domenica 24 giugno 2018

La scienza è ancora affidabile?

La notizia non è nuovissima ma, siccome i soliti mass media non ne hanno dato risalto (come quasi sempre succede in casi analoghi), ho pensato fosse il caso di farlo io perchè questo mi dà l'occasione di chiarire alcuni concetti fondamentali inerenti alla scienza di solito incompresi a quanto pare, o non tenuti in debita considerazione, ma di importanza cruciale per capire i limiti intrinseci di quella che sembra essere diventata la nuova religione dell'uomo moderno.

Per quanto eclatante e paradossale possa essere, sembra infatti che i risultati di molti studi scientifici, compresi quelli accettati ufficialmente, siano inattendibili, pur se per ovvi motivi nessuno è ancora disposto ad ammetterlo pubblicamente.

Uno dei requisiti per qualificare uno studio come "scientifico" è la riproducibilità, ossia la possibilità di giungere agli stessi risultati ripetendo l'esperimento in altre circostanze (ma di questo parlerò più avanti). Ebbene sono ormai sempre più numerose le prove che questo non sempre si verifica anzi, per dirla tutta, gli insuccessi riguardano addirittura la maggior parte dei casi ( qui c'è un lungo articolo che ne parla con dovizia di particolari). Ciononostante esperimenti non dimostrati vengono utilizzati come base per ulteriori ricerche in campo farmacologico!

Le ragioni di questa situazione sono molteplici, ma in sostanza tutto parte dal fatto che i test sperimentali sono diventati sempre più sofisticati e complessi, ragion per cui anche una piccola differenza nel protocollo adottato può portare ad un risultato diverso, soprattutto se a ciò si accompagna la negligenza degli operatori nell'eseguire le procedure.

A volte neppure la cosiddetta revisione paritaria (peer review), ossia l'analisi di un lavoro scientifico da parte di una commissione di esperti colleghi dell'autore della ricerca, è una garanzia di sicurezza, come dovrebbe essere secondo le intenzioni, in quanto certi studi sono talmente specialistici che non è possibile riunire un numero sufficiente di professionisti competenti per esaminarli, tuttavia questi ricevono ugualmente l'approvazione. Come dire: "Il lavoro  è interessante e sembra fatto bene, inoltre tu sei un professionista conosciuto e stimato, perciò ci fidiamo e lo pubblichiamo...  anche se non ci capiamo niente." 

In aggiunta a tutto questo c'è da dire che, molto umanamente, gli scienziati a volte sono portati ad alterare certi risultati quando questi non confermano le loro aspettative, in quanto per poter fare carriera e ottenere finanziamenti hanno la necessità di pubblicare quanti più lavori possibili, e possibilmente di interesse generale, su riviste specializzate. Secondo uno studio del 2009 dal titolo emblematico, "Quanti scienziati falsificano i dati e fabbricano ad hoc le ricerche?", del prof. Daniele Fanelli dell'Università di Edimburgo, quasi il 14% degli scienziati intervistati ha affermato di conoscere colleghi che hanno manipolato dati e il 34% ha ammesso di aver intenzionalmente selezionato i dati che gli interessava mettere in evidenza. Del resto le stesse università e le riviste scientifiche non sono particolarmente interessate a studi di riproducibilità perché non hanno convenienza a divulgare notizie riguardanti il fallimento di precedenti lavori. E' ormai risaputo che gli insuccessi vengono regolarmente occultati e messi in evidenza solo i risultati positivi.

Ad ogni modo, a prescindere dalla scarsa onestà di scienziati e istituzioni, da cui purtroppo evidentemente neppure loro sono immuni, ciò che mi preme far notare è che gli aspetti tecnici che possono falsificare i risultati di esperimenti fanno parte di un problema generale che riguarda i postulati di quello che viene definito "metodo scientifico" su cui conviene soffermarsi.

