Io ne so abbastanza (purtroppo) perchè mi capita frequentemente di imbattermi nell' imbecille di turno che trova da ridire su quello che scrivo o condivido, contrapponendo le sue argomentazioni (spesso semplici affermazioni, luoghi comuni, poco più che opinioni personali) senza però mai preoccuparsi di confutare realmente le mie.
Proprio in questi giorni un "esperto" (che promuove il libro, presuntuoso già dal titolo, "Vivere fino a 120 anni") aveva risposto provocatoriamente ad un mio post sull'infiammazione condiviso in un gruppo Facebook spiattellandomi un video contenente parte di un intervento del Prof. Berrino che illustrava come l'iperglicemia sia correlata con l'infiammazione e il cancro. Sapendo come la pensa l'illustre scienziato si può facilmente immaginare che ne parlasse a proposito della dieta moderna iperglicemizzante ricca, come appunto sappiamo, di zucchero e cereali raffinati. Il nostro "esperto" però strumentalizzava il particolare decontestualizzato per giustificare il bando a qualsiasi alimento a contenuto zuccherino e avvalorare così la sua assurda tesi. Io ho provato a replicare più di una volta, pur sapendo benissimo che in casi come questo aspettarsi che l' interlocutore cambi idea è come pretendere di scavare un buco nell' acqua.
Scusate la digressione, è uno sfogo che non ho potuto fare a meno di esternare ma che introduce perfettamente il tema del presente post.
Ad offrirmene l' occasione sono state appunto le polemiche scatenate da una delle ultime newsletter de La Sana Gola, l' associazione fondata da Martin Halsey, tanto da costringere quest'ultimo a tornare sull'argomento per rispondere alle obiezioni e ribadire i concetti espressi in precedenza (leggere qui). E ho deciso di parlarne soprattutto perchè mi dà modo di soffermarmi su un aspetto della nutrizione che esula dai rigidi schemi riduttivi della scienza ufficiale e che perciò non viene mai neanche preso in considerazione.
Nella prima newsletter, che invito caldamente a leggere, si cercava di sfatare il mito delle banane cui si attribuiscono improbabili virtù, o quantomeno si generalizza con troppa disinvoltura su alcuni possibili benefici senza che si sospetti nemmeno l' esistenza dell'altra faccia della medaglia. E tutto questo a causa di una scienza miope, inadeguata, assolutamente incapace di andare al di là dei freddi dati biochimici.
Infatti ogni qual volta si parla di banane dal punto di vista nutrizionale immancabilmente si palesa la mentalità riduzionistica dell'esperto di turno che si appella al potassio in esse contenuto, agli zuccheri semplici e poco altro per argomentare la sua tesi, ma sfido chiunque a sintetizzare in laboratorio una banana utilizzando nient'altro che i suoi principali costituenti chimici per cui viene di solito raccomandata.
Una banana, come del resto ogni altro organismo vivente, è evidentemente molto più di questo. Essa è il risultato di un complesso processo di maturazione che ha visto implicate specifiche energie presenti nel suo ecosistema e il coinvolgimento dell'humus (la parte del terreno che comprende microrganìsmi, lombrichi e composti organici) e delle molecole inorganiche. Ogni prodotto della terra porta dunque in sè un'informazione, una traccia di tutti quei fattori che hanno concorso al suo sviluppo, una sorta di impronta digitale dell'ambiente originario, perchè niente ha un' esistenza a sè stante, ma tutto è collegato ad altre cose.
