Appena sono venuto a sapere dell' ultima fatica letteraria di Gregg Braden, "The Turning Point", il mio pensiero non ha potuto fare altro che volare automaticamente ad un altro famoso libro di Fritjof Capra, di contenuto simile e addirittura con lo stesso identico titolo che, tradotto nell' edizione italiana, è ormai indelebilmente impresso nella mia memoria come "Il Punto di Svolta".
Coincidenza? Scarsa fantasia? Mah, io sono propenso invece a pensare che sia stata una precisa scelta dell' autore nel voler dare un forte impatto immediato al potenziale lettore, usando l' unica definizione che possa esprimere in estrema sintesi la crucialità e l' urgenza del momento storico attuale, che è appunto il tema del libro, e forse anche per ribadire il messaggio lanciato molti anni fa da Capra, aggiornandolo, e stabilire una continuità col suo discorso.
Dalla conoscenza dei due autori, neanche tanto approfondita, emerge infatti una impressionante identità di vedute, sia nell' analisi dell' attuale scenario mondiale che nell' individuazione delle cause profonde e delle uniche soluzioni possibili alla crisi attuale.
Crisi la cui particolarità sta nella convergenza di tutti i punti cruciali che caratterizzano il mondo moderno, dalla fine dell' era dei combustibili fossili e dell' economia che da essi dipende alla crisi economica mondiale che vede un crescente divario fra ricchi e poveri di ogni nazione, dal degrado ambientale e relativa progressiva scomparsa di specie animali e vegetali ai cambiamenti climatici fino al crescente malessere sociale che è divenuto un carattere dominante di tutte le società evolute.
Mai nella storia conosciuta si erano presentate tante importanti emergenze contemporaneamente, la cui soluzione trascende le specifiche competenze nei vari campi del sapere, perchè non si tratta più semplicemente di una questione scientifica, tecnologica o politica. Oggi, anche se nessuno lo dice, è sempre più diffusa la sensazione che le soluzioni che funzionavano in passato non funzionano più: "The cupboard of ideas is bare" (L' armadio delle idee è vuoto), commentava già nel 1979 il Washington Post per descrivere questa nuova inquietante situazione. Il punto morto in cui ci siamo cacciati nel perseguire un certo modello di sviluppo ci suggerisce infatti che tutti gli aspetti della vita umana e del nostro pianeta sono interconnessi, uniti come sono da quella invisibile rete di interazioni, su cui insistono tanto appunto sia Capra che Braden, le cui dinamiche non si prestano agli approcci e alla mentalità scientifica tradizionali, e che tutti i nodi sono ormai venuti al pettine.
Il superamento dell' impasse richiede insomma un radicale cambiamento di pensiero, del modo di considerare noi stessi e il modo in cui ci rapportiamo col mondo, il che implica anche un cambiamento del sistema di valori che ispira le nostre scelte.
Ecco dunque il "punto di svolta" di cui si parla nei libri in questione, i quali però precisano anche che ogni crisi non presenta solo aspetti negativi ma anche un' occasione di superamento e crescita. Come gli antichi saggi cinesi illustrano nell' I Ching, le crisi, che accompagnano ogni periodo di transizione, sono un male solo se guardiamo la faccia sbagliata della medaglia. In effetti per indicare la parola "crisi" (wei-ji) i Cinesi usano due ideogrammi che significano rispettivamente "pericolo" ed "opportunità".
Ma a prescindere da questo, il libro (disponibile anche in DVD), che è stato presentato il 10 maggio scorso in occasione del mega-evento olistico @Vivi a Rimini organizzato dal gruppo editoriale Macro, come introduzione al seminario che lo scienziato americano ha tenuto il giorno dopo, è pervaso da un certo ottimismo che si spinge fino a immaginare un mondo, quello che ci attende se ci impegnamo a superare le sfide, in cui la guerra come mezzo per dirimere le divergenze non sarà più necessaria.