Quest'ultimo si prefigge, nel far luce su un dato campo d'indagine, di  distinguere e separare quelle che sono le impressioni, le percezioni soggettive, che danno luogo alle opinioni personali, da ciò che è oggettivo e dimostrabile. Un rigore necessario, dunque, che costituisce senza dubbio il punto forte della scienza, ma che ha il suo rovescio della medaglia.

Per raggiungere lo scopo si devono così utilizzare nello studio di un fenomeno mezzi e procedure condivisi da tutti gli scienziati, dunque regole che consentano a chiunque sia competente in materia di controllare i risultati di un esperimento in modo da confermare o invalidare una tesi. Se un risultato può essere ripetuto seguendo la stessa procedura lo si può infatti considerare veritiero e non un semplice caso.

Un secondo requisito è la possibilità di esprimere un concetto o una legge in un linguaggio matematico, essendo questo garanzia di precisione assoluta che esclude ogni interpretazione personale.

Infine l'esperimento si deve poter ripetere in laboratorio in modo da poterlo esaminare sotto ogni aspetto con strumenti adeguati.

Galileo, il "padre" della scienza
Dunque le premesse sono ineccepibili sul piano della logica astratta, tuttavia nella pratica ci sono limiti in ognuno di questi tre punti. 

Solo una parte dei fenomeni si presta infatti ad essere osservata e studiata secondo i criteri invalsi nella comunità scientifica e in questi non rientrano quelli  che non possono essere quantificati e misurati, comprese molte caratteristiche  dei sistemi viventi, come pure alcuni fenomeni non ordinari  per i quali non esistono strumenti di osservazione e misurazione adeguati. Come si fa a valutare oggettivamente e misurare sensazioni ed emozioni, colori, sapori e altre qualità?

Ebbene, tutti questi aspetti caratterizzanti la vita reale, e non quella asettica ed astratta del laboratorio, sono esclusi a priori dall'analisi scientifica, ma ciò che è peggio è, com'è consuetudine tra gli scienziati, considerarli irrilevanti ai fini del risultato finale, o in alcuni casi addirittura negarne l'esistenza!

I limiti degli altri due requisiti scientifici sono un corollario di quanto appena detto: non tutti i fenomeni possono infatti essere espressi in termini matematici, come pure sembra evidente che non è possibile riprodurre in laboratorio, se non con molta approssimazione, le condizioni che si trovano a vivere gli organismi viventi nel loro ambiente naturale.

Il metodo scientifico pretende di giungere alla conoscenza oggettiva di un fenomeno dissezionando l'oggetto di studio nei suoi componenti elementari più minuti e individuandone le interazioni reciproche. E' quello che si definisce riduzionismo, ma è risaputo che un insieme non è mai uguale alla semplice somma delle sue parti. Ciò vale soprattutto per sistemi particolarmente complessi come gli organismi viventi, le cui singole parti (ammesso pure di poterle conoscere tutte) non interagiscono solo in senso puramente meccanicistico, cioè in ordine sequenziale secondo la legge di causa-effetto, ma secondo modelli ciclici di flusso di informazione conosciuti come "anelli di retroazione" (feedback), in cui il prodotto finale di un processo controlla ciò che gli ha dato inizio: una modalità ben più complessa che non può essere compresa con la semplice analisi. Inoltre ogni insieme è parte a sua volta di un insieme più grande con cui si trova a interagire (si definisce olone un'entità con questa caratteristica).

C'è poi un limite pratico nell'individuare attraverso l'analisi tutti i componenti di un insieme e nell'impossibilità di farlo si devono considerare solo gli aspetti salienti. Gli scienziati dunque estrapolano da alcuni dati raccolti e messi in relazione logica fra loro una legge, una regola che però, non tenendo conto di ciò che non si è potuto prendere in considerazione, non può che risultare approssimativa, ossia una semplificazione, un'idea, una mappa della realtà, e non la realtà stessa. Questo concetto è reso molto efficacemente dall'aforisma "La mappa non è il territorio", come afferma lo studioso di semantica Alfred Korzybsky.