Questa informazione però non si esprime solo attraverso la composizione chimica, ma anche e soprattutto attraverso moltissime caratteristiche, principalmente organolettiche ma non solo, cioè tutto ciò che viene a priori escluso dall'indagine scientifica in quanto non quantificabile e non oggettivabile. Tuttavia è proprio questo tipo di valutazione che, completando la nostra analisi, ci fornisce gli indizi necessari per comprendere le qualità energetiche dell'alimento in questione e quando e in che misura questo può essere appropriato in un dato contesto. Ed è ciò che distingue l'approccio olistico dal riduzionismo scientifico il quale, se da una parte indubbiamente ci consente di conoscere particolari inaccessibili da un punto di vista strettamente olistico, dall'altra, concentrandosi esclusivamente su un particolare alla volta, ci priva della visione d'insieme confondendoci e allontanandoci in definitiva dalla comprensione del problema. E anche se questo metodo in innumerevoli casi si è rivelato sufficiente a far sì che la scienza riuscisse a far luce su tanti problemi e ad accrescere la nostra conoscenza del mondo, si deve ammettere che ormai, almeno nel campo della biologia, si è giunti ad un punto morto cui l'intensificarsi della ricerca non potrà mai dare una risposta definitiva, una risposta, intendo dire, che ci serva a capire da un punto di vista pratico quali siano le scelte per noi migliori. Ci vuole un salto quantico, una rivoluzione copernicana che solo un approccio olistico può determinare, perchè il problema è a monte.
La macrobiotica è il miglior candidato ad innescare tale rivoluzione ormai necessaria in quanto approccio olistico per eccellenza, l'unico che consideri l'ambiente come fattore determinante per quanto riguarda l'effetto del cibo su di noi e quindi si può considerare a buon diritto un modo di nutrirsi e di vivere ecologico a 360°.
Essa ci dice che ogni organismo vivente è un prodotto dell'ambiente al quale siamo necessariamente tutti legati e perciò la salute e l'armonia non possono prescindere da un buon equilibrio che si instaura con esso attraverso scelte appropriate.
La natura è ordine, anche se a noi può sembrare caotica non comprendendo i princìpi che la governano e, per stare nel nostro esempio, si può dire sinteticamente che la banana è estremamente yin (per approfondire un pò rimando alla suddetta newsletter), come generalmente altri prodotti analoghi di origine tropicale (pompelmo, ananas, kiwi, pomodoro, caffè, cacao ecc.), e non è un caso che si tratti di un frutto originario e tipico delle regioni più calde (yang) della terra, per sopravvivere alle cui condizioni gli organismi viventi che le popolano devono possedere caratteristiche opposte (yin) altrettanto marcate, le uniche che consentono loro di creare un equilibrio armonico. Solo per fare un esempio (l' argomento sarebbe troppo lungo e complesso da trattare qui) si può citare il rapporto sodio/potassio (Na/K), un parametro importantissimo nella fisiologia cellulare, il cui valore ottimale dovrebbe essere compreso tra 1 a 5 e 1 a 10. Ebbene, nei suddetti vegetali il valore relativo al potassio è dell' ordine delle centinaia (!!!). E' quasi superfluo aggiungere che il potassio è un elemento yin, mentre il sodio è yang.
Essendo dunque tali prodotti tendenzialmente estremi, in linea di principio non sono adatti per chi vive in ambienti temperati e meno che mai se decisamente freddi.
Ovviamente questa considerazione non va presa come un imperativo categorico, quanto piuttosto come un criterio dettato dal buonsenso che merita la dovuta considerazione, assieme ad altri, nelle nostre scelte alimentari.
In definitiva si può dire che le banane (e il discorso vale anche per altri prodotti analoghi di origine tropicale, come già detto) possono essere più o meno tollerate alle seguenti condizioni:
- Se si ha una costituzione yang;
- Se si vive in una zona climatica compresa nella fascia equatoriale, tropicale o subtropicale;
- Nella stagione estiva piuttosto che in altri periodi dell'anno;
- Per un periodo limitato se ci si è indeboliti a causa di una grave perdita di potassio.
- Se non si hanno problemi con la glicemia (la banana ha un indice glicemico molto elevato).
Come ognuno può verificare leggendo la newsletter di cui sopra, seppur con parole diverse, sono più o meno le stesse considerazioni fatte da Martin Halsey, un esperto di medicina orientale e macrobiotica (anche se lui preferisce usare il meno possibile questo termine per non alimentare settarismi e discriminazioni) che conosco personalmente da tanti anni, data la sua esperienza più che trentennale come consulente per la salute, insegnante (La Sana Gola, la sua associazione, è anche una scuola che rilascia attestati per consulenti e cuochi), autore di libri e conferenziere internazionale.
