un sistema di corrispondenze spaziale e temporale. Così l' asse verticale, che riflette la verticalità di Cielo e Terra, si fa corrispondere allo yang pieno (due linee intere) e allo yin pieno (due linee spezzate), che saranno ubicati rispettivamente in alto, come il cielo, e in basso, come la terra; al contrario, sull' asse orizzontale verranno posti i rimanenti due bigrammi intermedi (linea intera e linea spezzata) i quali, proprio per questo carattere di indeterminatezza, rappresentano una fase di transizione, di passaggio dallo yin allo yang e dallo yang allo yin a seconda della posizione reciproca delle linee.
Ecco dunque comparire il concetto di ciclicità ben espresso dalla figura geometrica del cerchio, dato che yin e yang si trasformano l' uno nell' altro, nonchè il famoso terzo fattore prodotto da yin e yang, il fenomeno, il manifesto che, per la sua natura intrinsecamente dinamica, è in perenne mutamento. Esso è rappresentato dall' asse orizzontale, che per questo viene identificato anche come asse delle trasformazioni, mentre analogamente quello verticale viene chiamato asse degli stati perchè, unendo yin e yang nella loro piena espressione, che si può considerare un punto d' arrivo, corrisponde al principio creativo da cui origina ogni fenomeno, perciò "nobile", perfetto e immutabile.
Come si può capire, con la comparsa dell' asse orizzontale che rappresenta i valori intermedi di yin e yang abbiamo ottenuto un primo livello di differenziazione, dando luogo tuttavia ad uno schema ancora troppo grossolano per poter esprimere corrispondenze cogli infiniti fenomeni della realtà. Si pensi infatti ad esempio ai punti cardinali: se vogliamo essere precisi nell' indicare una direzione non possiamo limitarci a considerare solo i punti fondamentali, ma anche altre direzioni intermedie, come sud-est, nord-ovest, ecc. Per questo motivo alla coppia di assi verticale e orizzontale (chiamati assi cardinali) bisogna aggiungerne un' altra complementare formata da due assi obliqui (semi-cardinali) perpendicolari fra loro e intersecanti il cerchio in punti intermedi a quelli già considerati, in modo da dividerlo in otto sezioni uguali partendo dalle quattro originarie. Ma per poter tradurre nel nostro simbolismo il risultato dell' introduzione di questo nuovo elemento bisogna rendere più elaborati i bigrammi già conosciuti aggiungendo un' altra linea che li trasformerà così in otto trigrammi risultanti da tutte le combinazioni possibili di linee intere e spezzate nelle loro varie posizioni. Eccoci dunque giunti al famoso pittogramma denominato Pa-Kua che rappresenta questo schema (vedi prima figura qui in alto), riproponendo la centralità del concetto di trinità ricorrente nella filosofia cinese che dà un senso compiuto ai principi originari yin e yang.
Questi otto trigrammi, dislocati a intervalli regolari lungo la circonferenza e designati coi nomi simbolici di cielo, terra, fuoco, acqua, tuono, vento, montagna e lago, non sono altro che archetipi, simboli universali per rappresentare processi e qualità che si riscontrano nella natura.
Da questo schema si evince che i quattro trigrammi situati fra quelli corrispondenti agli assi cardinali (orizzontale e verticale) delimitano altrettanti settori: quello superiore, il destro, l' inferiore e il sinistro ai quali si assegna un elemento che ne descrive il significato, sempre usando il principio dell' analogia. Abbiamo così il fuoco che corrisponde al settore superiore e quindi al grande yang, il metallo al settore destro (piccolo yin), l' acqua a quello inferiore (grande yin) e il legno a quello sinistro corrispondente al piccolo yang.
I quattro elementi appena citati sono dunque definiti grazie a quei quattro trigrammi che li generano, li contengono, li delimitano. Ed essendo questi ultimi parte integrante dello schema rappresentante un ciclo universale spazio-temporale, sono da considerare nel loro insieme un quinto elemento di riferimento che perciò entra in gioco nel sistema di relazioni di tutti gli elementi (ciclo di generazione e ciclo di controllo, o di inibizione). Insomma, per fare chiarezza con qualche esempio, il "caldo" (yang) e il "freddo" (yin), essendo questi concetti relativi, sottintendono un termine di riferimento necessariamente neutro, che è ciò che dà senso a quelle qualità. Allo stesso modo le 4 direzioni cardinali potranno essere definite soltanto in relazione ad un punto centrale, che sarà il "quinto elemento", o referenziale, di quel sistema (il termine "quintessenza" ha evidentemente qui le sue radici). E a questo speciale elemento viene assegnato il nome di terra (da non confondere con la terra della triade cielo-uomo-terra), che passerà dalla posizione centrale all' interno del cerchio, la più logica ed intuitiva per gli schemi rappresentanti solo fenomeni spaziali, a quella periferica sulla circonferenza per includere anche quelli temporali, dove occuperà la posizione fra il fuoco e il metallo, cioè tra la fine della fase yang e l' inizio di quella yin per confermare il suo ruolo di centralità.
I due schemi raffiguranti le relazioni dei 5 elementi |
Ma, come sappiamo, i trigrammi sono anche l' alfabeto dell' I King, conosciuto per i suoi esagrammi ottenuti appunto dalla sovrapposizione di due di essi. Ognuno degli otto trigrammi, infatti, viene fatto combinare con tutti gli altri raggiungendo così il fatidico numero di 64 esagrammi, il cui significato deriva da quello dei trigrammi che li compongono e dalla loro posizione superiore o inferiore. Questi nuovi simboli dunque, grazie all' ulteriore grado di complessità così raggiunto, esprimono tutte le possibili situazioni della vita, fatto che giustifica l' uso dell' I King come testo oracolare.
Mi rendo conto che l' argomento testè trattato non è dei più semplici, soprattutto per chi si propone di spiegarlo, ed è molto facile per un neofita ritrovarsi nella più totale confusione ad un primo approccio, perciò è importante soffermarsi attentamente su ogni particolare della teoria cercando di coglierne il significato vero, senza fermarsi al significato letterale delle parole. Ecco perchè ho (modestamente) cercato di spiegare a modo mio concetti che il più della volte, a mio giudizio, non trovano adeguato chiarimento nella letteratura divulgativa. E se sarò riuscito a dare un contributo in questo senso lo dovrò in parte a quell' opuscolo menzionato prima.
Michele Nardella
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