Una volta si chiamava semplicemente "flora intestinale", e si capiva benissimo di primo acchito di cosa si trattasse senza bisogno di essere particolarmente competenti; adesso, con la mania dei paroloni superspecialistici, per indicare il complesso di organismi unicellulari che ha per dimora il nostro corpo (con un 90-95% che riveste la mucosa del tubo digerente e il resto distribuito tra pelle, bocca, vagina e vie respiratorie) va di moda il termine "microbiota" (spesso usato impropriamente come sinonimo di "microbioma", che invece si riferisce più precisamente al genoma, cioè al patrimonio genetico in esso contenuto).
Comunque lo si voglia chiamare, quello dei microrganismi che volenti o nolenti ci portiamo nella pancia è sicuramente l' argomento salutista più attuale, quello su cui si è concentrata maggiormente l' attenzione di biologi e ricercatori da un pò di anni a questa parte, date le enormi implicazioni che scaturiscono dalle più aggiornate scoperte sui nostri minuscoli ospiti intestinali.
Già, perchè se finora era risaputa la loro importanza nel conferire alla mucosa intestinale la giusta protezione da agenti infettivi, come pure nella digestione, nell' assorbimento dei nutrienti, nella sintesi di alcune vitamine, nella peristalsi intestinale e nel trofismo del tessuto immunitario enterico, in realtà ci si sta rendendo conto sempre più che i loro effetti si estendono direttamente o indirettamente ben oltre i confini del tubo digerente, tanto da svolgere, a quanto pare, un ruolo determinante nel favorire o contrastare come nessuno avrebbe mai immaginato le più disparate condizioni patologiche: asma, allergie, eczema, malattie autoimmuni, Alzheimer, obesità, cardiopatie, diabete, intolleranza al glutine, infiammazione, cancro, stanchezza, emicranie, stipsi e perfino disturbi mentali e psichiatrici, autismo compreso! E per quanto sorprendente possa risultare quest' ultimo punto per molti, devo far notare che è ormai scientificamente provato lo stretto rapporto a doppio senso fra cervello e intestino (che per questo è talvolta chiamato "secondo cervello", dato che contiene più neuroni di qualsiasi altro organo, cervello escluso), relazione del resto già nota alla Medicina Tradizionale Cinese parecchi secoli fa. Alla luce di tutto ciò sembra più che mai appropriato considerare l' intestino e i suoi minuscoli abitanti le nostre radici biologiche.
Insomma, come si vede, sono lontani i tempi in cui i microbi erano considerati solo dei pericolosi invasori per distruggere i quali abbiamo finora visto in antibiotici sempre più sofisticati le uniche armi possibili per sostenere una lotta poi rivelatasi impari e senza fine. I microrganismi infatti non sono tutti nocivi, e quelli che costituiscono il microbiota (dieci volte più numerosi dell' insieme di cellule del nostro corpo) non sono semplici inquilini inerti e passivi, ma un ecosistema assai diversificato costituito da centinaia di specie tra batteri, funghi, virus e quant'altro che vivono in simbiosi con noi in un costante equilibrio dinamico e in continua interazione col nostro organismo. Ciò significa che, pur essendo entità relativamente autonome, avendo vita e capacità evolutive proprie, essi dipendono da noi come noi dipendiamo da loro. E' nel corso dell' evoluzione che si è venuto ad instaurare questo complesso e delicato rapporto di mutuo vantaggio facendo sì che potessimo sopravvivere come specie ed evolverci fino allo stadio attuale, perciò questi nostri invisibili ospiti sono da considerare a tutti gli effetti parte integrante di noi stessi, circostanza che fa del nostro corpo un meta-organismo in cui convivono cellule geneticamente eterogenee.
Ed è proprio questo aspetto così misterioso e gravido di implicazioni a polarizzare l' attenzione degli scienziati impegnati nello studio di questo affascinante complesso organico, i quali cercano di determinare attraverso la decodificazione genetica del microbioma (almeno cento volte più abbondante del nostro genoma) le funzioni specifiche della popolazione batterica intestinale e capire in che modo esse infuenzino quelle del nostro corpo. Per questo è stato dato il via al Progetto Microbioma Umano in USA e al Metagenomics of Human Intestine (metaHIT) in Europa, che non sono che la logica prosecuzione del Progetto Genoma Umano conclusosi nel 2000.
