lunedì 18 ottobre 2010

"Energy Training" parte terza (il vero significato della salute)



Dal tono marcatamente ironico con cui nella mia puntata precedente sottolineavo le opinioni predominanti e i luoghi comuni più diffusi che ruotano attorno alla salute, si sarà sicuramente capito

quanto tutto il modo convenzionale di rapportarci ad essa sia inadeguato e bisognoso di una radicale revisione.

Tanto più che la stessa visione della realtà sociale sanitaria che gli uomini di scienza e le istituzioni vogliono inculcarci è totalmente distorta e fuorviante.

Essi vogliono farci credere infatti che la condizione di noi comuni mortali è in costante miglioramento, e questo, naturalmente, grazie ai continui progressi scientifici, incuranti del fatto che in questi ultimi decenni tutte le malattie degenerative e rappresentative del nostro tempo hanno subito un’impennata iperbolica.

Tanto per fare qualche esempio tra i più significativi, basti pensare al cancro, che in appena un secolo ha decuplicato (!!!) la sua incidenza, e a malattie che una volta nemmeno si conoscevano, come quelle autoimmuni ( di cui le allergie, ossia la più grande epidemia del XX-XXI secolo, si possono considerare l’anticamera) o l’Alzheimer.

Ma se i dati relativi alle più diffuse patologie possono essere tenuti accuratamente nascosti al pubblico, abilmente manipolati o interpretati come più fa comodo agli interessi istituzionali sanitari, tutti quei problemi non strettamente clinici che scandiscono sempre più frequentemente e drammaticamente la nostra quotidianità, come criminalità in ogni sua forma, violenza di ogni genere, compresi stupri, bullismo, xenofobia e poi alcolismo, droga e altri tipi di dipendenza, incidenti, pedofilia ed altre perversioni sessuali, non sono neppure presi in considerazione da chi pretende di capire il mondo e la vita col metro e la squadra del falegname.

Quando si fanno i bilanci e si esamina la situazione sanitaria in generale, questi problemi non vengono mai inclusi, e così si può affermare quel che si vuole.

Il pretesto per non tenerne conto è che non è possibile riscontrare alcun legame tra questi comportamenti e lo stato di salute dei rispettivi soggetti, secondo i criteri della medicina ufficiale, e ciò che non è provato scientificamente… non esiste.

Le loro cause sono invece da imputare, secondo l’esperto di turno, a disagio sociale, carenze affettive, traumi psichici subiti nell’infanzia e bla, bla…

Mi sembra quasi superfluo a questo punto dire, invece, che qualsiasi esemplare superstite di quella specie ormai in via di estinzione che va sotto il nome di “persone-dotate-di-buonsenso” non può non vedere in tutti questi aspetti negativi, che hanno trasformato la nostra società in un inferno, l’espressione di un unico profondo malessere. Un malessere però che nasce dentro di noi, prima che fuori.

E’ proprio questo malessere generalizzato ad esprimersi poi di volta in volta nei modi tanto diversi che conosciamo bene, a seconda delle circostanze e del contesto, oltre che della personalità e della condizione particolare di chi ne è il soggetto. Altrimenti non si spiegherebbe un fenomeno di così vasta portata e in continua crescita.

Tengo a precisare questo perché c’è una generalizzata tendenza a scaricare all’esterno e alla società la responsabilità di tutto ciò che ci affligge e ci crea problemi.

Questo vittimismo nasce però da una visione miope ed egocentrica della realtà e cioè, in definitiva, dall’arroganza. Arroganza di chi non si rende conto che la società non è un’entità astratta, ma un organismo costituito da tante piccole unità che si identificano evidentemente nei suoi cittadini. La società siamo noi.

Ognuno di noi si può dunque considerare una cellula di quell’organismo che è la società e pertanto ha una parte di responsabilità, per piccola che sia, in tutto quel che avviene.

Tutto parte da questo primo elemento, perciò se non c’è ordine a questo livello, come si può pretendere di trovarlo a livello sociale?

E nell’uomo moderno, è bene ribadirlo, non c’è ordine.

 Egli ha bisogno di un cambiamento radicale che inizia necessariamente dal corpo, dalle sue cellule, dal suo sangue, perché è lì che vengono poste le fondamenta della salute.

Salute che non è  semplicemente “assenza di sintomi”, come giustamente fanno notare Francesca e Italo Cillo nell’introduzione al loro programma “Energy Training”, ma una condizione il cui significato ha una valenza positiva, perché vuol dire benessere totale, ossia a livello fisico, mentale e psichico-emotivo.

Definizione, del resto, sancita dalla Organizzazione Mondiale della Sanità nel suo documento programmatico.

E’ qui che sta la differenza che ha come risultato l’efficienza e la possibilità di sviluppare tutto il proprio vero potenziale, e che fa sì che la vita abbia senso e sia degna di essere vissuta.

Star bene significa non sentirsi mai stanchi o depressi, aver buon appetito (in tutti i sensi, non solo per il cibo), buon sonno, buon umore, non arrabbiarsi mai, essere attivi e dinamici, coltivare interessi, avere una mente sveglia, vigile ed aperta e anche buona memoria, che sono le premesse necessarie per buone capacità di giudizio. Insomma significa quello che si suole definire “essere in piena forma”, sentirsi bene in tutti i sensi, con sé stessi e cogli altri.

Recentemente mi è capitato di apprendere dalla TV (notizia poi confermata dalla stampa) che gli italiani sono un popolo di distratti e smemorati a causa della incredibile quantità di oggetti, anche ingombranti e di valore, che vengono spesso dimenticati dai loro proprietari in luoghi pubblici, quali sale d’aspetto di stazioni o aeroporti, o di premi per schedine e biglietti vincenti mai ritirati.

Ma al di là della curiosità per la notizia in sé non si va, perché nella mentalità comune è difficile che si pensi a questi fatti come a una delle tante espressioni di cattiva salute sociale.

Spero con questo semplice esempio di aver chiarito il concetto che si dovrebbe avere della salute.

Nella prossima puntata parlerò un po’ dei fattori che la condizionano e affronterò il discorso sul cibo, un tema delicato, perché, nonostante il gran parlare che si fa, la sua importanza è ancora poco compresa.


Michele Nardella  

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