Tale ottimismo, se da una parte rassicura, dall' altra può sorprendere un pò, e non tanto perchè dopo tre-quattro decenni che ci dividono dalle più importanti opere di Fritjof Capra (che, lo ribadisco, trattava gli stessi argomenti, sia pure forse in modo un pò più accademico) la situazione è nettamente peggiorata su tutti i fronti, quanto per il fatto che, come puntualizza l' autore, è necessario agire molto più in fretta di quanto sia mai stato fatto in tutti i periodi critici passati. E purtroppo alcune considerazioni sul nuovo credo universale, e cioè il modello organizzativo dell' economia conosciuto come globalizzazione, bastano a farci capire che la soluzione non è dietro l' angolo.
Le regole che determinano i flussi finanziari all' interno del libero mercato globale sono finalizzate al massimo profitto di un' èlite di corporazioni industriali, le quali non considerano mai i costi sociali ed ambientali delle loro attività, nè valori e diritti umani.
Politici ed economisti, si sa, sono sempre stati interessati unicamente al PIL, e a loro non importa se ad incrementarlo contribuiscono compagnie come la McDonalds, che danneggiano la salute (che significa peggioramento della qualità di vita e aumento significativo dei costi sociali), sono causa di spreco di risorse naturali e degrado ambientale e favoriscono ingiustizie sociali.
L' accumulo di beni materiali nel perseguimento di un utopistico illimitato sviluppo è l' unico assillo dei potenti del mondo. Come si fa a convincere questa gente a cambiare idea nel giro dei pochissimi anni che ci separano dal punto in cui potremmo imboccare una via di non ritorno?
Oggi assistiamo ad una estrema complessità organizzativa a livello sociale e produttivo, con beni e servizi sempre più centralizzati e nelle mani di pochi, che è una conseguenza di questo modello economico e che è ulteriore motivo di spreco e di discriminazioni sociali all' origine della povertà. Bisognerebbe invece semplificare e decentralizzare creando piccole comunità autosufficienti, come sostengono da tempo gli ecologisti.
E, se permettete, a questo punto vorrei fare a proposito una digressione che mi è venuta subito in mente, portando l' esempio di chi, avendo capito tutto questo quarant' anni fa, ha dato prova di eccezionale intuito e lungimiranza.
Si tratta di una dichiarazione del geniale Robert Fripp, cui la definizione di musicista rock starebbe stretta, conoscendo la sua poliedricità e la sua attitudine filosofica, da cui traspare una cultura non comune. Ebbene, così diceva l' intellettuale musicista in un' intervista al Melody Maker nel lontano 1974:
"Il mondo sta cambiando. Viviamo in un periodo di transizione tra il vecchio mondo e quello nuovo. Il vecchio mondo era caratterizzato da quella che un filosofo contemporaneo ha chiamato 'la civiltà dinosauro': unità enormi, massicce, con un' intelligenza ridotta, proprio come i dinosauri. Per esempio, in campo politico una superpotenza come gli Stati Uniti o, in campo musicale, un supergruppo rock con decine di tecnici, tonnellate di materiale e milioni di dollari investiti. Queste unità all' inizio sono nate in risposta a un bisogno reale, ma poi si sono messe a fabbricare bisogni artificiali per continuare ad esistere. In altri termini, sono diventate dei vampiri. Il nuovo mondo appartiene a piccole unità mobili, indipendenti e intelligenti. Al posto delle metropoli delle unità che si organizzano da sole, una moderna versione dei villaggi e al posto dei King Crimson una piccola unità mobile, indipendente e intelligente: Robert Fripp."
Chiusa la parentesi, c'è da dire che si sente parlare sempre più di decrescita come unica alternativa per il nostro futuro, ma la decrescita non è la soluzione, almeno secondo Capra. O meglio, decrescita sì, ma limitata a quelle attività non più sostenibili e soprattutto affiancata dalla promozione di quelle che migliorano la qualità complessiva della nostra vita senza interferire cogli equilibri naturali, ad imitazione di quanto avviene da sempre in natura, in cui ogni crescita avviene necessariamente a scapito di qualcosa che decresce e scompare in un equilibrio ideale.
Insomma c'è da spostare il nostro focus da criteri puramente quantitativi, come il PIL e il soddisfacimento mediante beni di consumo materiali superflui ed effimeri a quelli che concernono la qualità di vita in tutti i suoi aspetti.
Per concludere ho scelto alcuni video tra i più recenti ed interessanti, nel primo dei quali Gregg Braden fornisce informazioni sorprendenti a proposito dei tanto discussi cambiamenti climatici in atto.