I particolari mancanti possono non essere inclusi nell'analisi del fenomeno non solo perché impossibili da valutare in termini strettamente scientifici, ma anche perché sconosciuti al momento della sperimentazione, oppure troppo complessi da calcolare in pratica, o ancora perché talmente modesti che, anche tenendone conto, non cambierebbero il risultato finale, il che avviene piuttosto spesso.

E in effetti molte delle verità scientifiche hanno trovato piena verifica nella pratica ma, rimanendo sempre astrazioni, si devono considerare verità statistiche, e non assolute, almeno finchè si opera nell'ambito di sistemi complessi, dove vigono principi più sofisticati di quelli puramente meccanicistici, come abbiamo visto.

Purtroppo proprio il fatto che il metodo scientifico classico abbia dato risultati spettacolari in certi campi ha fatto sì che gli venissero attribuite competenze che vanno al di là delle sue reali possibilità, generando il mito che vede nella scienza una intrinseca garanzia di precisione assoluta e infallibilità e con esso l'atteggiamento deterministico degli scienziati oggi così diffuso.

Questo spiega perché, nonostante gli indiscutibili e notevoli progressi nelle conoscenze biologiche e mediche e nella tecnologia che ne è seguita, le malattie più significative che caratterizzano la nostra attuale società, come cancro e altre malattie degenerative cresciute tutte a dismisura, rimangano sostanzialmente incomprese e soprattutto gestite sintomaticamente, dunque senza una soluzione completa e definitiva (checchè ne dicano i soliti "esperti"). In questo sistema infatti i fondi per la ricerca confluiscono in quei progetti  formulati sempre all'interno della stessa cornice concettuale meccanicistica e riduzionistica caratterizzante il pensiero vigente, ma evidentemente tante informazioni servono a poco se non si sa come organizzarle in un quadro sintetico e coerente. Il problema è dunque a monte.

Da notare che già  circa un secolo fa il modello meccanicistico derivante dalla fisica newtoniana ha dovuto essere abbandonato a favore della teoria quantistica in quanto non poteva spiegare i fenomeni sub-atomici, mostrando così i suoi limiti perfino a livello strettamente fisico-inorganico. D'altro canto più o meno nello stesso periodo quel modello si dovette rivelare inadeguato anche per quanto riguarda i fenomeni inerenti all'astrofisica, fatto che poi indusse Einstein e altri scienziati ad elaborare la teoria della relatività (prima quella cosiddetta ristretta, o speciale, e poi quella generale).

Insomma da questo si deduce che il modello classico rivela i suoi limiti anche in campo fisico, ossìa quello ad esso più congeniale, dimostrandosi inadeguato nell'ambito dell'estremamente piccolo (livello atomico e sub-atomico, dove deve essere sostituito dalla teoria dei quanti), come pure in quello dell'estremamente grande (astrofisica, dove deve essere sostituito dalla teoria della relatività). Tuttavia, incuranti delle implicazioni di queste scoperte, le scienze della vita hanno continuato  a svilupparsi fedeli al vecchio modello.

Da tempo è sempre più sentita l'esigenza, anche nell'ambiente scientifico accademico, di andare oltre i limiti della concezione scientifica che ha dominato gli ultimi secoli. In questo lasso di tempo si è sviluppato esclusivamente l'aspetto razionale della conoscenza, che è andato a scapito dell'intuizione, altra modalità di conoscenza non meno importante, e dell'analisi a scapito della sintesi, così c'è oggi più che mai bisogno di integrazione e interdisciplinarietà. La scienza del futuro non potrà dunque fare a meno di integrare le conoscenze classiche con la visione olistica e intuitiva, prerogativa delle antiche tradizioni di pensiero. A tal proposito trovo molto significative le parole di Andrea Pensotti, chimico farmaceutico, pronunciate in occasione del congresso mondiale di studi sulla coscienza tenutosi a San Diego (California) assieme al linguista Noam Chomsky:

"Per anni la scienza si è concentrata sull'analisi dei 'singoli pezzi' della natura, l'ha sezionata alla ricerca degli ingranaggi primordiali. E' ora necessario riscoprire la capacità di collegare i singoli pezzi studiati e comprendere meglio il senso di quei processi che guidano l'organizzazione e l'evoluzione della materia vivente. Bisogna tornare alla semplificazione dei concetti, passare da una sintattica della vita ad una semantica della vita".
 