Tale ambiziosa ricerca si presenta dunque come la più interessante e clamorosa applicazione dei concetti dell' epigenetica, la nuova scienza che studia l' influenza dell' ambiente sul DNA. In questo caso è il microbiota, con il suo intrinseco dinamismo finalizzato a realizzare il migliore adattamento possibile all' ambiente, lo stimolo epigenetico che condiziona le funzioni dell' ospite, compresa la sua espressione genica che, come ormai si sa, non dipende solo dalle caratteristiche intrinseche del DNA.
Fra i più interessanti dati emersi da questo studio c'è l' enorme variabilità che può presentare il microbiota, sia in termini qualitativi che quantitativi, non solo confrontando popolazioni diverse ma anche a livello individuale e persino fra gemelli monocoriali. Sono tanti i fattori responsabili di tali differenze, fra cui stile di vita, ambiente, eventuale uso di antibiotici ecc., ma quello forse più fondamentale è la dieta, com'è facile immaginare, in quanto rappresenta il terreno di coltura che può favorire lo sviluppo di determinate specie batteriche e ostacolarne altre.
L' esempio più eclatante e significativo che ha fatto sollevare le sopracciglia dei ricercatori quando l' hanno studiato e che dovrebbe far riflettere viene dagli Hadza, una popolazione della Tanzania. Si tratta forse degli ultimi esemplari superstiti di una tipica società di cacciatori-raccoglitori, dato che conducono una vita primitiva non tanto dissimile da quella che doveva caratterizzare il periodo precedente all' avvento dell' agricoltura e dell' allevamento. Ciò che colpisce in loro sono l' assenza di obesità, come pure delle malattie degenerative che affliggono noi civilizzati moderni, nonchè la loro dieta basata su vegetali (soprattutto tuberi, bacche, semi di baobab) ma che comprende anche carne, tutto però rigorosamente selvatico (il cibo selvatico, vegetale o animale che sia, ha composizione ben diversa da quello coltivato e industriale). Ebbene, il loro microbiota si è rivelato completamente differente da quello che caratterizza le popolazioni industrializzate, non corrispondendo a nessuna delle tipologie finora accertate: oltre ad essere molto più abbondante, dimostra una varietà nettamente maggiore con alcune specie di batteri mai conosciute prima in grado di digerire certe particolari fibre coriacee di cui sono ricchi i vegetali che fanno parte della dieta di questa etnia. Inoltre stranamente non pare siano presenti quei batteri probiotici che gli scienziati hanno sempre associato a un intestino sano, come i bifidobatteri.
Anche le scimmie offrono uno spunto interessante in questo senso: pur avendo un genoma abbastanza simile a quello umano sono dotate di un microbioma molto diverso dal nostro in quanto la loro alimentazione particolarmente ricca di foglie e altri vegetali fibrosi necessita di specifici batteri in grado di fermentare le fibre, altrimenti indigeribili, per poterne ricavare energia.
Questi non sono che alcuni esempi della capacità di adattamento propria dei nostri piccolissimi simbionti sviluppatasi nel corso del tempo (in grado anche di scambiare geni fra di loro e persino con le nostre cellule) che ha visto noi e loro coevolvere attraverso la selezione naturale. Fondamentale in questo processo il ruolo della biodiversità, che limita i rischi di un collasso di un sistema, in quanto l' elevata varietà genetica fa sì che in una situazione contingente avversa non vada persa che una minima parte della popolazione senza mettere in pericolo la stessa sopravvivenza del sistema, dato che ciò che è incompatibile per una specie può non esserlo per altre.
Oggi però, come sappiamo, varietà e quantità della nostra flora sono ai minimi storici e a causa delle mutate (e malsane) abitudini alimentari assieme a uno stile di vita innaturale e stressante (compreso l' allattamento artificiale), abuso di antibiotici, disinfettanti e altri farmaci e droghe, che favoriscono lo sviluppo di specie microbiche patogene a scapito di quelle fisiologiche (probiotici), la disbiosi è praticamente la regola. E' ormai evidente che il microbiota alterato è all' origine di pressochè tutti i problemi di salute più significativi attuali, essendone il comune denominatore.