E così, dopo averlo guardato, non rimane che commentare con un laconico "Chi vivrà vedrà... "
Coincidenza? Scarsa fantasia? Mah, io sono propenso invece a pensare che sia stata una precisa scelta dell' autore nel voler dare un forte impatto immediato al potenziale lettore, usando l' unica definizione che possa esprimere in estrema sintesi la crucialità e l' urgenza del momento storico attuale, che è appunto il tema del libro, e forse anche per ribadire il messaggio lanciato molti anni fa da Capra, aggiornandolo, e stabilire una continuità col suo discorso.
Dalla conoscenza dei due autori, neanche tanto approfondita, emerge infatti una impressionante identità di vedute, sia nell' analisi dell' attuale scenario mondiale che nell' individuazione delle cause profonde e delle uniche soluzioni possibili alla crisi attuale.
Crisi la cui particolarità sta nella convergenza di tutti i punti cruciali che caratterizzano il mondo moderno, dalla fine dell' era dei combustibili fossili e dell' economia che da essi dipende alla crisi economica mondiale che vede un crescente divario fra ricchi e poveri di ogni nazione, dal degrado ambientale e relativa progressiva scomparsa di specie animali e vegetali ai cambiamenti climatici fino al crescente malessere sociale che è divenuto un carattere dominante di tutte le società evolute.
Mai nella storia conosciuta si erano presentate tante importanti emergenze contemporaneamente, la cui soluzione trascende le specifiche competenze nei vari campi del sapere, perchè non si tratta più semplicemente di una questione scientifica, tecnologica o politica. Oggi, anche se nessuno lo dice, è sempre più diffusa la sensazione che le soluzioni che funzionavano in passato non funzionano più: "The cupboard of ideas is bare" (L' armadio delle idee è vuoto), commentava già nel 1979 il Washington Post per descrivere questa nuova inquietante situazione. Il punto morto in cui ci siamo cacciati nel perseguire un certo modello di sviluppo ci suggerisce infatti che tutti gli aspetti della vita umana e del nostro pianeta sono interconnessi, uniti come sono da quella invisibile rete di interazioni, su cui insistono tanto appunto sia Capra che Braden, le cui dinamiche non si prestano agli approcci e alla mentalità scientifica tradizionali, e che tutti i nodi sono ormai venuti al pettine.
Il superamento dell' impasse richiede insomma un radicale cambiamento di pensiero, del modo di considerare noi stessi e il modo in cui ci rapportiamo col mondo, il che implica anche un cambiamento del sistema di valori che ispira le nostre scelte.
Ecco dunque il "punto di svolta" di cui si parla nei libri in questione, i quali però precisano anche che ogni crisi non presenta solo aspetti negativi ma anche un' occasione di superamento e crescita. Come gli antichi saggi cinesi illustrano nell' I Ching, le crisi, che accompagnano ogni periodo di transizione, sono un male solo se guardiamo la faccia sbagliata della medaglia. In effetti per indicare la parola "crisi" (wei-ji) i Cinesi usano due ideogrammi che significano rispettivamente "pericolo" ed "opportunità".
Ma a prescindere da questo, il libro (disponibile anche in DVD), che è stato presentato il 10 maggio scorso in occasione del mega-evento olistico @Vivi a Rimini organizzato dal gruppo editoriale Macro, come introduzione al seminario che lo scienziato americano ha tenuto il giorno dopo, è pervaso da un certo ottimismo che si spinge fino a immaginare un mondo, quello che ci attende se ci impegnamo a superare le sfide, in cui la guerra come mezzo per dirimere le divergenze non sarà più necessaria.
Tale ottimismo, se da una parte rassicura, dall' altra può sorprendere un pò, e non tanto perchè dopo tre-quattro decenni che ci dividono dalle più importanti opere di Fritjof Capra (che, lo ribadisco, trattava gli stessi argomenti, sia pure forse in modo un pò più accademico) la situazione è nettamente peggiorata su tutti i fronti, quanto per il fatto che, come puntualizza l' autore, è necessario agire molto più in fretta di quanto sia mai stato fatto in tutti i periodi critici passati. E purtroppo alcune considerazioni sul nuovo credo universale, e cioè il modello organizzativo dell' economia conosciuto come globalizzazione, bastano a farci capire che la soluzione non è dietro l' angolo.