Michele Nardella

7 commenti:

  1. LA SCIENZA NON ESISTE PIU'
    Uno scienziato ebbe a dire che questo periodo storico per la scienza verrà ricordato come il più buio dell'intera storia umana, un altro che sono decenni che non si fanno più coperte scientifiche, un Nobel in medicina in una conferenza disse che per conoscere in anticipo i risultati di una ricerca basta sapere chi è il finanziatore.
    IL METODO SCIENTIFICO NON ESISTE PIù
    Ed stato sostituito dalla scienza deduttiva basata sulla maggioranza, chi sta al vertice decide quali teorie vanno bene e non turbano l'equilibrio, dopodichè non esiste prova o dato contrario che venga considerato, i dati contrari semplicemente ignorati.

    Di esempi ne esistono una montagna, un esempio su tutti, l'astronomia è tutta fasulla, ciò che non puo essere visto o misurato è scienza con premi (buchi neri, materia oscura, energia oscura ecc), ciò che può essere fotografato e analizzato nelle sue emissioni spettrali viene definito miraggi, le fotografie raccontano una storia diversa, gli astronomi semplicemete le ignorano, ed è così in tutte le discipline.

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    1. Grazie per il suo commento che conferma in pieno la mia tesi.

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  2. «Se lo scientismo è qualcosa, esso è la fede cieca e dogmatica nella scienza. Ma questa fede cieca nella scienza è estranea allo scienziato autentico. [...] Non si può designare nessuno dei grandi scienziati come scientista. Tutti i grandi scienziati furono critici nei confronti della scienza. Furono ben consapevoli di quanto poco noi conosciamo.»
    Karl Popper

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    1. Brava Giancarla,
      è quello che dico io: è importante saper distinguere la scienza dallo scientismo. Uno scienziato che si rispetti non ha troppe certezze perché capisce intuitivamente la complessità della realtà e la limitatezza dei nostri strumenti di conoscenza, compresa la fallacia del nostro giudizio da cui non si può prescindere.
      Il paradosso, di grande attualità, è che si pretende assoluta e indiscutibile certezza sul tema delle vaccinazioni, cioè proprio sulla materia, l'immunologia, più complessa e sconosciuta, dove c'è ancora tanto da capire e dove sono state fatte meno verifiche, dato che i vaccini non sono considerati alla stregua degli altri farmaci. Insomma un dogma assurto a scienza solo perché fa comodo ai pochi che hanno il potere di controllare l'informazione.

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  3. REVISIONE DEI PARI
    Molti ricercatori affermano che la revisione dei pare è una vergogna per la scienza, tali personaggi vengono descritti come i cani da guardia dell'ordodossia, qualsiasi ricerca la mette in discussione benche con dati certi e replicabili viene respinta, le ricerche fasulle e non replicabili hanno la loro approvazione, questi sono fatti ben provati.
    E un fatto che ricerche respinte dai pari in seguito hanno avuto il Nobel
    VACCINI?????
    Esistono moltissime ricerche che provano si tratta di un crimine, non esiste una sola ricerca replicabile che ne prova l'efficacia. Le ricerche provano che i vaccini fanno venire proprio le malattie che dovrebbeno immunizzare, che i vaccinati hanno 5 volte più malattie dei non vaccinati, che provocano l'autismo, che le organizzazioni sanitarie mentono e nascondono i dati veri e da ultimo i vaccini sono un fantastico investimento parole di Bill Gates

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    1. E' poco noto e ovviamente non diffuso che è stato provato che oltre il 99% di tutte le ricerche pubblicate sono fasulle e sono politicamente motivate.

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