Insomma credo che il parere di chi visita decine di pazienti settimanalmente, che può vantare migliaia di malati (anche di malattie ritenute incurabili) trattati con successo in trent'anni e passa di attività, non sia da scartare a priori, tanto più che non è certo l'unico esperto a pensarla così. Ma siccome la presunzione non ha limiti, tanto da sconfinare talvolta nel ridicolo, come in questo caso, la newsletter sulle banane ha suscitato violente reazioni (anch'io l'ho potuto constatare quando l'ho pubblicata su Facebook) da parte di chi recriminava al nostro una mancanza di valenza scientifica nei suoi argomenti, dimostrando così di non aver capito un accidente del discorso che io ho opportunamente voluto qui affrontare.
Ci sarebbe da chiedere che competenze e titoli hanno tali persone per mettere in discussione cose che non conoscono, non capiscono e nemmeno sono interessate a capire. Tutto ciò non è che l'ennesima conferma di quanto già si sapeva bene: arroganza e presunzione sono le qualità degli ignoranti.
E visto che ci siamo voglio aggiungere una chicca, un'altra considerazione che suonerà anch'essa come una bestemmia per molti simpatizzanti del naturale, ma tant'è: banane o non, la frutta in generale non dovrebbe comunque costituire una quota importante nella dieta umana. Filogeneticamente la frutta appartiene ad uno stadio evolutivo precedente a quello a noi più vicino, che è quello che ha visto invece la comparsa dei semi (cereali e non solo) e perciò non è il nostro cibo elettivo. Lo è invece per i più antichi primati comparsi nel suo stesso periodo (è risaputo che le scimmie si nutrono in larga misura di banane e altra frutta), che guarda caso hanno sempre vissuto nelle zone più calde del nostro pianeta. Come si vede, tutto collima confermando l'imprescindibile legame che ogni essere vivente intrattiene con l'ambiente, sia esso spaziale che temporale.
Meditate gente, meditate...
Michele Nardella
Hai affrontato l'argomento con decisione. Grazie per aver, seppur parzialmente, "sdoganato" le banane. Moderatamente io le mangio. Buon pomeriggio!
RispondiEliminaGrazie per il tuo commento, sempre sollecito e gradito.
RispondiEliminaNon ho mai preteso di suggerire agli altri come comportarsi. Scopo della macrobiotica non è imporre un sistema di regole opprimenti e inderogabili, bensì quello di svilupparci come esseri umani consapevoli, condizione indispensabile per divenire liberi.
Perchè è la libertà a consentirci di fare le nostre esperienze da cui imparare ciò di cui abbiamo bisogno per evolverci, tenendo presente che bene e male sono entrambi parte integrante della vita e inseparabili, proprio come yin e yang, di cui sono uno degli infiniti esempi.
Mi permetto comunque di ricordarti che tu sei yin, perciò la banana non è certamente fra gli alimenti a te più adatti, in quanto non farebbe che accentuare quelle caratteristiche in te già evidenti, esponendoti a problemi di salute.
Un articolo molto interessante, ben argomentato e di cui ci ha fatto piacere leggere! Ti aspettiamo su Phedros.com, il nuovo network di operatori olistici provati e approvati.
RispondiEliminaUn caro saluto, il team di Phedros.
Grazie infinite!
RispondiEliminaSicuramente mi onorerò di farne parte.
Saluti.
Grazie per questo Tuo scritto che ho letto tutto d'un fiato. Per fortuna che ci sono ancora persone come Te che portano un po' di luce nella confusione e che vi aiutano a riflettere. Mi ha colpito molto l'attenzione che hai posto sull'ambiente, sulla terra e tutto ciò che va ad integrare la vita della pianta e la maturazione finale del frutto. Una visione a 360 gradi. Che nella normalità sfugge. Grazie. Gianni Codardini
RispondiEliminaGrazie a te, caro fedele amico.
RispondiEliminaSì, effettivamente ci sono grossi limiti alla visione ufficiale su ciò che dovrebbe essere una nutrizione adatta ai nostri reali bisogni ed è per questo che ho scritto quest' articolo. Avrei dovuto aggiungere che importare banane e altri prodotti esotici alimenta anche grosse ingiustizie sociali nei paesi del terzo mondo da dove provengono.