Le regole che determinano i flussi finanziari all' interno del libero mercato globale sono finalizzate al massimo profitto di un' èlite di corporazioni industriali, le quali non considerano mai i costi sociali ed ambientali delle loro attività, nè valori e diritti umani.
Politici ed economisti, si sa, sono sempre stati interessati unicamente al PIL, e a loro non importa se ad incrementarlo contribuiscono compagnie come la McDonalds, che danneggiano la salute (che significa peggioramento della qualità di vita e aumento significativo dei costi sociali), sono causa di spreco di risorse naturali e degrado ambientale e favoriscono ingiustizie sociali.
L' accumulo di beni materiali nel perseguimento di un utopistico illimitato sviluppo è l' unico assillo dei potenti del mondo. Come si fa a convincere questa gente a cambiare idea nel giro dei pochissimi anni che ci separano dal punto in cui potremmo imboccare una via di non ritorno?
Oggi assistiamo ad una estrema complessità organizzativa a livello sociale e produttivo, con beni e servizi sempre più centralizzati e nelle mani di pochi, che è una conseguenza di questo modello economico e che è ulteriore motivo di spreco e di discriminazioni sociali all' origine della povertà. Bisognerebbe invece semplificare e decentralizzare creando piccole comunità autosufficienti, come sostengono da tempo gli ecologisti.
E, se permettete, a questo punto vorrei fare a proposito una digressione che mi è venuta subito in mente, portando l' esempio di chi, avendo capito tutto questo quarant' anni fa, ha dato prova di eccezionale intuito e lungimiranza.
Si tratta di una dichiarazione del geniale Robert Fripp, cui la definizione di musicista rock starebbe stretta, conoscendo la sua poliedricità e la sua attitudine filosofica, da cui traspare una cultura non comune. Ebbene, così diceva l' intellettuale musicista in un' intervista al Melody Maker nel lontano 1974:
"Il mondo sta cambiando. Viviamo in un periodo di transizione tra il vecchio mondo e quello nuovo. Il vecchio mondo era caratterizzato da quella che un filosofo contemporaneo ha chiamato 'la civiltà dinosauro': unità enormi, massicce, con un' intelligenza ridotta, proprio come i dinosauri. Per esempio, in campo politico una superpotenza come gli Stati Uniti o, in campo musicale, un supergruppo rock con decine di tecnici, tonnellate di materiale e milioni di dollari investiti. Queste unità all' inizio sono nate in risposta a un bisogno reale, ma poi si sono messe a fabbricare bisogni artificiali per continuare ad esistere. In altri termini, sono diventate dei vampiri. Il nuovo mondo appartiene a piccole unità mobili, indipendenti e intelligenti. Al posto delle metropoli delle unità che si organizzano da sole, una moderna versione dei villaggi e al posto dei King Crimson una piccola unità mobile, indipendente e intelligente: Robert Fripp."
Chiusa la parentesi, c'è da dire che si sente parlare sempre più di decrescita come unica alternativa per il nostro futuro, ma la decrescita non è la soluzione, almeno secondo Capra. O meglio, decrescita sì, ma limitata a quelle attività non più sostenibili e soprattutto affiancata dalla promozione di quelle che migliorano la qualità complessiva della nostra vita senza interferire cogli equilibri naturali, ad imitazione di quanto avviene da sempre in natura, in cui ogni crescita avviene necessariamente a scapito di qualcosa che decresce e scompare in un equilibrio ideale.
Insomma c'è da spostare il nostro focus da criteri puramente quantitativi, come il PIL e il soddisfacimento mediante beni di consumo materiali superflui ed effimeri a quelli che concernono la qualità di vita in tutti i suoi aspetti.
Per concludere ho scelto alcuni video tra i più recenti ed interessanti, nel primo dei quali Gregg Braden fornisce informazioni sorprendenti a proposito dei tanto discussi cambiamenti climatici in atto.
E così, dopo averlo guardato, non rimane che commentare con un laconico "Chi vivrà vedrà... "
Michele Nardella
Interessante
RispondiEliminaGrazie Giancarla.
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