E non a caso il più studiato di tutti è il sovrappeso, data la sua elevata incidenza tuttora in aumento in tutto il mondo civilizzato, ma soprattutto proprio perchè è il tratto distintivo della cosiddetta "sindrome metabolica", a sua volta anticipatrice di una serie di patologie anche gravi, tutte più o meno con un denominatore comune: l' infiammazione.
In questo schema manca solo il fattore principale: il cibo |
A tal proposito vale la pena accennare alla storia del dr. Paresh Dandona, un diabetologo indiano trapiantato in USA, al quale è venuto in mente di fare un esperimento molto simile a quello visto nel famoso film-documentario "Super size me", per vedere come un solo tipico pasto McDonald's influenzasse alcuni parametri fisiologici in nove volontari, scoprendo così che la cosiddetta proteina C reattiva, un importante marcatore degli stati infiammatori, aumentava nel sangue dei soggetti in una manciata di minuti dall' assunzione della valanga di grassi saturi e zuccheri raffinati contenuti nel noto fast-food. L' infiammazione messa in atto dal sistema immunitario era innescata da una non meglio precisata "endotossina" prodotta da certi batteri intestinali che però, come fu poi appurato, in condizioni normali rimane in loco senza dare problemi. Solo quando si consumano certi cibi come quelli dell' esperimento l' endotossina passa nel sangue causando infiammazione (forse aumentando la permeabilità intestinale). Inoltre si è constatato che se allo stesso pasto si aggiungeva del succo d' arancia fresco tutto questo non succedeva, cosa spiegabile grazie ai bioflavonoidi, vitamina C e altri antiossidanti e alla fibra contenuti nel succo d' arancia (ma reperibili anche in altri alimenti naturali) che contrastano gli stati infiammatori.
Un esperimento dunque che oltre a confermare, qualora ce ne fosse bisogno, l' insalubrità di un certo modo di alimentarsi getta luce su tutte le sue possibili implicazioni legate all' infiammazione, che non è solo un segnale di stati patologici, ma è essa stessa causa degli stessi. Causa peraltro insidiosa quando è cronica e si presenta, come spesso avviene, in forma asintomatica.
Ma nello specifico in che modo il microbiota può influire sul sovrappeso? I modi in cui questo avviene sono complessi, ma si possono riassumere in un più rapido assorbimento dei nutrienti e in un loro alterato metabolismo. Per esempio è risaputo che il microbiota ricava dalle fibre alimentari acidi grassi a catena corta importanti per l' integrità della mucosa intestinale e metabolizza gli acidi biliari che hanno un' attività batteriostatica e a loro volta regolano il metabolismo dei grassi e del colesterolo.
E' accertata la presenza costante di una flora alterata (disbiosi) nei soggetti obesi e che questa precede l' aumento di peso. Il trapianto del microbiota è la tecnica più usata per studiarne gli effetti, come pure le possibilità terapeutiche anche nella cura di altre patologie come il morbo di Crohn e il colon irritabile in alternativa alle fallimentari cure farmacologiche tradizionali. Sono stati condotti vari interessanti esperimenti su topi e umani, trapiantando ad esempio il microbiota di soggetti obesi in individui normopeso alimentati allo stesso modo e si è visto che questi ultimi diventavano automaticamente sovrappeso a loro volta. Non sembra invece necessariamente vero il contrario, a meno che allo stesso tempo non si modifichi opportunamente la dieta. Perciò la morale è sempre la stessa.
Il tema è indubbiamente troppo vasto e complesso per pensare di poterlo esaurire in un blog, ma per fortuna oggi è disponibile una nutrita letteratura per approfondire (oltre a tanti siti-web che ne parlano), come i due libri qui in basso segnalati, tra i più completi e aggiornati.
Tutta questa attenzione suggella dunque l' avvenuto auspicato passaggio dall' era degli anti-biotici a quella dei pro-biotici, vera rivoluzione copernicana, perciò tutti i rimedi proposti sono accettabili se ispirati a una visione olistica del problema.
Io però vorrei concludere con una considerazione personale:
Per dirla in estrema sintesi, penso che una buona dieta basata su una ricca varietà di cereali integrali, legumi e verdure, che contempli l' uso regolare di crauti o altre verdure fermentate e prodotti della soja fermentata, come miso e salsa di soja, che tenga sotto stretto controllo i cibi che producono muco (soprattutto latticini e farine), facile ricettacolo di germi che innescano piccoli focolai infiammatori silenti, sia il modo più semplice, pratico ed economico per assicurarsi un microbiota in gran forma, almeno dal punto di vista della prevenzione. E' il suo equilibrio generale, che apporta in ugual misura fattori probiotici e prebiotici (fibre indigeribili che però sono il nutrimento elettivo per i batteri buoni), a funzionare probabilmente meglio di tanti prodotti specifici, come i tanto reclamizzati yogurt industriali, la cui reale efficacia nel migliorare la flora intestinale è quantomeno dubbia.
Come molti avranno capito, si tratta dei consigli della macrobiotica che, a differenza di altri approcci, offre un valore aggiunto: è l' unico ad affrontare il problema dell' iperpermeabilità intestinale, una condizione pressochè costante in tutte le problematiche intestinali moderne, anche attraverso il controllo degli alimenti con effetto eccessivamente espansivo sulla mucosa che, anche se non sono la causa diretta del disturbo, certamente lo aggravano e ne ostacolano la guarigione.
Infine ecco nel seguente articolo, "La Rivincita del Riso Integrale", la testimonianza, avallata dalla rivista scientifica British Journal of Nutrition, di come questo tipo di dieta riesca a contrastare lo sviluppo di batteri patogeni a proposito di un esperimento finalizzato alla cura del diabete.
Michele Nardella
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MOLTO ,MOLTO INTERESSANTE...E CONFERMA E SPIEGA TANTE COSE..E RISPOSTE A TANTE DOMANDE..! GRAZIE..!!
RispondiEliminaHai trattato un argomento d'attualità. Grazie Michele, le tue informazioni sono sempre molto interessanti, i miei più sentiti ringraziamenti per la condivisione.
RispondiEliminaBuona serata!
Carissima Giancarla, i tuoi apprezzamenti sono per me la più grande soddisfazione e un forte incentivo ad andare avanti, nonostante questa attività sia impegnativa e avara di gratificazioni.
RispondiEliminaUn forte abbraccio
Sei fantastico Michele, grazie come sempre perchè ci illumini!!!!
RispondiEliminaGrazie a te, Titty. (Ma sei Titty De Gennaro?)
RispondiEliminaGrazie, un articolo veramente ben fatto, per quanto riguarda la macrobiotica però, essa attribuisce molta importanza a certi alimenti fermentati, che in caso di ipersensibilità individuale (intolleranza) ai lieviti, possono provocare infiammazione e non agevolare certo la impermeabilità intestinale, anzi... Come al solito, non c'è un approccio buono in assoluto per tutti
RispondiEliminaGrazie a te, anche per la tua acuta osservazione.
RispondiEliminaPremesso che la dieta, soprattutto in presenza di una patologia conclamata, va sempre personalizzata e che il suo effetto finale dipende soprattutto dal suo equilibrio generale, posso dirti che l' esperienza insegna che non è necessariamente vero quello che dici, essendosi il miso dimostrato tollerato in caso di ipersensibilità ai lieviti. Probabilmente nei casi gravi sarà necessario un cambiamento graduale, ma posso assicurarti che la strada giusta è quella.
Grazie
EliminaGrazie mille per questo articolo veramente ben fatto!
RispondiEliminaOttima partenza per uno studio con un nuovo approccio!
Grazie per la ricerca approfondita che hai svolto per scrivere questo articolo!
Grazie a te, Sara.
RispondiEliminaHai detto bene: quest' attività è piuttosto impegnativa ed è solo perchè ci sono persone come te (non molte, per la verità) che vado avanti.
Per un blog l'articolo è veramente corretto e approfondito su un argomento invece spesso trattato in maniera superficiale. Sarebbe interessante far conoscere che già oggi la metagenomica rende possibile in Italia per chiunque, studiando un campione di feci valutare scientificamente la propria flora batterica e la eventuale disbiosi per una cura con probiotici mirata. Per saperne di più www.digeest.com
RispondiEliminaGrazie, dottore, per il suggerimento e anche per il suo apprezzamento.
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